Il Tar restituisce la pistola al vigilante separato dalla moglie: è solo “tedioso” ma non pericoloso

larepubblica-torino

Cronaca

25 APRILE 2021

Il Tar restituisce la pistola al vigilante separato dalla moglie: è solo “tedioso” ma non pericoloso

Torino, dopo la denuncia della donna per atti persecutori gli erano stati tolti arma e stipendio

di Federica Cravero

Tante volte la disponibilità di armi, anche per ragioni di lavoro, è stata considerata come un fatto di rischio, quando si parla di separazioni difficili e del pericolo che certe tensioni sfocino in aggressioni o peggio in femminicidi. Ed è per questo che a un vigilante era stato tolto il porto d’armi, dopo la denuncia dell’ex moglie. Ma il Tar di Torino glielo ha restituito: “Non ci sono mai state minacce”, hanno sottolineato i giudici amministrativi che nei giorni scorsi hanno accolto il ricorso dell’uomo per riavere l’arma. “Lui è solo tedioso”, ha ribadito l’ex moglie.

La vicenda era iniziata alla fine del 2019 quando la vita di coppia entra in crisi, dopo 40 anni di matrimonio. La donna lo allontana da casa, lui vorrebbe riavere la vita di prima e cerca una riconciliazione, ma invano. Ed è in quel momento che l’ex moglie presenta nei confronti dell’uomo una denuncia per atti persecutori che ha una pesante ricaduta sul lavoro poiché da settembre 2020 la prefettura di Torino ritira in via cautelativa la pistola e, in seguito a ciò, il datore di lavoro lascia il vigilante in aspettativa senza retribuzione.

Nel frattempo la donna aveva spontaneamente ritirato la querela e il procedimento penale era stato archiviato: tuttavia l’uomo non aveva riavuto né l’arma né il posto di lavoro ed è per questo che, difeso dagli avvocati Marco Capello e Massimiliano Marche, ha fatto ricorso al Tar piemontese, presieduto da Vincenzo Salamone, che gli ha dato ragione.

I giudici hanno rimarcato: “Se è indubbio che i dissidi familiari possano sollecitare una verifica di affidabilità e un vaglio serio sull’attitudine al rilascio di un porto d’armi, ugualmente vero è che una mera denuncia prontamente ritrattata dell’interessata nell’assoluta mancanza di ulteriori riscontri di tale presunta inaffidabilità non pare, nel caso concreto, idonea a giustificare un provvedimento dall’impatto così significativo sulla vita lavorativa e privata”.

Nell’istruttoria si è chiarito infatti che la donna, al momento della denuncia ai carabinieri, non aveva ben compreso quali effetti avrebbe avuto la propria segnalazione, tanto che l’ha poi ritirata “spiegando ripetutamente che il marito mai l’ha minacciata e mai l’ha fatta sentire in pericolo, mai ha portato l’arma in casa”, chiariscono i giudici. E nelle dichiarazioni rese ai carabinieri la donna ha precisato: “Mio marito non mi ha mai minacciata, lui è solo tedioso. Non ho mai avuto paura di lui, è solo che era divenuto asfissiante”.

Soprattutto l’ex moglie ha spiegato di non avere considerato il fatto che quella segnalazione avrebbe avuto ripercussioni anche per il mestiere del vigilante: “Sono preoccupata perché non lo fanno lavorare”, aveva detto, chiedendo di ritirare le accuse. “Il ricorrente peraltro – si legge ancora nella sentenza del tribunale amministrativo – da circa trent’anni svolge una attività lavorativa per la quale il porto d’arma è indispensabile e, nel corso del lungo servizio, non ha mai avuto contestazioni disciplinari né mai sono emerse condotte improprie o problematiche nella gestione dell’equipaggiamento di servizio. In tale concreto contesto il ritiro del porto d’armi è intervenuto per massima cautela a fronte della mera presentazione della denuncia querela”.

Quello che sottolinea il tribunale è che, pur di fronte alla denuncia, “il particolare impatto che il provvedimento tuttavia comporta per il ricorrente in ragione della sua attività lavorativa, meritava tuttavia un doveroso approfondimento: se pure la denuncia potesse costituire un indizio di potenziale inaffidabilità, il concreto contesto in cui essa si inserisce, le giustificazioni rese dell’interessato, l’importanza che il porto d’armi riveste per il sostentamento del ricorrente e della sua famiglia, l’esito della vicenda penale e le chiare dichiarazioni della moglie, l’assoluta mancanza di episodi ‘esterni’ che possano essere individuati come sintomatici di condotte inappropriate (liti sfociate in interventi delle forze dell’ordine, segnalazioni di terzi, ulteriori eventuali verifiche di polizia) rendono carente la motivazione dell’atto che è stato impugnato”.

https://torino.repubblica.it/cronaca/

Il Tar restituisce la pistola al vigilante separato dalla moglie: è solo “tedioso” ma non pericolosoultima modifica: 2021-04-26T11:30:56+02:00da sagittario290