Bombe a mano, tritolo, mitra e coca Santabarbara nella pizzeria paesana

Cronaca

06 settembre 2010

IL GIALLO

Bombe a mano, tritolo, mitra e coca Santabarbara nella pizzeria paesana

Gazzo, il pizzaiolo arrestato. «Non sapevo delle armi, avevo bisogno di soldi». Le indagini erano rivolte alla droga. Armi ed esplosivo erano in una cassa sigillata

armi_verona--190x130.jpgVERONA — In effetti, a leggere il menù, qualcosa si poteva anche intuire. Vuoi perchè una pizza l’aveva chiamata «bomba atomica ». E un’altra «Biancaneve». Ma con ogni probabilità neanche lui, nome negli ambienti dello spaccio e professione «pizzaiolo», aveva pensato a un significato profetico.

L’arresto Già, perchè a quanto pare, stando alle prime indagini, quel Daniele Dennis Toso, 58 anni tra un mese e mezzo e una pizzeria, la Parisienne, che non era esattamente una fonte di guadagni, di avere tra i barattoli di pomodoro e i sacchi di farina un vero e proprio arsenale, proprio conscio non era. Un migliaio di euro, spicciolo più spicciolo meno, quello che avrebbe incassato per fare da «custode ». Dicendo di sapere della droga, ma non di certo di quella santabarbara degna di un piccolo esercito che era imballata in uno scatolone consegnatogli con tre tavole di truciolato che a loro volta contenevano 13 chili e due etti di cocaina purissima.

armi_verona_2--180x140.jpgLe armi e la droga Hanno trovato tutto ancora imballato, con la cassa sigillata e il truciolato incellophanato, i carabinieri e la polizia non solo di Verona, ma anche di Ravenna e Ferrara che l’altro pomeriggio erano andati in quella pizzeria in centro a Gazzo. Convinti, anche loro, di trovare droga. Ma non di certo quello scatolone in cui erano stati stoccati due mitragliette Skorpion, tre Kalashnikov, tre bombe a mano, scatole di munizioni, una pistola Cz 99 calibro 9, una 357 magnum, tre bombe a mano, due mine antiuomo e, per finire, pure due panetti di tritolo con tanto di detonatori. E a tradire Toso è stato il suo mestiere. Quel nome con cui veniva indicato da vari spacciatori tra il ravennate e il ferrarese, che man mano che venivano arrestati portavano i poliziotti sempre a rincorrere quella figura.E spesso, nei vari sequestri romagnoli, la coca veniva ritrovata incastrata nelle assi di truciolato.

Le indagini A cominciare a tessere la tela attorno a Toso è stata la mobile di Ravenna, dopo l’arresto di quello che in Romagna è conosciuto come il «signore della coca». Quel Paolo Passarella che in luglio è stato arrestato con quasi cinque chili di «bamba». Ne movimentava altra, Passarella. E tutto sembrava portare al «pizzaiolo» di Gazzo. Quello che faceva il custode, che aveva una fedina penale linda come quella di un neonato. Quello a cui, attraverso altre strade e altri arresti, si stavano avvincinando anche carabinieri e polizia di Ferrara. I poliziotti di mezza Romagna si sono coordinati con i colleghi veronesi. Ma che Toso fosse se non altro un «custode» non c’erano le prove. Da qui l’idea di usare un escamotage. Di fingere un controllo sanitario all’interno della pizzeria e, con la scusa, controllare se tra le derrate e il pentolame ci fosse qualcosa di riconducibile alla cocaina.

L’arsenale in dispensa E’ stato così che l’altro pomeriggio alla Parisienne si sono presentati i carabinieri con i colleghi del Nas, il nucleo antisofisticazioni. I militari il controllo sulla situazione igienico-sanitaria del locale non lo hanno fatto per finta e hanno notato uno scatolone che lì proprio non doveva starci. Era ancora sigillato. E quando lo hanno aperto per controllare che non contenesse materiale deperibile, hanno trovato l’arsenale. Più in là, nella dispensa le tavole di truciolato con la cocaina. A quel punto quello che doveva essere un «controllo » si è trasformato in una vera e propria operazione di polizia. Nel centro di Gazzo si è riversata buona parte delle forze dell’ordine scaligere. Carabinieri della compagnia di Legnago, del reparto operativo, squadra mobile e scientifica della polizia. In quel paese da 5mila anime sono arrivati anche gli artificieri, che hanno messo in sicurezza gli esplosivi. E per trovare la droga le tavole sono state «scannerizzate», con un sistema che permette di rivelare cosa è contenuto all’interno di un involucro. In questo caso 132 panetti di coca purissima, che una volta sul mercato avrebbe fruttato non meno di 600mila euro. Lui, il «pizzaiolo» che farebbe da «custode» per far fronte alle difficoltà economiche, è rimasto basito. Agli investigatori, coordinati dal pubblico ministero Giulia Labia, ha detto di non sapere delle armi. Di sapere che in quegli involucri c’era droga, ma non mitra, bombe e mine. Tutte armi con le matricole non abrase, tenute alla perfezione e imballate con cura. E tutte con la stessa provenienza, anche per quanto riguarda il tritolo, le mine e le bombe a mano. I paesi dell’Est, quelli dell’ex patto di Varsavia. Quelli dell’ex Urss che oltre ai confini ha dissolto – vendendoli al miglior offerente – anche i propri arsenali.

La Bassa e la malavita dell’Est Armi e cocaina, la prezzolata miscela della malavita. Quella che, a quanto pare, a usare il Veronese se non altro come «deposito» evidentemente si trova abbastanza bene. Nel luglio del 2009, ad appena 35 chilometri da Gazzo, a Ronco all’Adige, venne arrestato un bosniaco la cui auto era imbottita di armi. C’erano sette fucili mitragliatori AK 47, i Kalashnikov. Sei con il calciolo (la protezione sistemata all’estremità del calcio del fucile per attutire il rinculo, ndr) ripiegabile. Un mitra ZagiM91 con tre caricatori e proiettili calibro 9 , una pistola Colt a tamburo, calibro 357 magnum modello King Cobra. Una mitraglietta Skorpion calibro 7,65 con caricatore. E anche un fucile semiautomatico Drugonov con ottica di precisione e serbatoio completo da dodici colpi. Armi buone per azioni come assalti ai furgoni portavalori le prime. Armi che usano i cecchini le seconde. In ogni caso tutte armi che arrivavano da quell’arsenale infinito che sono ormai la ex Jugoslavia e i Paesi dell’Est Europa. Le indagini dovranno stabilire anche questo. Se tra i vari sequestri ci sia un filo comune.

Il silenzio del pizzaiolo Toso non ha voluto dire da chi ha ricevuto il «materiale». E le indagini, in realtà, sono praticamente partite la scorsa settimana. Perché si pensava di aver messo le mani su un giro importante di spaccio che riguardava il Nord Est. Ma quelle armi hanno ingarbugliato tutto. Hanno fatto alzare il tiro dell’inchiesta. Il «pizzaiolo» rischia diversi anni di carcere. Ma in certi ambienti le collaborazioni possono diventare più pesanti della galera. Come se non bastasse, ha detto di non aver ancora incassato l’«affitto ». I mille euro per tenere, in un luogo «pulito» – se non altro dal punto di vista legale – un arsenale d’armi e oltre tredici chili di cocaina.

Angiola Petronio

Bombe a mano, tritolo, mitra e coca Santabarbara nella pizzeria paesanaultima modifica: 2010-09-07T11:15:00+02:00da sagittario290