Cronaca
20 aprile 2016
«Vigilante violento»: via pistola e lavoro. Ma il Tar glieli ridà
Guardia giurata sospesa dal servizio dopo la lite con la vicina. I giudici condannano Prefettura, Questura e Asl a risarcirla
MANTOVA. Tutto per i cattivi rapporti con con la vicina di casa che, al termine dell’ultima lite, gliel’aveva promessa: «Ti faccio togliere il porto d’armi, ti faccio perdere il lavoro». Una battuta detta in un momento di rabbia che nel giro di qualche mese si è realizzata. E la guardia giurata, un 62enne che abita in città e lavora da anni per una società di vigilanza privata, è stata inghiottita in una sorta di incubo.
Il solo sospetto che si trattasse di persona «intollerante, iraconda, facile all’ingiuria e ai modi minacciosi» – come osserva una relazione finita sul tavolo della divisione anticrimine della Questura – hanno proiettato il vigilante davanti a una commissione dell’Asl per un test della personalità, un esame definito “neuropsicologico”. Il risultato: il vigilante è stato giudicato non idoneo per il porto d’armi, sulla base di un test somministrato da una psicologa. Di qui, con un prevedibile effetto domino, è stato sospeso dal lavoro, ha perso per mesi lo stipendio, rischiato lo sfratto e ha avuto addirittura problemi a garantire un decoroso livello di vita alla propria famiglia.
La situazione, che a lungo andare avrebbe potuto risolversi nella perdita definitiva del posto di lavoro – rimarchevole il comportamento del datore, la Axitel, che lo ha solo sospeso dal servizio (per forza di cose, non avendo più l’arma) anziché licenziarlo – è stata ribaltata dalla sentenza del Tribunale amministrativo regionale. I giudici della prima sezione di Brescia hanno accolto il ricorso, annullato la revoca del porto d’armi e condannato Prefettura, Questura, Ministero dell’interno e Asl a risarcire il danno. Conclusione: la guardia ha riavuto la sua arma, è stata riammessa al servizio e ha avuto un riconoscimento di 10mila euro e in più le spese legali. «Stiamo valutando un eventuale risarcimento in sede civile» fa sapere il difensore, avvocato Luca Faccin, pienamente soddisfatto dell’esito del ricorso.
Alla sentenza favorevole alla guardia giurata i giudici del Tar sono arrivati dopo aver riscontrato delle imperfezioni nell’iter istruttorio intrapreso dalla pubblica amministrazione. In particolare laddove in un test somministrato da una psicologa dell’Asl alla guardia vengono attribuiti dei “disturbi di personalità” in base ai quali è scattata la procedura di revoca del porto d’armi e tutto quello che ne è seguito.
La valutazione, redatta nel settembre di due anni fa, tratteggia un profilo della guardia impietoso: «Caratteristico della persona narcisistica, autoindulgente, impulsiva e con scarsa tolleranza alle frustrazioni, tendenzialmente ostile, con scarso interesse per i valori e le regole sociali, con rischio alcolismo, mancante di empatia e incapace di legami interpersonali profondi».
Non è finita. Nel profilo psicologico si parla anche di «tratti di cinismo, problemi con le autorità, tensione e ostilità, impazienza con insofferenza alle norme e abitudini sociali e familiari; alienazione sociale e tendenza alla manipolazione; valutazione irrealistica di sè (ipertrofia dell’io)…. Il verdetto psicologico: «Disturbo narcisistico e antisociale con tendenza all’impulsività e azione». È chiaro a cosa potesse portare una simile valutazione. Ma il profilo è stato cancellato dal consulente del Tar, uno psichiatra che ha escluso «che l’interessato soffra di disturbi narcisistico e antisociale» come dice la sentenza.
Per i giudici il test del consulente è «credibile in quanto svolto da uno specialista medico psichiatra… l’esito di una visita psichiatrica assai approfondita… esclude espressamente… che l’interessato soffra dei citati disturbi narcisistico e antisociale».
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