«Non vale la pena rischiare la vita per stipendi così»

Cronaca

24 aprile 2012

L’ASSALTO AL BLINDATO

«Non vale la pena rischiare la vita per stipendi così»

Padova, la guardia sarà di nuovo operata. Il racconto di Antonella, moglie di Maurizio Primucci, vigilante ferito con un colpo di pistola

rapina%20portavalori%20Veggiano%2021_04_2012--190x130.jpgPADOVA — «Mi volevano ammazzare, mi volevano ammazzare». Maurizio Primucci, 56 anni di Rovolon, guardia giurata rimasta ferita nel furto con sparatoria di sabato sera a Veggiano, lo ha ripetuto più volte alla moglie. Un colpo alla tibia, ravvicinato: i banditi hanno così sfogato la loro rabbia per non essere riusciti ad entrare in possesso dell’intero bottino, ma solo dell’incasso dell’Iperlando di Veggiano, luogo dove è scattato l’agguato. Un commando di sei persone (almeno una non parlava bene l’italiano, sostiene la guardia giurata ricoverata, e il numero non è ancora certo) che ha ferito Primucci, il collega 24 enne Matteo Pagiaro (trauma cranico) e Narciso Baldin, 46 enni, sequestrato e sbattuto fuori da una delle auto dei banditi.

Primucci è ricoverato in prognosi riservata nel reparto di chirurgia vascolare dell’ospedale di Padova. L’operazione a cui è stato sottoposto sabato notte è andata bene, ma la ferita era ampia e quindi non è ancora scongiurato il pericolo di perdita dell’arto, anche se fra i medici c’è ottimismo. Su di lui hanno lavorato i chirurghi vascolari dell’equipe diretta dal professor Franco Grego, insieme ai colleghi della clinica ortopedica del professor Roberto Aldegheri. Hanno ricostruito una parte di tibia, tendini, tessuto muscolare e cercato di salvare nervi quasi compromessi, oltre ad avergli inserito un by-pass nell’aorta. La moglie Antonella attende in ospedale, insieme ai due figli di 23 e 27 anni.

Signora, cosa ricorda suo marito di quegli attimi? «Si è visto la morte in faccia, lo choc è stato altissimo: Maurizio non ricorda bene tutto quanto è successo. Mi ha ripetuto più volte che lo volevano uccidere, che si ricorda nitidamente i due fucili puntati».

Un agguato preparato e molto cruento. «Si sono accaniti su di lui con una cattiveria incredibile, forse perché hanno riconosciuto il ruolo di capomacchina. Una violenza probabilmente frutto del periodo che stiamo vivendo, c’è molta povertà, molto bisogno di avere, ma questo fatto mi ha colpito».

Come ha saputo della notizia? «E’ stato Maurizio a chiamarmi dall’ambulanza. Erano le 22 e 10, l’ora in cui di solito mi avverte che sta tornando a casa. Mi ha detto di andare all’ospedale, che gli avevano sparato. La sua voce era un po’ agitata, ma sentirlo di persona ovviamente mi è stato d’aiuto».

Non ha perso la lucidità. «No, tanto che ha chiesto la cintura ad uno dei due colleghi che erano con lui per farsi una sorta di laccio emostatico e tamponare la ferita».

E ora? «Probabilmente dovrà subire altri interventi, ma è presto per dirlo, bisogna seguire l’evoluzione della situazione. E’ la prima volta che gli accade un fatto del genere, altrimenti avrebbe cambiato lavoro, almeno penso. Ora speriamo che tutto vada per il meglio, poi usciti dall’ospedale ci sarà bisogno di un supporto psicologico. I danni subiti sicuramente sono permanenti. E mi permetta di dire una cosa».

Prego. «Mi faccia ringraziare l’equipe medica dell’ospedale, mio marito è arrivato con la gamba già ischemica, è entrato in sala operatoria poco prima delle tre di notte per uscirne alle otto e mezza di mattina. Sono stati di una gentilezza estrema, oltre che di grande professionalità. No, non vale la pena rischiare la vita per un lavoro così. Certo il rischio va messo in preventivo, ma tutta questa brutalità è assurda. Per lo stipendio che hanno il gioco non vale la candela».

Enrico Albertini

http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2012/24-aprile-2012/non-vale-pena-rischiare-vita-stipendi-cosi-2004201069242.shtml

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