I lavoratori della Nes sono costretti a turni massacranti

Cronaca

10 aprile 2014

I lavoratori della Nes sono costretti a turni massacranti

Dopo lo scandalo, alcuni dipendenti se ne sono andati I sindacati impegnati a trovare al più presto una soluzione

di Paola Dall’Anese

BELLUNO. Anche a Belluno non mancano i problemi causati dallo scandalo che ha investito la North East Service (Nes), l’istituto di vigilanza trevigiano legato a Luigi Compiano.

L’onda lunga dell’inchiesta giudiziaria e la messa in amministrazione straordinaria dell’impresa ha infatti portato a una riduzione del personale, con il conseguente aumento del carico di lavoro sui dipendenti rimasti, costretti a turni di 12 o 13 ore, invece delle 7 previste per contratto. Una situazione che rischia di mettere a repentaglio l’incolumità stessa dei metronotte, che magari si trovano a fare i giri notturni delle aree sotto controllo dopo poche ore di sonno.

La situazione inizia a diventare pesante, con i lavoratori che chiedono un aiuto, prima che la situazione precipiti.

«All’inizio la Nes disponeva di 640 dipendenti, 12 dei quali occupati a Belluno», precisa Stefano Calvi, segretario della Fisascat Cisl, uno dei sindacati che segue la vicenda territoriale. «Dopo l’inchiesta giudiziaria, nel Trevigiano hanno chiuso alcuni servizi, trovandosi con esuberi e mettendo quindi in cassa integrazione quasi 400 persone. Nella nostra provincia, invece, alcuni lavoratori hanno deciso di lasciare spontaneamente il loro impiego, cercando posti più sicuri in altre società. Alla fine alla Nes sono rimasti in otto», .

«Non potendo l’azienda assumere, perché in amministrazione straordinaria, i vigilanti rimasti si sono visti costretti a coprire i turni e le zone dei colleghi che se ne sono andati. E così il carico di lavoro è aumentato, tanto che arrivano a fare dalle 12 alle 13 ore al giorno, invece delle sette previste», prosegue Calvi. «Come sindacato, ci staimo muovendo per far arrivare quassù qualche lavoratore del Trevigiano che è finito in cassa integrazione».

Ma il problema è che dalla pianura nessuno intende salire, se non dietro un incentivo compenso, a pagamento delle spese di trasferimento. «Stiamo cercando di mediare per ottenere questo risultato. Vogliamo dare un po’ di respiro ai dipendenti bellunesi che, per fare i metronotte, devono essere in una condizione psico-fisica equilibrata».

Una situazione che rischia di esplodere, se chi di dovere non interverrà al più presto, anche perché il lavoro di questi addetti è molto delicato. «È da un mese che stiamo lavorando affinché arrivino i rinforzi, ma ancora non ci siamo riusciti. Speriamo che l’azienda venga incontro alle richieste dei lavoratori, perché a Belluno la situazione inizia a essere poco sostenibile», conclude il segretario della Fisascat Cisl.

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