Colpito a morte da un colpo di pistola accidentale: la preterintenzione

Attualità

10 febbraio 2019

Colpito a morte da un colpo di pistola accidentale: la preterintenzione

I giudici della Cassazione hanno confermato la sentenza di condanna per omicidio preterintenzionale già riconosciuta dai giudici di merito a carico di un uomo di professione vigilante. L’uomo dapprima aveva colpito il capo della vittima con la sua pistola di ordinanza ma poi, nella colluttazione, un colpo partito accidentalmente dalla sua arma uccideva la vittima

La vicenda

In entrambi i giudizi di merito era stato riconosciuto colpevole del delitto di omicidio preterintenzionale, commesso in pregiudizio di un altro uomo colpito a morte dall’esplosione di un colpo partito dalla sua pistola.

Si trattava della pistola di ordinanza che l’imputato aveva in dotazione, quale guardia giurata, e che egli già aveva utilizzato come strumento per percuotere al capo la vittima.

Ma secondo la difesa, l’accertamento logico-giuridico effettuato dai giudici di merito e confluito nella sentenza di condanna era errato perché presupponeva una lettura estensiva dell’espressione: “Con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli artt. 581 e 582 cod. pen.” contenuta nella norma che disciplina l’omicidio preterintenzionale.

Ebbene secondo tale interpretazione si deve identificare, quali antecedenti causali della morte, anche condotte diverse dalle percosse e dalle lesioni, purché a queste strettamente connesse; finendo per trasformare il delitto in una fattispecie punibile a titolo di responsabilità oggettiva.
L’assunto difensivo

Veniva pertanto suggerita una lettura più restrittiva, dovendo circoscrivere l’ambito applicativo del delitto di cui all’art. 584 cod. pen. all’effettivo riscontro di un nesso di derivazione diretta tra la morte e le percosse o lesioni.

D’altra parte, nel corso dell’istruttoria era emerso che la morte della persona offesa era conseguita non ai colpi infertigli al capo dall’imputato con il calcio della pistola in sua dotazione, ma da questa essendo accidentalmente partito un colpo nel corso della colluttazione insorta tra i due.

Ciò imponeva di qualificare il fatto come omicidio colposo, potendosi solo muovere all’imputato un rimprovero per non avere adottato tutte le cautele dovute per espletare in sicurezza i compiti di vigilanza affidatigli.

Ma per i giudici della Cassazione il ricorso è infondato.

Ed infatti, la sentenza impugnata aveva fatto buon governo delle regulae iuris, ormai acquisite al patrimonio del diritto vivente, secondo le quali, ai fini dell’integrazione dell’omicidio preterintenzionale, è necessario che l’autore dell’aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o a ledere e che esista un rapporto di causa ed effetto tra gli atti predetti e l’evento letale, senza necessità che la serie causale che ha prodotto la morte rappresenti lo sviluppo dello stesso evento di percosse o di lesioni voluto dall’agente (Sez. 5, n. 41017 del 12/07/2012; Sez. 1, n. 1008 del 03/10/1986).

L’elemento soggettivo del reato di omicidio preterintenzionale
A sostegno di tali affermazioni si è argomentato richiamando il principio di diritto secondo il quale, nell’omicidio preterintenzionale, l’evento morte deve costituire il prodotto della specifica situazione di pericolo generata dal reo con la condotta intenzionale volta a ledere o percuotere una persona, con la conseguenza che se la morte della vittima è del tutto estranea all’area di rischio attivato con la condotta iniziale, intenzionalmente diretta a percuotere o provocare lesioni, ed è, invece, conseguenza di un comportamento successivo, l’evento mortale non può essere imputato a titolo preterintenzionale, ma deve essere punito a titolo di colpa, in quanto effetto di una serie causale diversa da quella avente origine dall’evento di percosse o lesioni dolose (Sez. 5, n. 3946 del 03/12/2002).

Ebbene, nella vicenda in esame, la morte della persona offesa si era verificata per l’esplosione di un colpo partito dall’arma che l’imputato aveva utilizzato per percuotere alla testa il soggetto sorpreso ad aggirarsi nel luogo ove egli fungeva da vigilante e nel contesto di una colluttazione tra i due. Ma egli era ben consapevole che l’arma fosse caricata per lo sparo.

E allora non si poteva certo negare che l’evento letale si fosse verificato per una serie causale avente la stessa origine nel reato di percosse.

Avevano fatto bene i giudici della corte territoriale a ricondurre l’azione del reo nello schema giuridico del delitto di omicidio preterintenzionale, non risultando inverosimile che egli, avendo utilizzato come strumento per percuotere l’avversario un’arma caricata per lo sparo, abbia accettato il rischio che il colpo sarebbe partito durante la colluttazione.

Dott.ssa Sabrina Caporale

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Colpito a morte da un colpo di pistola accidentale: la preterintenzioneultima modifica: 2019-02-11T11:15:20+01:00da sagittario290