Vigilante scappa con il blindato pieno d’oro: condannato ma del prezioso carico nessuna traccia

Cronaca

Vigilante scappa con il blindato pieno d’oro: condannato ma del prezioso carico nessuna traccia

L’uomo ha affrontato il processo e poi il carcere senza rivelare dove ha nascosto i lingotti

Redazione Tiscali

A 60 anni Antonio Di Stazio ha deciso di dare una svolta alla sua vita. Dopo decenni di duro lavoro come porta valori, l’11 luglio dell’anno scorso ha deciso di scappare con un furgone blindato della Securpol carico d’oro. I fatti si sono svolti sulla via Provinciale di Civitella accanto all’azienda orafa Italimpianti. Appena il suo collega è sceso dal blindato per un prelievo, Antonio ha dato un colpo di acceleratore e si è allontanato portandosi dietro un carico di un centinaio di chili d’oro, per un valore di oltre 4 milioni di euro.

Di Stazio si è costituito una settimana dopo il furto

Il vigilante è riapparso una settimana più tardi, a Lucca. Si presentò spontaneamente dai carabinieri. Disse che si era preso una vacanza, troppo stress. Ma dell’oro non fece parola. Il 2 marzo in tribunale ad Arezzo si è tenuta la prima udienza, Di Stazio era difeso dagli avvocati Daniela Paccoi e Marco Treggi. L’istituto di vigilanza Securpol si è costituito parte civile con l’avvocato Antonio Bonacci. Nonostante le indagini al momento non si è scoperto se il vigilante fedifrago abbia agito da solo o per conto di altri, e soprattutto che fine ha fatto il prezioso metallo.

L’oro scomparso

Alla Securpol non si fanno illusioni, sono ormai rassegnati al fatto che quel tesoro non verrà mai trovato. All’unica domanda che conta, cioè dove sia finito l’oro, il vigilante non ha mai risposto. Finito in carcere con l’accusa di appropriazione indebita, il 28 marzo è stato condannato dal Tribunale di Arezzo con rito abbreviato a quattro anni e sei mesi per furto aggravato, comunque molto meno dei 6 anni e 8 mesi chiesti dal pubblico ministero Angela Masiello.

L’ex vigilantes non parla

Neppure nei 9 mesi di galera passati nel carcere di Perugia Di Stazio ha mai dato segno di voler risolvere il mistero, non si è mai presentato in aula e ha accettato apparentemente senza batter ciglio l’inevitabile condanna. Se il processo d’appello la confermerà, il vigilante uscirà tra meno di quattro anni, forse anche prima. Avrà 64 anni e qualche interessante prospettiva per il futuro, ma i suoi movimenti, c’è da scommetterci, saranno discretamente osservati il giudice lo ha condannato anche a un risarcimento provvisionale di 450.000 euro, che lui ufficialmente non ha.

I lingotti forse sono stati fusi

Che fine ha fatto l’oro? Il blindato grazie al dispositivo di geolocalizzazione è stato ritrovato in una zona isolata vicino alla stazione di servizio dell’A1 di Badia al Pino Ovest svuotato di tutto il prezioso carico. L’ipotesi avanzata in un primo momento che quei cento chili d’oro siano stati sepolti da qualche parte in attesa che Di Stazio se li vada a riprendere è suggestiva ma anche poco realistica. E’ molto più probabile che i lingotti siano stati fusi, in questo caso grazie a un complice. E poi squagliati una seconda volta in uno dei 1.200 forni del distretto orafo di Arezzo per poi ricomparire sul mercato sotto forma di orecchini e collane e bracciali.

Chi Antonio di Stazio?

Antonio di Stazio, 60 anni, originario di Napoli ma residente ad Arezzo da anni lavorava per l’azienda di sicurezza aretina ed era considerato persona molto affidabile. Separato dalla moglie, ai carabinieri di Arezzo risulta che abbia troncato i rapporti anche con la figlia. Per il capitano Matteo Demartis, comandante del Nucleo investigativo che ha condotto le indagini: “Antonio di Stazio è un soggetto apparentemente mite, ma che sa il fatto su”. Il capitano è convinto che i complici ci siano eccome: “Ne siamo convinti per alcuni dettagli tecnici e perché è difficile movimentare cento chili d’oro senza qualcuno che ti aiuti”.

La ripicca come movente

All’inizio era stata avanzata anche l’ipotesi che il vigilante potesse essere stato fregato dagli eventuali complici, ma il suo ostinato silenzio sembra raccontare un’altra storia. Stando alle poche parole che l’uomo ha affidato a una memoria inviata dal carcere prima della sentenza, dietro al furto potrebbe esserci un altro movente, forse quello più importante: la ripicca. Di Stazio fa capire di essere stato indotto a rubare perché era stato licenziato da Securpol – scrive il Tirreno – dopo essersi lamentato per gli orari di lavoro e di essere stato riassunto grazie a una sentenza del giudice del lavoro. Al suo avvocato ha spiegato di dover ancora riscuotere migliaia di euro dall’azienda. E allora quale miglior “vendetta” che farsi una pensione d’oro tutta pagata dal datore di lavoro.

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Vigilante scappa con il blindato pieno d’oro: condannato ma del prezioso carico nessuna tracciaultima modifica: 2017-04-05T11:30:01+02:00da sagittario290