Notte da metronotte tra allarmi via radio e colpi sventati

Cronaca

05/12/2011

PARMA

Notte da metronotte tra allarmi via radio e colpi sventati

Laura Frugoni

1323076518918_0.jpg«La paura? Certe volte ci fai i conti, l’ultima è stato un paio di mesi fa: erano in sette e me li sono trovati davanti alle quattro del mattino dentro all’area Bormioli dove stavo facendo il mio solito giro. Pensavo fossero extracomunitari in cerca di un posto per dormire, invece era una banda che aveva appena rubato i videopoker un bar in via Milano».

Come se l’è cavata, quella volta, Ivan lo spiegherà tra un po’. Perché la notte è appena cominciata e a lui lavorare quando gli altri dormono è sempre piaciuto, «anche se adesso con questa emergenza dei furti il lavoro è aumentato parecchio. Bisogna fare le corse».

Ivan Canori da 12 anni è una guardia giurata dell’Ivri in servizio perenne dalle dieci di sera alle sei del mattino. Non è proprio il metronotte che t’aspetti: 41 anni di Aulla, fisico e statura dell’anti-colosso, non fuma (l’unico aroma che senti sulla Panda è quello alla lavanda dell’arbre magique), parla il necessario, ha un’aria pacata e assicura che preferisce dimenticarsi di avere una pistola alla cintola. Nella conta tra le guardie in divisa tutte in partenza davanti alla blindatissima sede dell’Ivri di via Zanardelli, la parte del cicerone notturno tocca a lui e anche volendo non avrebbe avuto tempo per imparare una lezione posticcia. Stretta di mano veloce e le portiere della Panda bianca e blu si spalancano, puntiamo sulla zona coperta da Ivan: la porzione di centro storico tra via Repubblica e la stazione e tutto quartiere a San Leonardo. Mentre guida l’orecchio è sempre teso alla radio tra le comunicazioni della centrale e il filo diretto con i colleghi, appoggiato sul cruscotto un mazzo di chiavi strabiliante che speri non ti cada sulle ginocchia alla prima curva. «Ho una compagna, quando ci siamo conosciuti lavoravo già di notte, trasportavo il pane per un forno, quindi era già abituata». Lei cassiera di supermarket, lui metronotte: resta poco tempo per litigare. «Vero – ci si scioglie nella prima risata – e comunque di giorno il tempo per stare insieme c’è». Il tour è puntellato di fermate. Nella lista: filiali e sedi di alcune banche cittadine, la Bormioli e la Chiesi, i tornanti del parcheggio coperto al Duc, un paio di hotel dove ritirare le schede dei clienti da recapitare in questura, la Camera di Commercio da aprire alle cinque, e poi naturalmente una miriade di negozi, piccole aziende, palazzi di privati. Per il numero dei passaggi dipende: a volte sono tre per notte, a volte anche cinque. Questa è la routine che non cambia mai, l’incognita sono gli allarmi che scattano e di questi tempi è una maledetta sinfonia: se capitano nella tua zona sei tu a correre, oppure vai in supporto ai colleghi che sorvegliano le aree vicine. «La fascia preferita dai ladri è quella tra le due e le quattro», informa Ivan. Ora è appena passata la mezzanotte, ma con i ladri non si può mai stare tranquilli: è scattato un allarme al Pro Parma di via Moletolo, ma nella club house le luci sono ancora accese per uno sparuto gruppo di nottambuli che sta giocando a carte e cade dalle nuvole («che allarme?»). Si va a dare un’occhiata alle palestre e tra la nebbia, il buio appena spezzato dal fascio della torcia pare di stare in un film di guardie e ladri. Solo che i ladri (per fortuna) non ci sono. Falso allarme. Cinque minuti dopo ne scatta un altro in un’azienda di viale Fratti: altro sopralluogo, dall’esterno pare tutto a posto, si comunica e poi s’aspetta che la centrale (che intanto ha avvertito il titolare) dica che si può continuare il giro. Dopo 12 anni di lavoro Ivan prende tra i 1300 e i 1400 euro mensili, lavora sei notti di fila e poi ne riposa due. «Prima la gente ci considerava male, il metronotte era l’ultimo lavoro che uno voleva fare. Adesso con la crisi ci sono anche molti parmigiani». E con la banda dei videopoker com’era finita poi? «Ero a piedi e loro erano fermi e mi guardavano, poi hanno fatto per venire verso di me. Ho tirato fuori la pistola, sono arrivati i miei colleghi e sono scappati nei campi. Eh sì: me la sono vista proprio brutta quella volta».

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