Al momento della pensione i contributi non ci sono

Lagazzettadelmezzogiorno

Cronaca

30 novembre 2017

IL CASO

Al momento della pensione i contributi non ci sono

Vicenda da incubo per un potentino: libretto in regola, ma l’Inps non ha i primi due anni di versamenti

Giovanni Rivelli

Finalmente l’agognata pensione!!! Ancor più salvifica perché l’azienda è in difficoltà e le prospettive sono la mobilità, con poi l’eventuale passaggio a un’altra azienda, o l’esodo volontario, incassando anche un premio di 40mila euro.

Quella che sembra una delle fortunate coincidenze che il destino ti consegna qualche volta nella vita, è diventata però un incubo per Antonio Greco, 60 anni, al lavoro con un contratto regolare dal 1972 quando ne aveva 15, come garzone per la consegna della spesa di un minimarket e ancor prima, a nero, in altre salumerie. L’uomo, al momento di andare in pensione, ha visto che la prima azienda presso cui ha lavorato non gli ha mai versato i contributi, nonostante timbri e firme regolari sull’allora in uso libretto di lavoro. Almeno così gli ha detto ora l’Inps dopo le ricerche sui documenti cartacei, perché all’epoca, siamo al 1972, il computer lo si vedeva solo nei film di fantascienza.

L’anno scorso, quando l’ottavo dei lavori che ha cambiato nella sua vita (guardia giurata presso la Ronda) ha iniziato a scricchiolare, Grieco si è fatto due conti e ha scoperto che come lavoratore precoce, con circa 42 anni di contributi alle spalle e 18 mesi di mobilità davanti a sé, poteva accedere al trattamento pensionistico. In più avrebbe ricavato una buonuscita «extra» di 40 mila euro. Fa il certificato all’ufficio del lavoro e gli risultano tutti i contributi a partire dal 1972, poi chiede documentazione del conto assicurativo all’Inps e qui i primi due anni di lavoro, dal primo settembre 1972 al 5 ottobre 1974 non risultano: «Il datore non li ha versati» è la spiegazione che gli viene data e ora sono andati in prescrizione e non c’è modo di recuperarli. Morale della favola per avere la pensione dovrà aspettare fino a ottobre 2020.

Per fortuna la vertenza Ronda si risolve con l’arrivo di un altro operatore (anche se le condizioni di lavoro cambiano) ma il malcapitato non riesce proprio a farsene una ragione. «Ma chi li doveva chiedere questi contributi? – lamenta – È possibile che tra Ufficio provinciale del lavoro e Inps dovessi essere io, un ragazzo di 15 anni, al lavoro per portare a casa qualche migliaia di lire, ad andare a verificare che il datore di lavoro mi versasse i contributi? Non sapevo nemmeno come fare e sfido a vedere quanti sarebbero in grado di farlo oggi. Il massimo era verificare che il libretto di lavoro era regolare, e lo era».

Il problema di Grieco potrebbe essere l’incubo di tanti: siete certi che tutti i datori di lavoro vi abbiano realmente versato i contributi assicurativi? Ma l’uomo, nel non rassegnarsi al responso dell’Istituto Nazionale di Previdenza, pone anche un altro quesito: «Ma come faccio a sapere che i contributi non sono stati versati e sono andati persi, magari perché annotati non correttamente, direttamente dall’Inps? All’epoca non c’erano computer, tutte le operazioni venivano fatte a mano e l’uomo può sbagliare. Mi sembra assurdo che il titolare del supermarket 45 anni fa (ora non c’è più, ndr) abbia fatto tutto regolarmente all’Ufficio del lavoro e non anche all’Inps. Ed è possibile che due uffici pubblici che si occupano della stessa cosa non si parlino per far fare i controlli?».

Interrogativi che qualcuno è chiamato a valutare per riconoscere a un uomo il diritto alla pensione. Un diritto che gli viene posticipato per due anni di contributi che «non risultano». Ma se fossero stati di più?

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