Premeditazione: avvocato e pm affilano le armi

iltirreno

Cronaca

28 novembre 2018

Premeditazione: avvocato e pm affilano le armi

Il difensore punta sulla mancanza del silenziatore La Procura: prima l’ha torchiato e poi l’ha ucciso

di Alessandro De Gregorio

PIOMBINO. Il giudice ha rinviato la propria decisione a oggi. Il vigilante si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il suo avvocato ha già mostrato la propria linea difensiva, negando l’esistenza di un silenziatore e parlando di legittima difesa putativa. E la Procura, forte della confessione del vigilante e delle prove già raccolte fin qui, è pronta a rilanciare aggiungendo all’omicidio premeditato altri reati compreso l’incendio appiccato di notte, che avrebbe potuto causare una strage.

Insomma, se sul fronte emotivo l’omicidio di via Ferrer continua a far discutere, su quello giudiziario sono appena cominciate le prime schermaglie.

UDIENZA IN CARCERE. Ieri mattina, nell’aula udienze del carcere di Livorno, Marco Longo (33 anni, di Venturina, guardia giurata) è comparso davanti al giudice delle indagini preliminari Marco Sacquegna. Il gip doveva convalidare l’arresto del vigilante, eseguito venerdì sera dalla polizia e dai carabinieri, per l’omicidio del tunisino Fadhel Hamdi (32 anni), commesso nella notte tra lunedì 20 e martedì 21 nell’appartamento di quest’ultimo in via Ferrer, a Piombino.

In aula anche il sostituto procuratore Fiorenza Marrara che conduce le indagini e l’avvocato di fiducia del vigilante, Giovanni Marconi. Il giudice si è preso un giorno di tempo per sciogliere la riserva ma lo stesso legale è consapevole che sia una formalità: «L’arresto è avvenuto conformemente alla legge per un reato di quel genere e con quegli indizi – dice l’avvocato Marconi – per cui l’arresto verrà convalidato, è soloun fatto tecnico. Il resto è da vedere».

Il difensore ripete più volte la parola «indizi». Dice che Longo è «stremato», ribadisce che «il ragazzo ha agito in uno stato di legittima difesa putativa perché è stato minacciato con un coltello e quindi ha sparato. Dopodiché, ha dato fuoco a tutto. Ma sul coltello non c’è alcun dubbio».

IL SILENZIATORE. L’avvocato insomma anticipa già quella che sarà la strategia per evitare l’ergastolo: «Ho letto di una pistola silenziata, ma tanto per cominciare il silenziatore non è stato trovato, questa è solo una presunzione dovuta al fatto che nessuno nel palazzo avrebbe sentito gli spari. Ma una calibro 7.65 non è che faccia rumori incredibili. E se non c’è il silenziatore non c’è premeditazione».

Dalla Procura si replica che la Beretta era modificata, così come lo erano i proiettili. E dall’incrocio tra l’autopsia condotta dall’anatomopatologo Marco Di Paolo e la perizia balistica verrà tutto confermato. Peraltro il consulente al quale è stata affidata la perizia balistica, Paride Minervini, ha già consegnato una prima relazione in cui l’esperto spiega come quei tre proiettili siano stati modificati con un trapano, in modo da renderli maggiormente offensivi. Proiettili la cui stessa detenzione è proibita.

ALTRI REATI. La dottoressa Marrara si limita a confermare di aver già deposto una contestazione in materia di modifica di armi con silenziatore, di averne una già pronta per detenzione e porto di munizioni illegali. E di prepararne un’altra a breve per l’incendio (reato aggravato dall’orario notturno) che dall’appartamento avrebbe potuto estendersi all’intero palazzo rischiando di fare molte altre vittime.

LA DROGA. Non solo. Tra le cose da accertare una volta per tutte c’è il movente. Longo ha raccontato di essere andato a casa di Hamdi alla mezzanotte di lunedì 20, per riprendersi il telefonino che l’amico ed ex fornitore di eroina gli aveva sottratto. Possibile uccidere per un cellulare? O per quel debito di circa seicento euro che Longo aveva con Hamdi e per il quale il tunisino si era preso il telefonino? Secondo gli investigatori no, perché sullo sfondo di tutta questa storia c’è in qualche modo la droga. Longo ha ammesso di aver fatto uso di eroina ma solo in passato, droga che gli procurava lo stesso Hamdi. Ma il dubbio è che quel debito di 600 euro fra i due fosse maturato ancora per le forniture di eroina. Hamdi si sarebbe preso il telefonino come pegno per quel pagamento. Viene anche escluso che quel cellulare fosse prezioso in quanto contenesse informazioni particolari. Ma, anche in questo caso, lo si esclude pur continuando gli accertamenti sull’apparecchio. La domanda quindi al momento resta: Longo ha ucciso per il telefonino e per quel debito? Per chi indaga, no. O almeno, non solo. Si sospetta infatti che Longo cercasse altra droga, che non avesse mai smesso di fumare eroina nemmeno ora che lavorava come guardia giurata. Su questo punto, peraltro, la Procura sta eseguendo controlli paralleli all’indagine madre.

UN QUADRO DIVERSO. C’è di più: si sospetta che non sia andata esattamente come Longo lo ha raccontato agli amici e poi al pm quando ha detto di aver sparato ad Hamdi mentre questi era in piedi, salvo poi allestire la messinscena del braccio sinistro legato al letto e delle monete da 20 centesimi poste sugli occhi della vittima. Dalle indagini comincia a emergere un quadro diverso, con Longo che prima immobilizza l’amico sotto la minaccia di sparargli, lo lega, gli chiede di confessare qualcosa. Magari dove è nascosta la droga. Dopodiché, non ottenendo risposte, lo uccide. Poi cerca di recuperare due delle tre ogive, quelle penetrate nel torace. Non solo con il coltello, ma anche con la cover del cellulare. Infine, come ha raccontato Longo al pm, il vigilante copre il corpo di Hamdi con alcuni pezzi di carta e dà fuoco a tutto.

DEPISTAGGI. Alle 4 Longo esce e torna a Venturina senza dire nulla alla compagna. L’indomani chiama l’ex moglie di Hamdi, Vivet Mone (26 anni, albanese che vive sin da piccola a Piombino). Lei non sente il telefono e lui le manda un messaggio di cordoglio: «Vivet cazzo ho saputo cosa é successo…ODDIO! ti abbraccio forte condoglianze! Che mazzata!». Questo martedì alle 22,15. Giovedì Longo rivela tutto ad alcuni amici, ai quali chiede di nascondere ogiva e bossoli. Venerdì sera viene arrestato mentre va dall’estetista. Confessa e finisce alle Sughere.

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Premeditazione: avvocato e pm affilano le armiultima modifica: 2017-11-29T11:30:57+01:00da sagittario290