Pirati, i privati non sono guardie giurate

Attualità

16/01/2013

armatori, politiche marittime

Pirati, i privati non sono guardie giurate

di Paolo Bosso e Renato Imbruglia

news_foto_3342_ghisi.jpgGianni Ghisi (nella foto), ministro plenipotenziario nominato a giugno dell’anno scorso inviato speciale per la pirateria dal ministro degli Esteri Giulio Terzi (attualmente è ambasciatore per la Fao), è stato negli scorsi mesi uno dei diplomatici italiani più attivi sul tema della pirateria. E’ in dialogo continuo con Londra, città che da capitale del regno finanziario è anche centro nevralgico per tutte quelle decisioni che riguardano lo shipping. Qui ha sede l’Imo, l’International Maritime Organization, molto attiva sulla pirateria attraverso convegni e workshop da dove periodicamente vengono stabilite misure, regolamenti ed esortazioni sul modo di comportarsi in acque ostili.

In un incontro tenutosi a novembre nella capitale inglese, Ghisi ha illustrato le varie misure da adottare per le guardie armate a bordo. I punti principali che emergono dalla relazione dell’inviato della Farnesina sono due. Il primo è che mai nessun attacco è andato a buon fine su una nave che abbia aveva a bordo uomini armati. Questo perché l’attacco pirata è sostanzialmente l’arrembaggio da parte di un piccolo peschereccio, ragion per cui per contrastarli efficacemente sono sufficienti semplici misure militari, prime fra tutte la segnalazione radio di uomini armati a bordo e gli spari di avvertimento. Il secondo punto, più attuale (vedi voce Marò), è che conviene decisamente di più ad un armatore difendersi con i cosiddetti “contractors”, i privati, piuttosto che con i militari. Inoltre, spesso questi team vengono erroneamente tradotti come “guardie giurate“, come fossero le stesse persone che stanno a guardia di una banca. In realtà sono molto più di questo: (ex) militari a tutti gli effetti. Il regolamento avanzato da Ghisi – che dovrebbe completare la legge 130 – richiede infatti un’esperienza militare in missioni internazionali. Ghisi spiega che la legge 130, che autorizza l’uso di militari a bordo, non prevede ancora la voce “privati”, su cui c’è bisogno di un decreto interministeriale. La legge si limita a dire che l’utilizzo di privati è concesso solo nel caso in cui il ministero degli Esteri non ha autorizzato l’armatore a imbarcare gli uomini del reggimento San Marco. Sul decreto interminiteriale Confitarma punta molto. Già da tempo la confederazione nazionale degli armatori spinge sull’autorizzare a imbarcare privati, sottolineando la differenza sostanziale con i militari, troppo complicati da assumere, senza tenere conto delle complicazioni diplomatiche in caso di attacco (vedi di nuovo la voce Marò).

| Nell’intervento di Ghisi incontrerete numerosi acronimi ma non vi spaventate. Ecco a voi un riassunto.

| VPD: Vessel Protection Detachment, i nuclei militari di protezione (NMP), in altre parole i militari.

| PCASP: Privately Contracted Armed Security Personnel, le guardie armate, ovvero nuclei di protezione non militari. Vengono erroneamente chiamate guardie giurate (come il link rinvia), ma in realtà nel momento in cui gli si richiede esperienza in missioni militari (come si legge nell’intervento di Ghini) diventano qualcosa di più.

| SHADE: Shared Awareness and Deconfliction, un meeting periodico sulla pirateria che si tiene in Bahrain dedicato alla coordinazione dei soccorsi

| High Risk Area: è l’area a più alta densità di attacchi pirata. Compresa tra la costa est dell’Africa e quella ovest indiana – in pratica quasi tutto l’Oceano Indiano – si tratta di una superficie enorme, molto più estesa dell’Europa. Date le dimensioni, è stata istituita allo scopo di costituire un limite oltre il quale le navi sono a rischio attacco.

| Best Management Practises: sono tutte quelle misure non obbligatorie che l’armatore dovrebbe seguire una volta entrato nell’High Risk Area. Riconosciute dall’Imo e da tutta l’industria marittima, rappresentano il vademecum per la nave in viaggio in acque ostili.

