Ravenna, guardie paragonate e Matteo Messina Denaro: sindacalista condannato per diffamazione

Corriere-Romagna

Cronaca

18 gennaio 2023

Ravenna, guardie paragonate e Matteo Messina Denaro: sindacalista condannato per diffamazione

Redazione Web

Un parallelismo tra i vertici dei Cittadini dell’Ordine, istituto di vigilanza privata, e Matteo Messina Denaro, il boss mafioso arrestato lunedì dai carabinieri del Ros dopo 30 anni di latitanza: è forse questa la più ardita delle affermazioni che ieri sono costate una condanna per diffamazione a tre mesi, pena sospesa, nei confronti di Gaetano Palladino, fondatore e presidente del sindacato Mol-Movimento dei lavoratori.

Il sindacalista, secondo le accuse formulate nel corso della requisitoria dal sostituto procuratore Silvia Ziniti, aveva diffuso su canali social, via cellulare e con affissioni sulle bacheche sindacali messaggi diffamatori nei confronti dell’attività dei Cittadini dell’Ordine, prendendo di mira alcuni esponenti in particolare, probabilmente, ha ipotizzato uno di loro in una passata deposizione in aula, «dopo il licenziamento». L’accusa aveva chiesto una condanna a 12 mesi, non solo per la diffamazione ma anche per altri atti persecutori che Palladino era accusato di avere commesso nei confronti di un altro membro dell’istituto. Ma per questa contestazione, così come per l’accusa di avere pubblicato atti coperti dal segreto istruttorio, la giudice Antonella Guidomei ha assolto l’imputato, accogliendo la richiesta che era stata formulata nell’arringa dal suo avvocato difensore, Marco Bertozzi. Il legale aveva chiesto che il suo cliente fosse assolto anche dal reato di diffamazione, sostenendo che «non c’è prova certa della paternità dei post e dei volantini» perché «anche altri potevano scrivere utilizzando la pagina del sindacato». E anche qualora fosse stato davvero Palladino l’autore, ha proseguito Bertozzi, sarebbe stato da ritenere comunque innocente «per esercizio di critica sindacale».

I Cittadini dell’Ordine si erano costituiti parte civile con l’avvocato Fabrizio Briganti, secondo cui quella messa in atto dal fondatore del Mol sarebbe stata una «furibonda campagna diffamatoria» avviata «dietro lo schermo del suo sindacato», non solo con i riferimenti a Messina Denaro e un altro padrino di Cosa Nostra, Totò Riina, ma anche con insulti veicolati pubblicamente in maniera reiterata, fino a spingere le istituzioni proposte a iniziare «attività di verifica». Insomma, comportamenti che per l’avvocato Briganti «non corrispondono al libero esercizio del pensiero», che sarebbero andati a unirsi ad atti persecutori tali da «pregiudicare la serenità della vita quotidiana» di uno dei suoi clienti. Oltre alla condanna a tre mesi con pena sospesa per diffamazione, disposta una provvisionale di 3mila a ciascuna parte civile costituita.

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