Assalto al portavalori sull’A8: tutti i compiti degli “uomini d’oro”

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Cronaca

30 novembre 2015

Assalto al portavalori sull’A8: tutti i compiti degli “uomini d’oro”

Mente e manovali della grande rapina: i giudici hanno spiegato i ruoli svolti nell’assalto al portavalori sull’A9

di PAOLA PIOPPI

Como, 30 novembre 2015 – La testimonianza di Massimiliano Milano è credibile, difficilmente confutabile in virtù dei numerosi riscontri e conferme che ne sono derivati, e tale da poter indicare Antonio Agresti come uno degli organizzatori e partecipanti della rapina commessa l’8 aprile 2013 sull’autostrada A9, all’altezza dello svincolo di Turate. Un assalto ai blindati portavalori da oltre dieci milioni di euro in lingotti d’oro, per il quale il quarantaquattrenne, pugliese di Andria, il 23 dicembre di un anno fa, era stato condannato a 20 anni di carcere con rito abbreviato a Como. Condanna confermata il 16 luglio scorso, quando i giudici della Terza Sezione Penale della Corte d’Appello di Milano, hanno accolto la richiesta del sostituto procuratore generale Tiziano Masini.

Milano è stato, nel corso delle indagini, il fondamentale e unico testimone che ha collaborato alle indagini della Squadra Mobile di Como, coordinate dal sostituto procuratore Antonio Nalesso, rivelando una serie di dettagli, circostanze e nomi che avevano portato all’individuazione degli unici due indagati per questo assalto: da un lato Agresti, ritenuto a capo di una delle due batterie da sei uomini l’una, arrivate dalla Puglia con le armi. Dall’altro Giuseppe Dinardi, 52 anni di Cologno Monzese, che ha invece scelto il dibattimento, andando incontro a una condanna a 30 anni di carcere. Accuse che entrambi rigettano: i motivi del ricorso presentato dalla difesa di Agresti, partivano proprio dalla mancanza di credibilità di Massimiliano Milano, ex braccio destro di Dinardi, ritenuto contradditorio, non veritiero e con secondi fini. Ma i giudici milanesi – Ada Carla Rizzi, Jole Milanesi e Piero Gamacchio – hanno ritenuto invece genuine e fondanti le sue testimonianze, aggiungendo nelle motivazioni della condanna, una serie di certezze che, nella sentenza di primo grado, si erano limitate ad essere considerate ipotesi più che coerenti. Come il biglietto sequestrato ad Agresti nell’agosto 2014, trovato nel suo portafogli dalla polizia durante una perquisizione. L’appunto diceva «Grammi 6048 di oro, euro 181.440, 12 persone: ci sono 12 parti da 15.100 euro». Secondo i giudici, può essere riferibile solo alla spartizione «fra i pugliesi che avevano preso parte alla rapina, di un lingotto da sei chili». L’informazione che le squadre di pugliesi erano due composte di sei persone ognuna, arriva ancora da Milano, ignaro dell’esistenza di quel biglietto.

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