La guardia giurata: “Sapevo di essere senza licenza”

iltirreno

Cronaca

15 agosto 2015

SANGUE AL PALABINGO

La guardia giurata: “Sapevo di essere senza licenza”

Simone Paolini, il vigilante che ha sparato e ucciso il collega-bandito, è stato ascoltato per cinque ore dal magistrato e ha confermato la ricostruzione dei fatti

di Pietro Barghigiani

PISA. È arrivato in Procura con l’avvocato e i due consulenti intorno alle 15,15 del 14 agosto. Dopo neanche un quarto d’ora Simone Paolini, 37 anni, di Pisa, la guardia giurata che ha sparato e ucciso il collega Davide Giuliani, 46 anni, di Montecalvoli, per difendersi in un tentativo di rapina avvenuto alle 4,30 circa di giovedì 13 al Palabingo di Navacchio, era seduto davanti al procuratore reggente, Antonio Giaconi. Alcune pause per andare in bagno e per fumare. Poi la firma del verbale e intorno alle 20,30 è uscito senza dire una parola ai giornalisti. Ne ha dette tante al magistrato titolare dell’indagine nella quale Paolini è indagato per omicidio preterintenzionale. Un atto dovuto con il quale gli è stato permesso di nominare il medico legale, Enrico Risso, genovese, già consulente della difesa di Sabrina Misseri nel caso di Avetrana, e il perito balistico Giovanni Lombardi, colonnello dei carabinieri in pensione.

«Il mio cliente ha fornito la sua versione dei fatti e si è detto disponibile a collaborare» è la sintesi dell’avvocato Erminia Imperio dello studio Bizzarri indicata dal “Corpo Guardie di Città”, il datore di lavoro di Paolini, nel ruolo di difensore.

Gli spari. Poche frasi anche dal magistrato che ha condotto l’interrogatorio alla presenza del comandante del nucleo investigativo, Michele Cataneo. «L’indagato – ha spiegato Giaconi – ha confermato la ricostruzione dei fatti così come ci era stata rappresentata dopo l’episodio. Non sono emersi elementi diversi o nuovi che possano mutare il quadro iniziale. Le sue dichiarazioni sono conformi con quanto ricostruito finora». Non ci sarebbero ombre, dunque, nella sequenza iniziata con il tentativo di rapina da parte di Giuliani e conclusa con l’appuntato delle “Guardie di Città” agonizzante fuori dal suo Suv qualche centinaio di metri dal punto in cui Paolini gli ha sparato due colpi con la sua Beretta calibro 9.

Il film della tragedia. Lo sparatore ha ripercorso mentalmente e a voce i minuti dell’assalto subìto con relativa reazione attraverso gli spari. Sono le 4,27 quando Paolini, divisa e auto di ordinanza dell’istituto di vigilanza di Ospedaletto, si avvia a ritirare l’incasso della sala bingo a Navacchio. Alle 4,30: Paolini è in auto, gli si para davanti un uomo armato e con il volto coperto da un casco. Il vigilante reagisce: tenta di investire il bandito, non riesce a metterlo in fugo. Giuliani si avvicina al finestrino del guidatore e da seduto Paolini fa fuoco due volte, lo colpisce ai fianchi attraverso il finestrino e poi dà l’allarme azionando il Gps. Anche se ferito, il rapinatore apre la portiera, inizia una colluttazione, Paolini riesce a togliere il casco all’aggressore e scopre che è il collega. È in quel momento che Giuliani gli confida la sua disperazione: «Lo faccio perché ho bisogno di soldi». L’appuntato in congedo parentale da gennaio, per assistere il padre, non riesce a sopraffare il collega, né a mettere le mani sul bottino di 6.000 euro appena prelevato. Scappa a piedi in una fuga disperata. Sono le 5,10 quando Giuliani viene trovato in una piazzola a poca distanza dalla sala bingo. Muore sotto gli occhi delle guardie giurate, una delle quali chiamata per nome invocando un’ambulanza, intervenute sul posto e che ne avevano appena scoperto l’identità.

L’autopsia. Nella tarda mattinata del 15 agosto è prevista l’autopsia effettuata dal dottor Luigi Papi. La moglie della vittima, Franca Gioia, ha nominato due legali, Laura Deri e Cinzia Cellerino, oltre al medico legale Giuseppe Alessandrini. La Tac eseguita ieri sul corpo di Giuliani non ha portato a chiarire quali siano state le lesioni mortali provocate dalle pallottole esplose dall’interno dell’auto verso l’esterno attraverso il finestrino. I due bossoli sono stati rinvenuti nell’abitacolo. Pistole e bossoli saranno analizzati dal perito balistico nominato dalla Procura, Vittorio Balzi.

I documenti. Esaurito l’aspetto della dinamica che mette insieme la tentata rapina e la reazione a colpi di pistola della guardia giurata in servizio, l’interrogatorio è andato avanti sull’aspetto autorizzativo circa la presenza di Paolini in quel luogo e con un’arma nella fondina. «Sapevo di avere il porto d’armi scaduto, ma dovevo lavorare» ha dichiarato agli inquirenti il 37enne pisano che dal 4 febbraio non aveva più i titoli autorizzativi di guardia particolare giurata, né la licenza per il porto d’armi da sparo. Sull’eventualità che la Procura gli contesti anche il reato di porto abusivo di arma, il procuratore reggente ha risposto: «Al momento no».

«Al Palabingo mi ha mandato l’azienda». Quando gli hanno chiesto chi gli aveva detto di andare a fare il servizio al Palabingo, visto che Paolini avrebbe potuto svolgere solo compiti di ufficio e senza l’uso di armi, la guardia ha risposto che l’ordine era arrivato dall’azienda. Un vuoto di organico improvviso da dover coprire avrebbe indotto l’istituto di vigilanza a chiedere a Paolini di farsi carico di quello per il quale, secondo l’accusa, non aveva titolo: fare un servizio che prevedeva il prelievo di denaro contante, con tutta la dotazione necessaria, compreso il possesso di un’arma che da sei mesi non poteva portare con sé. Il destino ha fatto incrociare le storie di un padre di famiglia disperato per i debiti e una guardia giurata, temporaneamente senza titoli per lavorare con la pistola e la divisa all’esterno, che non poteva dire di no a un ordine di servizio.

L’azione legale. Quella che era una moglie, sposata e con due figlie, dall’alba di giovedì è una vedova con due orfane di padre da dover crescere. «Non giustifichiamo il gesto di Davide – fa sapere l’avvocato Laura Deri –. Vogliamo che sia fatta chiarezza sulla dinamica. Davide era un padre di famiglia equilibrato e buono che ha sempre lavorato. Attendiamo l’opera degli inquirenti e confidiamo nella volontà di accertare bene i fatti. Non voglio commentare la nota dell’istituto di vigilanza che getta ombre su Giuliani circa presunti richiami per contestazioni sul lavoro. Dico solo che quella storia era stata chiarita. La contestazione era rivolta a tutti i dipendenti di quel turno e non personale a Davide che aveva, comunque, risposto. Non c’è solo l’aspetto penale in questo dramma. Se i riscontri accerteranno che Paolini non poteva stare in quel posto e, soprattutto, non poteva detenere una pistola, è evidente che la famiglia Giuliani avvierà un’azione legale per un risarcimento danni. Davide non ha sparato. Vedremo se chi lo ha fatto, pensando di essere in una situazione di pericolo pur in assenza di aggressioni, poteva tenere in mano una pistola».

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