Maxi rapina a Nuoro, caccia ai 3 milioni mancanti

Cronaca

10 settembre 2015

Maxi rapina a Nuoro, caccia ai 3 milioni mancanti

La Finanza cerca le tracce del bottino mai recuperato del colpo alla Over Security nel 2006. I Ledda: «I nostri conti sono tutti giustificati»

di Valeria Gianoglio

NUORO. E ora parte la caccia ai tre milioni e 300mila euro che da nove anni, dal giorno del maxi colpo alla Over security, mancano ancora all’appello.

Perché i 104mila euro che la Guardia di finanza nuorese ha sequestrato in queste ore ai familiari di Mosè Ledda, l’ex guardia giurata nuorese condannata in via definitiva come basista e che ha già scontato la sua pena, sono finora gli unici beni dei 3 milioni e 400mila euro complessivi che lo Stato è riuscito a sottrarre e a congelare nella prospettiva di una futura confisca.

Le carte della Finanza. Gli unici beni che secondo le Fiamme gialle fanno parte di un bottino ben più consistente. Tre milioni e trecentomila euro, dunque, che ancora mancano all’appello. Spariti, volatilizzati, scomparsi dal 23 maggio del 2006, insieme al commando di banditi che aveva ideato il colpo all’istituto di vigilanza di via Dessanay. Gli uomini del nucleo tributario della Guardia di finanza nuorese, con il colonnello Fabio Mattei e il capitano Pasquale Pellecchia, in queste ore stanno ripercorrendo, atto per atto, tutto il faldone relativo all’inchiesta sul maxi-colpo aperta a suo tempo.

A nove anni dal colpo milionario alla Over security la Guardia di finanza blocca i beni dei familiari del basista Mosè Ledda

È da lì, del resto, che hanno scovato i dati che poi sono serviti per ottenere dal gip Mauro Pusceddu il decreto di sequestro preventivo dei beni dei Ledda. Era tutto giù nelle carte, insomma, bisognava solo leggerle con più attenzione e fare controlli più approfonditi.

Ma il prossimo passo, adesso, di questa inchiesta che è stata ufficialmente riaperta e che ha ripreso vigore dopo anni di calma piatta, è di quelli che richiedono uno sforzo ancora più impegnativo, insieme a una grande dose di fortuna: bisogna trovare il resto del bottino, e farlo a distanza di nove anni non sarà certo uno scherzo. Che fine hanno fatto gli altri tre milioni e quattrocentomila euro rapinati all’istituto di vigilanza Over security?

Il bottino spartito. Se è vero, come la stessa Procura e il pm Giorgio Bocciarelli ritengono, che il gruppo criminale fosse costituito da quattro uomini, oltre al quinto e presunto basista, Mosè Ledda, ognuno di loro ha avuto una quota di bottino pari a settecentomila euro. Se così fosse, anche lo stesso Ledda, negli anni, sarebbe riuscito a nascondere la parte più grossa della sua quota. In ogni caso, la stessa Finanza lo ha spiegato per bene, l’ex guardia giurata dopo aver scontato la sua condanna a otto anni e sei mesi, non può più essere giudicato per lo stesso fatto. Nella procedura penale esiste il principio del “ne bis in idem”, non si può essere giudicati due volte per lo stesso episodio. Ma resta anche il fatto che se si trovassero i soldi, in ogni caso, le Fiamme gialle potrebbero sicuramente metterci le mani anche a distanza di anni, e restituirli così ai loro legittimi proprietari o incamerarli al patrimonio dello Stato.

Il decreto del gip. Certo è che, come scrive il gip Mauro Pusceddu nel decreto di sequestro preventivo notificato agli indagati accusati di riciclaggio, «dalle informazioni a disposizioni , in parte desunte dal contenuto della sentenza, e in parte acquisite a seguito degli accertamenti bancari svolti, emerge inequivocabilmente come, nel 2007, l’ingente provvista di denaro contante a disposizione del Ledda Mosè Giuseppe sia stata utilizzata per l’apertura, in capo a vari soggetti appartenenti alla sua sfera familiare, di differenti rapporti bancari, tutti interessati da una serie di correlate ed eterogenee movimentazioni finanziarie. è verosimile che dette operazioni finanziarie, avvenute nella maggior parete dei casi nel corso del 2007, e in qualche sporadico episodio, anche nel 2008, debbano essere ricondotti, poiché non altrimenti giustificabili, alla rapina perpetrata in danno della Over security».

I Ledda si difendono. I Ledda, dal canto loro, hanno una visione ben diversa della vicenda, e attraverso i loro avvocati, Mario Lai per i genitori di Mosè Ledda, e Angelo Magliocchetti per il fratello di Mosè e per la cognata, spiegano, in sistanza che «Tutti i loro conti e versamenti di denaro sono giustificati», e sono pronti a mostrarli anche agli inquirenti, non appena ne avranno la possibilità.

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