È la “banda dei blindati” la nuova Anonima della criminalità isolana

Cronaca

10 luglio 2016

È la “banda dei blindati” la nuova Anonima della criminalità isolana

“E’ uno degli aspetti più seri della criminalità sarda di questi anni. Ha modificato, non solo nell’immaginario collettivo, la figura del criminale: prima si era sequestratori, adesso rapinatori di blindati”. Così il dirigente della squadra mobile di Cagliari, Alfredo Fabbrocini, descrive il “nuovo volto” del criminale sardo, la trasformazione che ha portato quelli che erano definiti gli specialisti dei sequestri di persona a diventare esperti negli assalti ai portavalori.

A colpi di kalashnikov

Un’analisi a poco più di una settimana dal colpo fallito lungo la Statale 130 a Musei dove un commando composto da almeno otto persone ha tentato di rapinate un portavalori della Vigilanza Notturna per portare via un milione di euro. Un gruppo che non ha esitato a sparare 25 colpi di kalashnikov contro la polizia stradale, mentre decine di automobilisti abbandonavano le auto in strada e fuggivano a piedi terrorizzati.

“Per contrastare il fenomeno degli assalti ai portavalori c’è un notevole impegno investigativo – ha evidenziato Fabbrocini – un’azione di contrasto che vede impegnate le procure ordinarie, la Dda e tutte le componenti investigative per arginare questa forma di criminalità e renderla poco conveniente sotto tutti gli aspetti”.

I sequestri? Rischiosi e “antieconomici”

E proprio nella “convenienza” che si nascondono le ragioni del cambiamento della criminalità. Con il passare degli anni, i sequestri di persona sono diventati molto rischiosi e poco remunerativi se si pensa alla gestione dell’ostaggio, alla durata, al possibile guadagno e all’eventuale condanna inflitta in caso di cattura e processo (fino a dici anni di reclusione). Di conseguenza un certo tipo di criminalità ha scelto la strada non certamente più facile, ma sicuramente più vantaggiosa, dell’assalto al portavalori che in caso di successo garantisce in pochi minuti bottoni milionari. Lo conferma l’assalto alla sede della Mondialpol Sardegna di Sassari con un bottino di oltre 11 milioni di euro nel marzo scorso, in azione un commando composto da almeno 13 persone specializzate negli assalti ai portavalori, il colpo da mezzo milione di euro a Bonorva a settembre dello scorso anno o quello da oltre cinque milioni di euro a marzo del 2014 lungo la Statale 131 a Serrenti.

La pianificazione degli assalti

Ogni colpo, almeno da quanto emerge dalle indagini di polizia e carabinieri, viene pianificato a lungo e preparato nel dettaglio. Nel corso del tempo vengono recuperate le armi, i mezzi – alcuni vengono rubati molti mesi prima e rimangono in “letargo” in qualche deposito – viene scelto il luogo in cui colpire e studiata ogni possibile via di fuga, analizzando anche i “tempi di reazione” delle forze di polizia. Una progettazione lunga, quindi, dove il “fattore umano”, la classica “soffiata” spesso è fondamentale.

“E’ sicuramente un aspetto importante – dice il dirigente della Mobile di Cagliari – i criminali possono certamente lavorare al buio, ma con la giusta informazione il grado di difficoltà di un colpo e i rischi si abbassano notevolmente”.

Ci sono poi elementi che i banditi non possono pianificare, come l’auto della polizia stradale del distaccamento di Carbonia arrivata sulla Statale 130 a Musei per un normale controllo che ha mandato in fumo il colpo di pochi giorni fa. Variabili che i rapinatori mettono in preventivo nel momento in cui imbracciano il kalashnikov o fanno saltare il furgone blindato, sanno bene che dentro il portavalori ci sono guardie armate pronte a rispondere al fuoco. Un rischio che, quindi, sono disposti a correre come hanno fatto i componenti del commando di Musei, arrivati a prendere uno dei vigilantes in ostaggio. “Sapevano come operare – si è lasciato sfuggire il dirigente della Mobile descrivendo l’azione dei banditi – erano esperti, non erano alla prima esperienza in materia”.

Manuel Scordo

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