Corte d’appello, sicurezza all’anno zero

LaNuova

Cronaca

18 aprile 2015

Corte d’appello, sicurezza all’anno zero

Niente metal detector o tornelli, solo due guardie giurate. Il pg Claudio Lo Curto al ministro: «In Italia nessuno come noi»

di Andrea Massidda

SASSARI. Nessun sistema di videosorveglianza, nessun metal detector, nessun controllo sull’identità delle tantissime persone che entrano o escono, nemmeno una verifica a campione. La sede della Corte d’appello di via Budapest – uno dei luoghi più sensibili della Sardegna, non foss’altro perché la sua competenza territoriale si estende anche ai tribunali di Nuoro e Tempio Pausania – è meno protetta di un porticciolo turistico. Persino nei giorni in cui si tengono le udienze chiunque può girovagare indisturbato nelle aule, tra gli uffici dei magistrati o in quelli del personale amministrativo. Ma volendo può persino arrivare al quarto piano per presentarsi direttamente davanti alla stanza del procuratore generale della Repubblica. Tutto senza che una guardia in divisa gli chieda dove sia diretto, che cosa desideri e neanche di esibire un tesserino.

La situazione è serissima, segnalata da tempo al ministero della Giustizia, ma naturalmente la strage di una settimana fa a Milano l’ha riportata alla ribalta. Tanto che giovedì scorso l’avvocato generale Claudio Lo Curto, massima autorità del presidio giudiziario sassarese, è volato a Roma, dove nella sala di via Arenula intitolata al magistrato Rosario Livatino (assassinato dalla mafia nel 1990) ha incontrato il ministro Andrea Orlando e gli altri procuratori generali di tutta Italia proprio per parlare di sicurezza. «Ho atteso pazientemente il mio turno – racconta mentre carica di tabacco la pipa – e poi ho fatto il punto sulla Corte d’appello di Sassari, lasciando un po’ tutti a bocca aperta. In effetti gli altri colleghi chiedevano dei rafforzamenti qua e là, ma nessuno come me si è trovato nelle condizioni di sottolineare che, per quanto riguarda la sicurezza, la sede che dirige è di fatto all’anno zero, sprovvista di telecamere, tornelli o bussole. Ho anche fatto notare – continua Lo Curto, il quale negli anni Ottanta istruì il maxiprocesso alle cosche insieme con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino – che in una procura come quella di Tempio abbiamo situazioni delicate, assolutamente da risolvere. Finora ci siamo sempre sentiti rispondere che non ci sono soldi, vediamo adesso cosa accadrà».

Il Comune anticipa ogni anno le spese per la sicurezza dei presidi giudiziari sassaresi e nel 2014 ha speso per la Corte d’appello appena 176mila euro. L’edifico – che ospita anche il Tribunale di sorveglianza – al momento è difeso soltanto da due guardie giurate in forza alla Coopservice, società emiliana che si è aggiudicata l’appalto triennale nel 2013. Vigilantes armati che tuttavia si limitano a osservare chi passa, senza mai chiedere i documenti. Tanto è vero che quattro giorni fa il dirigente amministrativo Grazia Maria Righi ha scritto alla cooperativa (e per conoscenza al Comune) per sollecitare il riconoscimento di chi accede agli uffici attraverso la verifica delle tessere d’iscrizione all’Ordine degli avvocati e dei praticanti, e per il pubblico della carta d’identità. «Una procedura prevista dal capitolato – conferma Davide Zolezzi, dirigente del settore Patrimonio e Contratti del Comune – e che quindi dovrà essere eseguita». A partire dal prossimo settembre, la gestione della sicurezza nelle sedi giudiziarie italiane sarà curata direttamente dal ministero della Giustizia.

Nell’attesa di una svolta in via Budapest (ma anche nella sede del Giudice di Pace) si lavora con la speranza che non accada mai nulla di grave. «I nostri timori – spiega il magistrato Plinia Azzena, presidente di Sezione – non sono necessariamente legati all’azione di un pazzo, è intollerabile anche che una persona arrivi nei nostri uffici per minacciarci o protestare». Salvatore Saba, funzionario della Corte d’appello e sindacalista nazionale, avverte. «Finchè non si capirà che a ogni euro di tagli oggi ne corrisponderanno 100 di spesa in più domani, la situazione non potrà che peggiorare».

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