Assalto al blindato Civis «Non siamo stati noi»

Cronaca

01 marzo 2014

Assalto al blindato Civis «Non siamo stati noi»

Fiesso. I due imputati negano di aver partecipato al colpo all’Iperlando Baldan: «Ho solo affittato un garage». Nalesso: «Non sapevo delle armi»

Cristina Genesin

FIESSO. Tutti e due negano: l’assalto al blindato dell’istituto Civis davanti all’Iperlando di Veggiano la sera del 21 aprile 2012, la detenzione dell’arsenale che è stato sequestrato lo scorso novembre in un garage di Fiesso e la partecipazione all’attività del gruppo di fuoco criminale.

Uno fra loro – Cristian Baldan, 42 anni, originario di Padova, ma residente a Fiesso, difeso dal penalista Luigino Martellato – forte del fatto che, fedina penale immacolata, è incensurato e ha sempre lavorato. Ieri interrogatorio di garanzia per entrambi i sospettati, accusati di concorso in rapina pluriaggravata continuata e uso di armi automatiche da guerra importate clandestinamente: oltre a Baldan, appunto, Massimo Nalesso, 58 anni pure di Fiesso, una sfilza di precedenti e collegamenti passati alla mala del Brenta, già rinchiuso nel carcere di Venezia (difensore il penalista Ernesto De Toni).

Davanti al gip padovano Cristina Cavaggion, che aveva firmato l’ordinanza sollecitata dal pm Sergio Dini che coordina l’inchiesta sull’assalto, Baldan si è difeso, respingendo tutte le contestazioni. Nulla sapeva, ha detto, del fatto che era stata nascosta la “santabarbara” all’interno del suo garage. Nulla sapeva degli “affari” di Nalesso, conosciuto come cliente del pub che gestisce con un socio. Baldan ha snocciolato un alibi: il sabato sera del colpo al portavalori che stava riscuotendo l’incasso della giornata, lui stava lavorando come tutti i fine settimana nel suo locale. Un doppio lavoro indispensabile per arrotondare lo stipendio (è impiegato nella ditta di logistica Bartolini) e per mantenere due famiglie (ha una compagna e un figlio da un precedente matrimonio).

E Nalesso? Lo conosceva perché era un cliente del pub. E un giorno, tra una chiacchiera e l’altra, gli aveva chiesto se poteva affittargli un garage per un mese o poco più. «Non so cosa ci volesse mettere dentro…», ha spiegato al giudice, indicando i documenti da cui risulta che la cella di Vigonza avrebbe agganciato il suo telefonino nelle ore della rapina. E invitando gli inquirenti ad accertare anche gli sms che aveva inviato o ricevuto quella sera. L’avvocato Martellato ha chiesto la revoca della misura cautelare.

L’interrogatorio di Nalesso, invece, si è svolto nel carcere veneziano per rogatoria davanti al gip Scaramuzza. L’uomo ha ammesso di aver chiesto in affitto il garage, spiegando che voleva sistemare l’auto. Certo, ha confermato, un’auto rubata (si tratta di un’Audi A6 rubata da un park coperto dell’aeroporto di Venezia a una coppia che era volata in viaggio di nozze ai Caraibi). Ma non sapeva che, in quel garage di Fiesso, ci fosse un vero e proprio arsenale. Lo scorso novembre i carabinieri avevano sequestrato fucili mitragliatori, un Ak-47 che, stando agli esami balistici del Ris di Parma, esplose tre colpi durante la rapina di Veggiano, polvere pirica, varie pistole tra cui un’arma sottratta alle guardie giurate durante il colpo all’Iperlando, oltre all’occorrente per organizzare assalti.

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