REGOLAMENTO: LA DECISIONE FINALE SPETTA ALLA POLITICA

Anticipazioni da “La Ronda” di Giugno 2008

12 Giugno 2008 – 11:41

EDITORIALE

REGOLAMENTO: LA DECISIONE FINALE SPETTA ALLA POLITICA

Con la recente approvazione da parte di Camera e Senato della modifica del Regio Decreto del 1931 è stato fatto un primo passo nel processo di riforma del settore della vigilanza privata. Agendo, come più volte sollecitato, sulla normativa primaria si sono recepiti i motivi della condanna inflitta all’Italia dalla Corte di Giustizia Europea. Le guardie particolari giurate hanno ottenuto il riconoscimento di incaricato di pubblico servizio, sul quale, forse, è ancora presto per constatarne appieno le conseguenze. Una cosa in ogni caso è certa: resta ancora qualcosa da fare. Adesso il confronto verte sul Regolamento, recentemente valutato positivamente dal Consiglio di Stato, che ha ribadito come l’adesione ai principi del libero mercato non implichi la rinuncia ad una regolamentazione tecnica e progettuale del settore, che salvaguardi le potestà in capo ai singoli Stati. Anche noi siamo soddisfatti che le nostre iniziative abbiano concorso a questi risultati e quindi non possiamo non condividere il giudizio positivo espresso dal “Consiglio”. Alcuni punti, secondo noi, meriterebbero una maggiore attenzione e valutazione. Uno di essi compariva nella stesura provvisoria (si suppone l’ultima) del Regolamento risalente all’Ottobre 2007, ma non sappiamo se fosse presente nella versione definitiva sottoposta alla Corte di Giustizia Europea e rispedita al mittente con la condanna (cosa a tutti ormai nota).
Si tratta dell’articolo 258 che limitava la possibilità di intermediare tra l’utente, bisognoso del servizio, e l’istituto di vigilanza, prestatore dello stesso. In questo modo si voleva evitare che i network o intermediatori spuri lucrassero in un terreno così delicato come quello della vigilanza, imponendo agli istituti – con un vero e proprio dictat, del tipo “prendere o lasciare” – ulteriori riduzioni delle tariffe giudicate dagli imprenditori strozzanti e ingenerando scenari di subappalto del subappalto. Questo punto non è presente nel nuovo Regolamento posto al vaglio del Consiglio di Stato e non possiamo evitare di chiederci quali siano i motivi della sua esclusione. Sicuramente saranno contenti i molti riders che imperversano in questo settore!
Un altro passaggio fondamentale, che dovrebbe essere inserito nel Regolamento, è la previsione, relativamente alle centralizzazioni degli allarmi in remoto, di una contrattualistica chiara a garanzia dell’utente dei servizi di sicurezza e per la verifica degli organi di controllo, nella quale sia specificato chi effettuerà, oltre al primo ed esclusivo intervento delle forze dell’ordine, gli interventi successivi, la custodia delle chiavi ed i piantonamenti in caso di danni ed effrazioni ai siti ed ai beni tele-radio vigilati. Quello che ci auguriamo adesso è che la politica si esprima su questi punti – insieme ad altri che sono trattati all’interno della rivista – e che possano essere rivisitati dal Consiglio dei Ministri il prima possibile e inseriti nel Regolamento. Un’ulteriore prova della necessità di agire nel senso di una maggiore regolamentazione del settore della vigilanza privata, l’ho avuta nel corso di un convegno organizzato da una nota associazione di categoria, al quale ho partecipato recentemente. Fra i vari interventi uno ha particolarmente colpito la mia attenzione: quello di un eminente rappresentante nell’ambito della vigilanza privata europea. Ho riscontrato nelle sue parole quello che è il quadro generale del mercato della sicurezza e della sua mercificazione. Il principio dominante che caratterizza, anche in Europa, questa realtà è la guerra dei prezzi: vince chi offre costi minori, non chi garantisce servizi migliori. Mi rivolgo in particolar modo agli esterofili che pensano che il miglior rimedio ai nostri guai stia altrove. La totale deregolamentazione in ambito economico, forse troppo sottomessa al velleitarismo liberale della globalizzazione, non costituisce la risposta adeguata alle richieste della nostra Nazione. Non abbiamo bisogno di una liberalizzazione a tutti i costi da affidare a poche lobbies (evitiamo però di trasformarli in meri capri espiatori), ma di maggiori tutele che garantiscano l’utente, l’efficienza dei servizi e della loro gestione, sia essa economica, che professionale e contrattuale. Un altro fenomeno preoccupante è la perdita di autonomia dei grandi e medi, per non parlare sempre dei piccoli, istituti di vigilanza italiani. In un mercato in cui a vincere non è la qualità, ma il prezzo, molte strutture non riescono a sostenere i costi di gestione e sono costrette a vendere ai fondi, a società europee o multinazionali, o, in alternativa, a fallire. Mi sono sempre chiesto perché dovrebbero riuscire soltanto le società multinazionali laddove invece le nostre falliscono miseramente. Sanno sfruttare meglio gli uomini? O hanno poca concorrenza?
Le uniche realtà – sembra di capire – che hanno più probabilità di sopravvivere sono le grandi cooperative, ma tant’è…
Per restituire dignità a quanti si occupano di sicurezza privata occorre dare loro regole più determinate affinché si possa agire non in un “Paese di Bengodi”, dove ognuno si autodetermina, ma in un sistema caratterizzato necessariamente dalla qualità dei servizi resi.

Fulvio Valandro

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