«Mi diceva: papà sto gelando, toccami che sto morendo»

Cronaca

domenica 8 febbraio 2015 – 12:30

«Mi diceva: papà sto gelando, toccami che sto morendo»

«Mi diceva ”papà, sto morendo dal freddo. Tocca le mie braccia, sono congelate. Non riesco neppure a muovere le mani”.

Ed io gliele stringevo quelle mani, fredde come il ghiaccio. E invocavo aiuto, chiedevo di spostare la barella di mio figlio lontano da quella finestra rotta, dalla quale arrivava il gelo della notte. Fino a quando non ho fatto il pazzo, ho urlato e poi ho chiamato la polizia».

Vincenzo Biancolino, 64 anni di cui 40 in servizio alla Peroni, racconta l’agonia e la morte di suo figlio Ernesto, 34 anni, autista precario, padre di un bimbo di sette anni, morto nella rianimazione del San Giovanni Bosco all’alba di giovedì scorso. Denuncia. Accusa. Rievoca le 72 ore trascorse da Ernesto su una lettiga fino alla corsa, disperata e inutile, in rianimazione dalla quale Ernesto non è più uscito vivo.

«Sono state dette cose imprecise. Per esempio che abbiamo rifiutato il ricovero in un’altra struttura. È vero, abbiamo detto no al trasferimento. Ma solo perchè avremmo dovuto affrontare una nuova viacrucis. E io non volevo ricominciare tutto daccapo. Radiografie, esami. Per un ricovero comunque in barella» precisa Vincenzo Biancolino.

E aggiunge: «E poi è stato detto che mio figlio aveva altre patologie. Ma un po’ d’ansia mica provoca la morte per soffocamento? Nè l’alterazione delle transaminasi può uccidere un ragazzone di un metro e 80. La verità è che me l’hanno ucciso. Ora dopo ora Ernesto è stato lasciato morire nell’indifferenza. E l’autopsia ci darà ragione».

E l’avvocato Angelo Pisani, che col fratello Sergio assiste la famiglia Biancolino, rilancia: «La tragedia di Ernesto è la chiara dimostrazione di una rete dell’assistenza sanitaria che, invece di somministrare cure, può trasformarsi in autentiche forme di tortura, con un trattamento disumano degli ammalati. La magistratura farà luce sui veri responsabili e in tal senso sono già partite tutte le indagini difensive. Ma fin da subito va denunciato un sistema sanitario che nel suo complesso in Campania offre drammatiche prove di inefficienza assoluta e spaventosa inadeguatezza. E questo, nonostante l’impegno, che talora sfiora l’eroismo, di tanti medici e infermieri di trincea».

Ma ritorniamo al papà di Ernesto. Il suo racconto è un fiume in piena. Dice: «Quella notte la polizia arrivò. Ma nel frattempo qualcuno spostò la barelle di mio figlio dalla finestra. L’agente stilò un verbale. Poi si avvicinò alla finestra un cu vetro rotto era coperto da un cartone e disse: ”mammamia, sembra la Siberia”. Ebbene, se ci sarà un processo quel poliziotto deve venire a testimoniare. Deve raccontare del freddo di quella notte».

Poi invoca giustizia. «La voglio. La pretendo. Per mio figlio che mi implorava con gli occhi di aiutarlo. E per tutti quelli che verranno dopo di lui. Perchè non accada mai più che una persona venga trattata al pari di una bestia. E lasciata morire così come è morto Ernesto». Infine Vincenzo Biancolino ricorda l’ultima immagine che ha di suo figlio.

«Aveva gli occhi sbarrati, faticava a respirare, gli mancava l’aria. Mi stringeva forte la mano. Poi lo hanno portato via, in rianimazione. Prima di comunicarci della sua fine hanno chiamato le guardie giurate. Sapevano di avere la coscienza sporca e temevano che noi familiari di Ernesto avremmo spaccato tutto. Ma noi siamo gente perbene. E la giustizia arriverà dai giudici».

http://www.ilmattino.it/NAPOLI/CRONACA/pap-amp-agrave-sto-gelando-sto-morendo/notizie/1168989.shtml

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