Il veleno nel mare delle vacanze

AMBIENTE

1/2/2009 – ITALIA DA SALVARE

Il veleno nel mare delle vacanze 

In Liguria via al processo alla Stoppani. La fabbrica è chiusa, il cromo c’è ancora

FERRUCCIO SANSA

immagine.jpgINVIATO A COGOLETO (Genova)
Centonove anni. È dal 1900 che al confine tra Cogoleto e Arenzano esiste una fabbrica di cromo: dopo un secolo, nessuno ha ancora compiuto un’indagine epidemiologica per capire se quelle montagne di minerale cancerogeno hanno fatto ammalare gli abitanti. Non importa che la Stoppani abbia pitturato di cromo tutta la valle, che abbia colorato di rosso e blu ogni cosa: la terra, le pietre, perfino l’acqua. E non importano nemmeno i risultati della perizia che Paolo Prati, un fisico dell’università di Genova, ha appena consegnato ai magistrati: nel terreno della fabbrica sono state trovate fino a 25.000 particelle di cromo esavalente per milione, 1.666 volte il limite di 15 particelle indicato dalla legge.

Per non dire delle 10.000 particelle di cromo per milione scovate nel sedimento marino, quando il massimo è di 1.350. Certo, siamo lontani dai livelli riscontrati alla chiusura dello stabilimento, nel 2003, quando gli strumenti impazzivano e correvano centomila volte oltre le quantità consentite, ma ancora oggi nessuno sa dire quali siano le conseguenze che la Stoppani e le sue lavorazioni si sono lasciate alle spalle.

Intanto si continua a coltivare la verdura a pochi metri dalle vasche che per decenni hanno contenuto il cromo. E qualcuno fa il bagno a pochi metri dal crostone di cromo sul fondale.

Oggi la fabbrica è una cattedrale di ruggine che perde pezzi sotto i colpi delle ruspe, ma la vera storia di questa bomba ecologica infilata nella stretta valle del torrente Lerone va ancora scritta. Non siamo nel deserto, ma a pochi passi da località turistiche come Arenzano e Varazze. Genova è a una manciata di chilometri. Strano, altre fabbriche sono diventate il simbolo del male, come l’Acna di Cengio o il petrolchimico di Porto Marghera, mentre la Stoppani è stata quasi dimenticata.

Perfino la gente di Cogoleto non riusciva a chiederne la chiusura, schiacciata nella tenaglia tra la salute e i cinquecento posti di lavoro a rischio. Mentre i turisti vedevano la fabbrica arrivando dall’autostrada, ma non sapevano. «Negli Anni Novanta c’è stato un referendum, pro o contro la Stoppani, e la popolazione ha votato a favore della fabbrica», racconta Luigi Gambino, sindaco di Arenzano.

Ma adesso, dopo 109 anni, potrebbe essere arrivato il momento della verità: il 5 febbraio è fissata l’udienza del processo. L’accusa, tra l’altro, è disastro ambientale. Tra gli imputati ci sono due ex dirigenti della fabbrica. Plinio Stoppani – lo storico «padrone», come lo chiamavano gli operai – è morto tre anni fa.

«Un processo per disastro ambientale è una prima vittoria», sospira Gianni Tarantini, guardia giurata che dopo aver vissuto per decenni all’ombra del fumo della Stoppani ha fatto della lotta al cromo la sua ragione di vita. Tarantini ricorda la lunga serie di fascicoli aperti dalla procura: «Venticinque, soltanto dal 1996 al 2004». Arrivò anche una condanna pesante: omicidio colposo in primo grado. Dopo quaranta udienze, il pm Francesco Pinto dimostrò il nesso tra il cancro che uccise alcuni operai e gli anni passati a lavorare il cromo. Ma poi arrivò la prescrizione e cancellò tutto. E proprio la prescrizione è il nemico numero uno del nuovo processo: i termini fissati dalla legge rischiano di rendere vano il lavoro dei magistrati. Una lotta contro il tempo per il pm Francesco Albini Cardona.

Perché, se è vero che non esistono dati certi sugli effetti del cromo tra gli abitanti, una perizia del 1992 fa venire la pelle d’oca: per gli operai esposti al cromo della Stoppani il rischio di tumori alla pleura aumenterebbe del 1.967 per cento e quello di tumore ai polmoni del 108 per cento.

Dalle ciminiere della Stoppani non esce più fumo, ma l’inquinamento e le sue conseguenze restano. Chissà quanti, liguri e turisti, sanno che dal 2006 il ministero dell’Ambiente ha decretato lo stato di emergenza per la Stoppani. Cecilia Brescianini, vicecommissario del governo per la bonifica dell’area, cerca di non allarmare, ma non nasconde la complessità del lavoro ancora da fare: «Noi stiamo realizzando la messa in sicurezza di emergenza, ci occupiamo soprattutto delle acque di falda e della demolizione degli edifici. Ma, viste le proporzioni dell’inquinamento, sarà un lavoro lungo. Ci sono ancora 6.000 tonnellate di solfato giallo da smaltire e amianto da bonificare».

Già, si parla di 1,25 miliardi di danno ambientale e di lavori di bonifica per 900 milioni di euro. «Le spese sono a carico dall’impresa (l’immobiliare Vallerone, che nel frattempo è fallita, ndr), il ministero li sta realizzando e si rivarrà poi sul fallimento». Lo Stato, insomma, paga e poi cercherà di recuperare la somma dai privati. La stessa Brescianini sospira, le probabilità di recuperare tutto il denaro sono minime.

Intanto Cogoleto cerca di rinascere. Ed è difficile distinguere tra chi progetta per recuperare finalmente l’area e chi invece vorrebbe metterci subito una pietra sopra. Magari un pezzo di cemento.

«La demolizione dovrebbe essere terminata nel 2010. La bonifica, speriamo nel 2015», spiega Luigi Gambino. E poi? Il sindaco di Arenzano è ottimista: «Faremo un concorso per scegliere il progetto migliore. Noi abbiamo programmato di realizzare un polo nautico, poi opere di viabilità, strutture ricettive e spazi artigianali legati alla nautica. L’area tornerà a vivere e a dare lavoro».

Gianni Tarantini scrolla le spalle: «Non siamo tranquilli. Vogliono realizzare un porticciolo proprio dove ci sono preziosissime praterie di posidonia. Ci sono troppi imprenditori che già si stanno facendo sotto per costruire. All’inaugurazione dei lavori di demolizione, in mezzo alle autorità, chissà come mai sono spuntati (invitati) diversi costruttori, anche uno condannato in via definitiva per Tangentopoli e a lungo latitante. Ma perché bisogna costruire sempre? Al posto di un’industria inquinante come la Stoppani dovremmo lasciare spazio alla natura, sarebbe un segnale importante».

Serve chiarezza, quella che è mancata per decenni. Se la aspettano le famiglie delle vittime del cromo, ma anche gli abitanti di Cogoleto e Arenzano. E i turisti che ogni anno vengono su queste spiagge. Intanto, lungo la valle del Lerone, Marisa la mattina si alza e va a coltivare il suo orto, che cresce sulle terre imbevute di cromo.

Il veleno nel mare delle vacanzeultima modifica: 2009-02-02T19:15:00+01:00da sagittario290