
Edizione CITY
14/09/2010
Il personaggio
Da Alfieri al fallimento Nespoli quel filo rosso tra politica e clan
INVIATO
Saviano. Dentro e fuori, accusato e assolto, sospettato e formalmente riabilitato: dai tempi di Carmine Alfieri, di cui si diceva fosse uomo di fiducia, e di Carmine Mensorio. Se c’è un modo per definirlo, al di là delle sentenze e dei rapporti giudiziari, è di imprenditore spregiudicato, cinico e disincantanto, attento ai risultati più che ai compagni di strada. Di lui dicono anche che non avesse più bisogno di trattare con la camorra (di strada), perché aveva già dato vent’anni fa e ormai la sua ricchezza era oro consolidato, roba di seconda generazione. Le preferiva la politica, soprattutto quella rappresentata da imprenditori come lui, spregiudicati come lui. Per esempio, Roberto Conte, ex consigliere regionale del Pd con il quale era stato trascinato, due anni fa, nell’ultima inchiesta che lo aveva visto detenuto e accusato di associazione camorristica. Nell’ultima campagna elettorale, con Conte candidato in Alleanza di Popolo, si è dato da fare con un massiccio porta a porta che ha fruttato oltre diecimila voti e l’elezione, ma non l’ingresso in consiglio regionale a causa della sua ineleggibilità per fatti di mafia. E poi Vincenzo Nespoli, sindaco di Afragola eletto nel Pdl, causa delle sue ultime grane giudiziarie: a giugno, quando il gip Alessandro Buccino Grimaldi ha chiesto alla Camera l’autorizzazione ad arrestarlo per bancarotta fraudolenta, un’altra richiesta di arresto a suo carico era stata appena rigettata. L’aveva chiesta la Procura di Napoli (i pm Maria Di Mauro, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, accusandolo di concorso nel fallimento di una società di VIGILANZA PRIVATA, la Gazzella, riconducibile a Nespoli). La storia di Antonio Buglione, 54 anni, tre figlie – Rosa, come la sorella sindaco a Saviano, Emanuela e Anastasia – e cinque fratelli, è una storia fatta tutta così, a cavallo tra la gestione degli istituti di VIGILANZA PRIVATA, i contatti con la camorra e la contiguità con la politica, funzionale all’aggiudicazione degli appalti per la security: in provincia di Napoli e Caserta, soprattutto, ma anche in Puglia (la Iss aveva una sede anche a Taranto) e nel Centro-Nord. Storia oscura, più volte macchiata di sangue. Il 21 novembre del 1992 il nome di Buglione fu associato a quello di Pietro Trombetta, assessore a Marcianise ucciso in un agguato, a cui faceva riferimento l’istituto di vigilanza 2D, associato alle cooperative la Vigilanza e la Internazionale: un pezzo della galassia della famiglia Buglione e, si ipotizzò, anche di Carmine Mensorio, esponente di primo piano della Dc campana, morto suicida qualche anno dopo. L’anno successivo lui stesso rimase ferito al volto in un agguato, a Nola. Nel frattempo, il pentimento di Pasquale Galasso prima, di Carmine Alfieri subito dopo, portarono al suo coinvolgimento nelle inchieste della Dda di Napoli. Fu accusato di associazione camorristica e tentata estorsione: secondo i magistrati, le società Vigilanza 2, di Antonio Buglione, e Vigilanza 3, del fratello Carmine, erano emanazione della camorra nolana, quindi di Carmine Alfieri che ne era il capo. I vigilantes sarebbero stati i poliziotti privati del boss e i suoi terminali sul territorio. Nel processo fu assolto, ma il giudice estensore Francesco Soviero nella sentenza scrisse: «I rapporti con esponenti della criminalità, la gestione clientelare della cosa pubblica e i diffusi rapporti con esponenti politici dimostrano che ci troviamo di fronte a un uomo privo di scrupoli». L’inchiesta aveva toccato anche il prefetto Umberto Improta, assolto con formula piena, sospettato ingiustamente di aver agevolato l’attività imprenditoriale di Buglione e che però da quella vicenda ne ebbe la carriera e la vita stroncate. Le vicende giudiziarie avevano imposto ai fratelli Buglione la ristrutturazione aziendale, con la trasformazione formale e societaria degli istituti di vigilanza. Nasce, così, la Iss, International Security Service, che rimpiazza ben presto le altre ditte. Nel 2005 i suoi uomini diventano la «guardia privata» della Regione Campania (con un appalto da 4,5 milioni). Una potenza imprenditoriale stimata 40 milioni di euro all’anno, sostengono i magistrati, dovuta anche ai rapporti con la politica: uno degli affari, prima delle inchieste, fu quello dell’appalto per il trasporto del denaro della allora Banca di Roma in Campania, conquistato con un maxi-ribasso. Un affare anche i rapporti con Roberto Conte, arrestato nel 2008 nell’ambito di un’inchiesta sugli affitti d’oro: cifre da record per locali che dovevano servire al Consiglio regionale della Campania. Conte e Buglione, secondo la Procura, avevano costituito una società, la Europa Immobiliare, alla quale erano affidati i contratti di locazione. Infine la bancarotta della «Gazzella», istituto che aveva ceduto a Nespoli assieme ai contratti di vigilanza con il centro commerciale Unieuro-Le porta di Napoli, la Banca popolare di Bari, la Banca popolare di Ancona, Condotte Acqua spa. Tutto finito a maggio, con l’interdittiva del Gruppo antimafia della prefettura. Tutto finito per le società note alla Procura e fermate con la negazione del nulla osta antimafia. «Ma – dicono gli investigatori – non siamo affatto certi di aver trovato tutte le imprese di Buglione». E forse il segreto della sua sparizione è proprio qui. r.cap.