«Temevamo che qualcuno potesse pentirsi e parlare»

 PADOVA

 Mercoledì, 27 Giugno 2007

 MALA VENETA. LA DEPOSIZIONE IN BUNKER DEL COLLABORATORE GALLETTO

«Temevamo che qualcuno potesse pentirsi e parlare»

Tra i reduci di Felice Maniero ad un certo punto si diffidava di coloro i quali avrebbero potuto pentirsi e raccontare tutto. Insomma, mettere nei guai i complici. Per alcuni di loro si era pensato, addirittura, di eliminarli. Sì, ucciderli. Come Achille Pozzi e Mariano Magro, che avevano pubblicamente ammesso che, in caso di cattura, non si sarebbero fatti dieci anni di galera.

Lo ha raccontato ieri ai giudici del Tribunale, presieduti da Lara Fortuna, nell’aula bunker del carcere di strada Due Palazzi, Stefano Galletto, l’ultimo pentito della mala veneta, divenuto collaboratore di giustizia dopo il suo arresto.

Ieri il collaboratore di giustizia ha continuato a rispondere alle domande del pubblico ministero Renza Cescon. È stata un’altra maratona, iniziata ieri mattina alle 10 e conclusa nel pomeriggio alle 18. In mezzo c’è stata soltanto una breve pausa per uno spuntino.

Con una precisione maniacale e una memoria, che in certi momenti rischia persino di irritare, il collaboratore di giustizia ha continuato nella sua lunga lista di reati ed episodi che ha confessato al sostituto procuratore Cescon. Una cinquantina di fatti ai quali ha partecipato di persona, altrettanti commessi dai complici.

Ieri Galletto ha raccontato ai giudici anche i contorni di due assalti a furgoni blindati. Uno avvenuto a Casale sul Sile, dove il furgone è stato bloccato e non è stato necessario ricorrere alle armi. L’altro a Mira,dove i vigilantes sono stati sorpresi mentre scaricavano i valori.

«Temevamo che qualcuno potesse pentirsi e parlare»ultima modifica: 2007-06-28T12:49:01+02:00da sagittario290