«Bizzarri va processato per estorsione»

iltirreno

Cronaca

02 ottobre 2016

«Bizzarri va processato per estorsione»

La richiesta della Procura a carico del titolare delle “Guardie di Città”. Il caso dell’ammanco da coprire dopo il furto in sede

PISA. «Bizzarri va processato per estorsione». È la richiesta di rinvio a giudizio presentata dalla Procura nei confronti di Mariano Bizzarri Ollandini, proprietario dell’istituto di vigilanza “Corpo Guardie di Città”, accusato di aver minacciato alcuni dipendenti di licenziamento se non avessero coperto con gli anticipi del Tfr dei lavoratori un ammanco improvviso – si ipotizzava un furto nella cassaforte – di fondi appartenenti a un cliente.

Verso il processo. Nei confronti dell’imprenditore, 37 anni, residente a Pisa, e del coordinatore dei servizi dell’istituto di vigilanza, Daniele Paolicchi, 54 anni, pisano, il sostituto procuratore Antonio Giaconi ha chiesto il processo anche per falso ideologico commesso da privato in atto pubblico: avrebbero denunciato ai carabinieri lo smarrimento di documenti e assegni che, per la Procura, non è mai avvenuto.

L’udienza preliminare per esaminare le richieste del pm – i due imputati sono difesi dall’avvocato Erminia Imperio – è fissata a dicembre davanti al gup, Giulio Cesare Cipolletta.

L’accusa. Siamo nel 2013 quando dalla cassaforte dell’azienda spariscono dei sacchi intestati a un consorzio agrario di Acciaiolo. Il valore – tra soldi e assegni – è di oltre 10mila euro. L’imprenditore non presenta denuncia di furto. Cerca di risolvere il problema all’interno, rivolgendosi al personale. Tamponare la falla imprevista senza dover dire al cliente dell’ammanco diventa una priorità. Solo che l’invito a farsi carico, quota-parte, del ristoro del danno per quattro dipendenti diventa una sorta di estorsione.

I soldi vengono versati come anticipo del Tfr. Il “buco” viene coperto e la vicenda sembra finita lì. Al contrario si erano create le basi per i duelli processuali. Sullo sfondo nell’inchiesta compare un contesto di tensione poi sfociato nell’episodio del 13 agosto 2015 al Palabingo di Navacchio: Davide Giuliani, 46 anni, di Montecalvoli, guardia giurata di fatto in congedo parentale, ma in realtà messo in un angolo dal suo datore di lavoro, le Guardie di Città, ucciso da un collega, Simone Paolini, durante un tentativo di rapina. A poche ore dall’omicidio Bizzarri scrisse che «si erano verificati degli accadimenti nei quali la persona defunta era stata coinvolta e che avevano lasciato da pensare, gli avevamo fatto riconsegnare il decreto di guardia giurata, il porto d’armi e tutte le divise d’istituto quando è andato in congedo parentale».

Quegli accadimenti erano anche le sparizioni di soldi dalla cassaforte. Quattro dipendenti – di lì a poco diventati ex – querelano Bizzarri sostenendo che sotto la minaccia del licenziamento sono stati costretti a versare parte della liquidazione per sanare il buco. È la squadra mobile a ricevere le denunce. E con le carte arrivano anche le registrazioni ambientali delle conversazioni tra imprenditore e presunte vittime dell’estorsione. Nell’aprile 2014 c’è anche un sequestro di documenti nella sede del “Corpo Guardie di Città”.

Licenziamento e querele. L’inchiesta è arrivata al bivio dell’udienza preliminare. Nel corso delle indagini, però, altri elementi sono apparsi sulla scena per mettere a fuoco quelli che erano rapporti e tensioni tra le parti.

Uno dei quattro che avevano denunciato Bizzarri nell’ottobre 2013 era stato licenziato per giusta causa. Motivo? Si era tenuto diverse migliaia di euro dei canoni dei clienti dell’istituto ed è in corso un procedimento penale per appropriazione indebita. Gli altri tre non avevano ottenuto il rinnovo dei contratti a termine nell’arco del 2013. E il malessere contro l’azienda era stato manifestato su social e di persona. Tanto da far partire una serie di querele per calunnia, minacce e diffamazione.

Pietro Barghigiani

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