Presentazione del sistema italiano di protezione armata a bordo contro la pirateria. Di Gianni Ghisi

E’ ampiamente riconosciuto che, insieme con il rispetto delle Best Management Practices e delle operazioni navali, la protezione armata intrapresa rappresenta un importante contributo alla lotta contro la pirateria: nessuna nave con VPD (Vessel Protection Detachement) e PCASPs (Privately Contracted Armed Security Personnel, in poche parole le guardie armate non militari) a bordo è mai stato dirottato. Ho notato la tendenza nelle presentazioni sulla pirateria – come quella di SHADE – di dimenticare di menzionare i VPD. Tre Paesi (Francia, Italia e Paesi Bassi) usano questa forma di protezione, fornendo un contributo di alta qualità alla lotta contro la pirateria.

Tuttavia, come qualsiasi altra forma di lotta contro la pirateria, questo strumento può avere successo solo se i principi di base del diritto internazionale applicabile siano pienamente rispettati da tutte le parti coinvolte.

La nostra legge anti-pirateria (n. 130/2011) consente l’utilizzo della protezione PCASPs solo se il ministero della Difesa non ha fornito una risposta positiva alla richiesta dell’armatore per la concessione di una protezione VPD. Le società di sicurezza private costituite in Italia possono prevedere PCASPs esclusivamente per la protezione di navi battenti bandiera italiana e all’interno dell’High Risk Area. L’opzione “privato” non è ancora operativa, in quanto richiede l’entrata in vigore di un decreto interministeriale, con cui lo Stato regolerà tutti gli aspetti di utilizzo del PCASPs. Il regolamento di applicazione, che sarà adottato a breve, si occuperà in particolare (“regolamento di servizio”) di: reclutamento; formazione; custodia, uso e trasporto di armi; rapporti con il comandante della nave mercantile; monitoraggio. Una volta che sarà entrato in vigore, e non appena sarà tradotto in inglese, saremo lieti di mettere il testo a disposizione del gruppo di contatto. Io comunque fornirei informazioni su alcuni dei dettagli più rilevanti.

Reclutamento: l’armatore può contrarre guardie private sia direttamente, tramite una società di sicurezza privata o assumere direttamente le guardie di sicurezza. Qualifiche professionali: sono necessari esperienza militare nelle missioni internazionali e la presenza di specifici corsi di formazione, incluso un tirocinio pratico organizzato dal ministero della Difesa.

Prerequisiti delle navi: rispetto delle Best Management Practises, un arsenale adeguato disponibile a bordo in conformità delle norme nazionali di sicurezza. Due lunghi e dettagliati articoli del decreto sono dedicati alle armi, fatte salve le diverse autorizzazioni statali. Per esempio, una specifica autorizzazione da parte del ministero degli Interni è necessario per il transito, l’imbarco e lo sbarco delle armi. Dettagli rilevanti di tutti i movimenti e le armi dei PCASPs imbarcati devono essere fornite al comando della flotta navale, al Comando della Guardia Costiera e al ministero degli Affari Esteri. I armi saranno di piccolo calibro (uguale o inferiore 308 Win) ed esclusivamente destinate all’autodifesa. L’armatore assicura di ottenere con i propri mezzi tutti i permessi necessari per il transito in acque domestiche, lo sbarco o l’imbarco previsto dalla legislazione nazionale degli Stati costieri.

http://www.informazionimarittime.it/pirati-i-privati-non-sono-guardie-giurate-3342

Pirati, i privati non sono guardie giurateultima modifica: 2013-01-17T10:30:00+01:00da sagittario290