Bufera sulla società “Sicurezza Italia”, incertezza per 70 vigilantes locali

Attualità

27 febbraio 2018

Bufera sulla società “Sicurezza Italia”, incertezza per 70 vigilantes locali

Di Luca Maganuco

Gela. Il futuro per la società “Sicurezza Italia” sembra essere appeso ad un filo e con esso anche quello dei 700 operatori in organico. Preoccupa la continuità lavorativa per i 70 che operano in città: 60 addetti tra Rage, Enimed e Green stream e 10 in servizi di vigilanza nel territorio.

“Attualmente non ci sono requisiti per lavorare da nessuna parte – accusa l’ex amministratore della società di Raddusa, Luca Antonio Strano – La prefettura dovrebbe nominare qualcuno capace di ottenere la relativa licenza. Il mandato con Eni, ovvero la proroga a Gela, scade a ottobre 2018, ma con un cambio d’appalto si potrebbe ricorrere all’accordo Morese per scongiurare l’incubo disoccupazione alle maestranze”. Il neo amministratore della società, Giuseppe Ciantia Di Dio, nominato dai soci di maggioranza che fanno capo a Filippo Sberna, replica alle accuse: “Ho i requisiti per ottenere la licenza. Da 11 anni rivesto un ruolo importante in questa azienda. Sono ex direttore tecnico di secondo livello e conosco benissimo il lavoro”.

La precisazione di Eni.
Sulla vicenda interviene Eni che avverte, “qualora dovessero essere accertate delle irregolarità, anche nel caso della società Sicurezza Italia, valuteremo i provvedimenti più idonei da adottare”. Intanto, l’ultimo a puntare i riflettori sulle presunte irregolarità dell’istituto di vigilanza di Raddusa è la Filcams Cgil di Catania che, con il segretario Davide Foti, ha proclamato per il primo marzo un sit-in delle guardie giurate. Alla base dell’azione di protesta, evidenziata al prefetto di Catania, ci sono “innumerevoli criticità” caratterizzate da “licenziamenti, mancati pagamenti delle retribuzioni, mancato rinnovo dei porto d’arma e il rischio della continuità lavorativa”. Lo stesso prefetto, Silvana Riccio, il 21 febbraio si è trovato sul suo tavolo la richiesta di revoca della licenza alla società di vigilanza consegnata dal dimissionario amministratore Luca Antonino Strano, 48 anni, che parla anche di “antimafia scaduto, ma – precisa – è stata presentata istanza di rinnovo”.

Il blitz della finanza e le accuse del pentito.

Tanta carne sul fuoco che preoccupa i vigilantes che prima di chiedere aiuto alla Filcams sono stati gli incolpevoli spettatori delle accuse di infiltrazione mafiosa mosse alla società dal collaboratore di giustizia Paolo Mirabile e al sequestro effettuato dalla guardia di finanza, emesso dal gip del tribunale di Caltagirone su richiesta della procura di Catania, di beni e conto-correnti per un valore di 2,8 milioni di euro a due ex soci, Giuseppe Sberna 57 anni e Angela Serafina Paterniti di 53 anni. I due, riconducibili alla famiglia del titolare de la “Sicurezza Italia”, il 20 dicembre 2017 sono stati accusati dalla guardia di finanza dei reati di omesso versamento di ritenute fiscali e di iva. “Il gip, per garantire all’erario il recupero di un importo equivalente alle imposte evase ha chiesto anche il sequestro della sede dell’istituto di vigilanza, a Raddusa, costituita da 27 vani, oltre a 19 conti correnti e 2 depositi bancari riconducibili ai due indagati”.

Il blitz della guardia di finanza ha avuto ripercussioni immediate sulla gestione dell’istituto, caratterizzate dall’improvviso valzer degli amministratori.

L’improvviso valzer degli amministratori.
Nell’ultimo mese la società di Raddusa ne ha cambiati tre. Ad aprire le danze ci aveva pensato Luca Antonino Strano, oggi disoccupato dopo due anni di gestione de la “Sicurezza Italia”. Era stato voluto dal cognato Giuseppe Sberna, finito a dicembre nel blitz delle fiamme gialle. “Ho chiesto al prefetto di Catania la revoca della licenza – assicura Luca Strano – dal momento in cui la stessa farebbe riferimento alla mia persona. Attualmente la società ha l’antimafia scaduto – precisa – ma è stata presentata istanza di rinnovo. Dopo di me hanno nominato Salvatore Mancuso, che si è subito dimesso, e Giuseppe Ciantia Di Dio”, già amministratore della società “Cia security” dichiarata fallita dal giudice del tribunale di Siracusa, Sebastiano Cassaniti, con sentenza del 30 maggio 2016.

Le dichiarazioni di Luca Antonino Strano.
“A 48 anni non avevo più voglia di stare sul filo del rasoio – racconta l’ormai ex amministratore Strano – Voglio vivere più serenamente, senza quelle difficoltà quotidiane che erano diventate troppe tra solleciti dei sindacati di tutte le aree geografiche, visite della finanza, e continue richieste di malattia dei dipendenti ormai esausti dalla mancanza di carburante dei mezzi e dai ritardi degli stipendi.

La prefettura – conclude Strano – dovrebbe nominare qualcuno con tutti i requisiti di legge”.

Il neo amministratore de “Sicurezza Italia” smorza i toni anche sull’operazione della guardia di finanza.
“Le accuse del pentito non mi riguardano – sottolinea Di Dio – e il sequestro della guardia di finanza, che interessa due precise persone e non la società, oggi è oggetto di ricorso. E’ scattato immediatamente dopo avere aderito alla rottamazione bis. C’erano rateazioni in corso ma loro hanno sequestrato anche un conto-corrente dove viene erogata la pensione alla mamma del signor Sberna e quello legato al mantenimento degli studi universitari della figlia. Si fa confusione per fare notizia”.

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