Già venduta una tela rapinata a Verona

MattinoPadova

Cronaca

05 aprile 2016

Già venduta una tela rapinata a Verona

Colpo al museo di Castelvecchio, le intercettazioni rivelano l’avvenuta cessione di uno dei 17 capolavori da parte dei moldavi

di Giorgio Cecchetti

VENEZIA. Gli investigatori italiani ancora non hanno stabilito dove siano i 17 dipinti rapinato al Museo di Castelvecchio di Verona, ma hanno una certezza: uno dei capolavori trafugati non sarebbe più custodito in Moldavia, anzi sarebbe stato già venduto, tanto che gli italiani del gruppo avrebbero dovuto volare a Chisinau, la capitale, per ritirare dai complici moldavi i primi centomila euro della vendita. Sono le intercettazioni a rivelare questa circostanza, trascrizioni che in parte sono finite nella documentazione inviata dalla Procura di Verona al Tribunale del riesame di Venezia presieduto dal giudice Angelo Risi. E i magistrati veneziani, nei giorni scorsi, hanno accolto soltanto uno dei ricorsi presentati dagli indagati finiti in manette: è stato, infatti, scarcerato il moldavo Vasile Cheptene, mentre restano in carcere la guardia giurata Francesco Silvestri, il gemello Pasquale, l’altro italiano Denis Damaschin e il moldavo Victor Potinga. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Cheptene guidava una Renault Clio mentre Potinga era al voltante di una Trafic. Per i giudici del Riesame, però, gli indizi nei confronti del moldavo liberato non sono sufficienti e gravi. Per gli altri, invece, le prove hanno resistito, in udienza c’era anche il pm Gennaro Ottaviano.

Gli autori del colpo, dunque, sono al sicuro, in parte in Italia in parte in Moldavia, ma purtropopo i capolavori di Mantegna, Bellini, Pisanello, Rubens, Jacopo e Domenico Tintoretto e altri non sono ancora stati rintracciati: gli investigatori, infatti, avrebbero ricostruito passo a passo la banda, dal furto alla fuga in Moldavia grazie alle telecamere della città di Verona e alle intercettazioni, solo fino ad un certo punto. Fino alla casa di uno degli arrestati, poi ne hanno perso le tracce, erano stati nascosti per oltrepassare le frontiere all’interno di scatoloni – in apparenza contenitori di televisori – da far arrivare in Moldavia. Poi, da quella casa sono stati spostati e non si conosce il luogo dove siano finiti. Il basista e l’ideatore del colpo sarebbe stato la guardia giurata che lavorava all’interno del museo Francesco Silvestri, mentre ora il fratello e la moglie moldava Svitlana Pkachuk (ai domiciliari) avrebbero cominciato a collaborare, riferendo particolari importanti, ma non sarebbero a conoscenza del luogo dove i quadri sono stati nascosti. Il timore degli inquirenti è che il quadro venduto sia finito nelle mani di un collezionista russo e, in questo caso, sarebbe davvero difficile recuperarlo. Ma c’è un altro sospetto, quello che tutti i dipinti siano stati passati ad un gruppo di mafiosi russi.

La sera del 19 novembre scorso erano tre i banditi che, attorno alle 19.30, avevano fatto irruzione nella rocca di Castelvecchio, sulle rive dell’Adige, nel pieno centro di Verona, legando immobilizzando la cassiera e la guardia giurata. Dopo aver staccato una per una le 17 opere d’arte dalle pareti dell’esposizione, le avevano caricate proprio sull’auto di Silvestri, e con questa erano fuggiti senza lasciare traccia. Dalle dichiarazioni contraddittorie della guardia giurata hanno preso avvio le indagini. Un particolare ha destato da subito i sospetti degli inquirenti: perché la cassiera, con un arto artificiale, era riuscita agevolmente a liberarsi, mentre Silvestri aveva raccontato di essere stato del tutto immobilizzato? Il furto aveva scatenato le polemiche sulla sicurezza all’interno di uno dei musei più importanti d’Italia, e la notizia aveva fatto il giro del mondo.

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