Quando le intercettazioni servono: luce su un omicidio, vent’anni dopo

martedì 29 settembre 2009

Quando le intercettazioni servono: luce su un omicidio, vent’anni dopo

Scritto da Redazione

200902171630intercettazioni.jpgVERNOLE/LECCE – La notizia è singolarissima: le intercettazioni non servono solo per scoprire i gusti sessuali dei politici ma anche per svelare il mistero su delitti irrisolti. Questa è una notizia che sembra un pulsante della macchina del tempo: attività di intelligence, fortuna, intuito, memoria storica.

Il fascicolo di un vecchio omicidio potrebbe essere sottratto alla polvere degli archivi. E’ un omicidio rimasto senza colpevoli e senza movente. Un vero mistero. Ma a distanza di 18 anni qualcosa si muove. C’è un’indicazione che potrebbe spingere gli inquirenti a riaprire il caso. Una novità che – se confermata – potrebbe contribuire a squarciare il velo di mistero che avvolge il delitto. Una svolta che, finalmente, permetterebbe di fare luce su chi e perché abbia ucciso Giovanni Fortuna, 31 anni, di Vernole, vigilante della Velialpol. Il 21 settembre del 1991 fu raggiunto all’inguine da un proiettile mentre si trovava in un’edicola. Morì dissanguato.

La novità è arrivata in maniera inattesa. I carabinieri del Nucleo operativo della Compagnia di Campi, scavando intorno ai presunti componenti di una organizzazione composta in gran parte da brindisini e specializzata nelle rapine e nel riciclaggio di auto rubate, hanno avuto modo di ascoltare una conversazione. Quel dialogo, estraneo a rapine e furti di vetture, ha destato subito l’attenzione degli investigatori perché in quelle parole c’era un chiaro riferimento ad un omicidio. Proprio quello del vigilante di Vernole.

Un delitto rimasto insoluto. Un omicidio di cui neppure i pentiti avrebbero fornito indicazioni. Quella conversazione, adesso, è al vaglio della Procura. Si valuta la consistenza delle dichiarazioni contenute nell’intercettazione ambientale. Si tratta di una sorta di inconsapevole confessione. Nel corso della conversazione, infatti, uno degli interlocutori fa riferimento all’omicidio del vigilante ma anche ad alcuni attentati dinamitardi. Episodi eseguiti su commissione. Crimini compiuti per guadagnarsi l’amicizia di un grosso pregiudicato della zona. Uno scenario che, 18 anni fa, nessuno avrebbe mai delineato.

Gli inquirenti mantengono sulla vicenda un riserbo molto stretto, ma da alcune indiscrezioni emergono indicazioni sul possibile movente. Il vigilante, infatti, sarebbe stato ucciso per vendetta. L’omicidio non sarebbe maturato in relazione al lavoro svolto dalla guardia giurata. Il movente sarebbe da cercare altrove e più esattamente tra le sue frequentazioni. E il vigilante, probabilmente, aveva dato fastidio a qualcuno.

Da qui la decisione di risolvere la questione in maniera cruenta, con la pistola. Nella conversazione intercettata l’autore dell’omicidio si sarebbe vantato dell’impresa. Ne avrebbe parlato per affermare come, benchè giovanissimo, avesse già un suo calibro criminale e potesse contare sull’amicizia con esponenti di spicco della malavita. Il contenuto dell’intercettazione è all’esame del sostituto procuratore Francesca Miglietta.

Si tratta del magistrato che, sin dall’inizio, ha coordinato l’indagine del carabinieri sul gruppo che ha agito nel Nord Salento, a cavallo fra i territori delle province di Lecce e di Brindisi, compiendo rapine e furti. Le indagini si sono concluse con una raffica di arresti.

C’è stata anche un’inchiesta gemella che, per fatti analoghi, è stata avviata dalla Procura di Brindisi nel corso della quale sono stati emessi nuovi provvedimenti restrittivi.

I FATTI DELL’EPOCA

Il misterioso omicidio avvenne all’alba del 2 ottobre del 1991. Giovanni Fortuna, all’epoca 31enne, sposato e con un figlio, aveva appena finito il turno di lavoro notturno per conto dell’istituto di vigilanza « Ve l i a l p o l » per il quale lavorava, svolto fra la zona industriale e la manifattura dei tabacchi. E come faceva spesso, dopo aver consegnato la relazione di servizio negli uffici dell’istituto, che si trovava proprio nella zona industriale, e parcheggiato la vettura di servizio, aveva raggiunto con la sua auto l’edicola di via Taranto, per acquistare il giornale.

Sono da poco scoccate le 6.30, ed un istante prima di morire, la guardia giurata è intenta a sfogliare i quotidiani del mattino. All’improvviso, nel locale si materializza il killer, che lo ammazza sparando un solo colpo di pistola, sicuramente un’arma a tamburo, dal momento che sul pavimento, gli agenti della Squadra mobile (all’epoca diretta dal vice questore Luigi Spadea), non trovarono il bossolo. Il colpo viene esploso da distanza ravvicinata, e Giovanni Fortuna viene raggiunto alla zona dell’inguine, e più esattamente all’altezza dell’arteria femorale. Che sanguina a iosa, determinandone la morte in meno di mezz’ora.

Le indagini non hanno mai appurato neppure se fra vittima e sicario, ci sia stato, per quanto breve, una sorta di alterco. Per non dire della pistola d’ordinanza, guarda caso, del tipo a tamburo, che dalla scena del delitto sparisce. Sicuramente portata via dall’assassino. L’ipotesi investigativa, è che l’assassinio venne compiuto proprio con la pistola della vittima. Ma per quanto cercarono di trovare una conferma, gli investigatori non riuscirono a trovarla. Anche perché nessuno diede loro una mano.

Neppure il titolare dell’edicola che, interrogato a lungo, ai poliziotti ebbe a riferire di aver udito un botto in tutto simile ad uno sparo, ma di non aver visto niente, tantomeno l’assassino, perché in quel momento si trovava in bagno. Agli agenti, l’uomo riferì inoltre di aver trovato il vigilante disteso sul pavimento in una pozza di sangue, e di averlo sentito soltanto invocare aiuto. E di nessun aiuto furono gli abitanti della zona. Nessuno, infatti, udì nulla, sparo compreso, né notò qualcuno fuggire o aggirarsi con fare sospetto nei pressi dell’edicola o lungo via Taranto. Una qualche conferma al fatto che fra vittima ed assassino ci sia stata una colluttazione, venne comunque dall’autopsia, che su disposizione dell’allora sostituto procuratore Cosimo Bottazzi, venne eseguita dal medico legale Franco Faggiano. Sul cadavere della guardia giurata vennero infatti riscontrati graffi ed ecchimosi.

Quando le intercettazioni servono: luce su un omicidio, vent’anni dopoultima modifica: 2009-09-30T11:30:00+02:00da sagittario290