Quelle richieste compromettenti dell’assessore e del capo dei vigili

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Cronaca

28 luglio 2017

Quelle richieste compromettenti dell’assessore e del capo dei vigili

Il comandante della polizia locale Antonio Barbato e il consigliere comunale Franco D’Alfonso negli atti dell’indagine sul «facilitatore» degli imprenditori di una cosca

di Luigi Ferrarella

Uno — Franco D’Alfonso, ex assessore comunale al Commercio nella giunta Pisapia e ora consigliere comunale delegato dal sindaco Sala al Bilancio della «Città Metropolitana» (l’ex Provincia di Milano) — è stato indagato, e poi stralciato in via di archiviazione, per aver chiesto voti alle prossime Regionali a un imprenditore, interessato a un bar all’Idroscalo di Milano e presentatogli da un ex sindacalista che i pm accusano di concorso in associazione a delinquere con imprenditori contigui al clan catanese Laudani. L’altro, Antonio Barbato comandante della Polizia Municipale di Milano, è stato invece interrogato come teste sull’aver accettato dal medesimo intermediario l’idea (poi non attuata) che il vigilantes di una società privata, interessata a gare del Comune, gli facesse il favore di pedinare un vigile-sindacalista suo «nemico». Queste due storie, sinora mai trapelate dalle indagini dei pm Boccassini e Storari, compaiono ieri solo per l’obbligato deposito degli atti al processo immediato ordinato dal gip Giulio Fanales agli arrestati del 15 maggio (tra cui i titolari della Securpolice vigilante il Tribunale di Milano e alcuni supermercati Lidl).

Un ex sindacalista Uil che per i pm procurava contatti politici ai mafiosi, Domenico Palmieri, il 7 giugno spiega ai pm un’intercettazione ambientale del 3 aprile con D’Alfonso, al quale aveva presentato l’imprenditore Arcangelo Giamundo interessato a un bar all’Idroscalo: «Effettivamente D’Alfonso ci chiede di preparare un progetto che si impegna a lasciar fuori per soli 15 giorni e (ci dice, ndr) che, se nessuno si fosse presentato in quei giorni, la gara sarebbe stata affidata a Giamundo». In cambio di che? «D’Alfonso era interessato alle elezioni regionali» e «chiese a Giamundo di metterlo in contatto con le liste civiche presentatesi in precedenti elezioni in Brianza» perché lì «non aveva una base elettorale forte». L’imprenditore nell’intercettazione assicura che «i miei dipendenti, quando gli dico di cimentarsi un attimino, lo fanno volentieri», e Palmieri chiosa poi ai pm: «Giamundo disse a D’Alfonso che poteva garantire un certo pacchetto di voti». I due non sono però tra gli indagati di ieri, segno di una archiviazione di D’Alfonso dovuta alla distanza delle regionali 2018 rispetto a una generica promessa azzerata dall’arresto di Palmieri dopo un mese.

Era stato sempre Palmieri a presentare al comandante dei vigili l’imprenditore della sicurezza privata Fazio, che con Barbato discute di gare del Comune. Con una peculiarità: «Palmieri — risponde Barbato ai pm su un’intercettazione del 30 marzo — mi disse che era in grado di chiedere a Fazio di seguire Cobelli (sindacalista col quale Barbato aveva un aspro contenzioso, ndr) in modo da controllare come utilizzasse le ore di permesso sindacale. Credo di avergli risposto “sì, vediamo”, o una cosa del genere. Ma poi non se ne fece più nulla». Per Palmieri, Barbato disse «se lo merita». Ma in entrambi casi, i pm trasecolano: «Senta, ma le pare normale che lei, comandante della Polizia municipale, accetti la proposta di far seguire un suo dipendente sostanzialmente dalla polizia privata di Fazio, che era comunque interessato a partecipare a gare sulla sicurezza bandite dal Comune di Milano?». «Sono consapevole — risponde Barbato — che in funzione del mio incarico non sarebbe stato conveniente nè eticamente corretto che io avessi utilizzato questo Fazio per far seguire un mio dipendente con cui vi era un contrasto, difatti anche se ho accettato la proposta di Palmieri non se ne è fatto mai niente».

http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/17_luglio_29/quelle-richieste-compromettenti-29506be0-73d8-11e7-a3f5-e19bfc737a80.shtml

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