Violata ogni regola internazionale. E la soluzione è ancora in alto mare La professoressa Elda Turco

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Esteri

08/02/2014 06:09

L’INTERVISTA

Violata ogni regola internazionale. E la soluzione è ancora in alto mare La professoressa Elda Turco

Bulgherini, Ordinario di Diritto della Navigazione, Università degli Studi di Roma, interviene sul caso marò

Il «caso marò» nasce in alto mare, in acque internazionali, a largo delle coste indiane. La professoressa Elda Turco Bulgherini, Ordinario di Diritto della Navigazione, Università degli Studi di Roma «Tor Vergata» e direttore responsabile della «Rivista del Diritto della Navigazione», delinea questo caso chiarificando il comportamento anomalo delle autorità indiane.

Professoressa Elda Turco, molte autorevoli istituzioni indicano che il caso Marò possa trovare una soluzione attraverso il Diritto della Navigazione, in che modo?

«Il caso dell nave “Enrica Lexie” va inquadrato nella complessa disciplina di contrasto alla pirateria marittima che, negli ultimi anni, si è intensificata in alcune aree del mondo, in particolare nelle acque prospicienti la Somalia, il Nigeria, l’India, ecc. Il contrasto alla pirateria è disciplinato dalla Convenzione di Montego Bay del 1982 delle Nazioni Unite (UNCLOS), considerato il principale testo normativo di riferimento del diritto internazionale del mare. Il fatto che ha coinvolto i marò è avvenuto nelle acque internazionali (oltre le 20 miglia dalla costa indiana) e la Convenzione stabilisce che, nell’ipotesi di pirateria in alto mare, ciascuno Stato possa intervenire per reprimere, in base alla normativa nazionale, gravi crimini commessi da qualsiasi nave, indipendentemente dalla nazionalità della bandiera della nave e dei responsabili. Se l’attacco di pirateria fosse avvenuto entro le 12 miglia, ovvero nelle acque territoriali indiane, la repressione degli atti di pirateria sarebbe stata, in via esclusiva, lasciata allo Stato costiero, ovvero all’India. Peraltro il codice della navigazione italiano prevede il reato di pirateria e le azioni di contrasto».

Quali sono le iniziative assunte dalla Comunità internazionale di contrasto alla pirateria?

«Le Nazioni Unite dal 2008 hanno emanato una serie di importanti risoluzioni che prevedono, ad esempio nel golfo di Aden, l’uso della forza da parte di Stati esteri contro i pirati non solo in alto mare, ma in deroga alla Convenzione di Montego Bay, anche all’interno delle acque territoriali somale, con il consenso dello Stato costiero che non è in grado di provvedere da solo alle attività di contrasto. Anche l’Unione Europea è intervenuta con l’operazione “Atalanta”, iniziata alla fine del 2008, che prevede l’intervento delle forze militari navali di ciascuno Stato aderente alla UE con funzioni di prevenzioni e repressione di atti di pirateria, proteggendo le navi in transito nel Mar Rosso, il Golfo di Aden e l’Oceano indiano».

Quali sono le misure di contrasto che la legislazione italiana consente di effettuare sulle navi che battono bandiera italiana?

«La convenzione di Montego Bay vieta alle navi mercantili (ovvero quelle non militari) di navigare con a bordo guardie armate o armi in quanto metterebbero in discussione un principio fondamentale del diritto internazionale del mare, ovvero il passaggio inoffensivo delle navi nel mare territoriale di uno Stato costiero. Uno dei principi di diritto internazionale è costituito dal divieto dell’uso della forza (art. 2 della Carta delle Nazioni Unite) che viene considerato legittimo (così ha affermato la Corte internazionale di Giustizia) se inevitabile e ragionevole per tutelare la vita umana e per arrestare gli autori degli atti di pirateria, considerati minacce alla pace. Pertanto, l’Italia ha previsto un doppio regime di contrasto alla pirateria (legge 130/2011) a disposizione dell’armatore che sceglierà quello più confacente alle sue esigenze commerciali, ovvero potrà richiedere la presenza a bordo dei Nuclei Militari di Protezione della Marina o di guardie armate giurate (contractors).

Quando un fatto penalmente rilevante avviene a bordo di una nave in acque internazionali, qual è la procedura corrente?

«In base alla Convenzione di Montego Bay (art. 92) nel mare internazionale le navi sono sottoposte alla giurisdizione esclusiva dello Stato della bandiera».

Di fronte a quali giudici si derimono le contese tra diversi Paesi, quando i fatti sono avvenuti in acque internazionali?

«La Convenzione di Montego Bay stabilisce che gli Stati, per le controversie relative all’interpretazione della Convenzione, possono scegliere di ricorrere al Tribunale internazionale del mare, o alla Corte internazionale di Giustizia o ad un Tribunale arbitrale nelle modalità previste dalla Convenzione».

Quale sarà l’esito della vicenda dei marò?

«Credo che sia davvero difficile fare previsioni. La vicenda è complessa ed è stata gestita a livello politico da parte italiana con incertezza. È sicuro che in India si vota in primavera e la vicenda è strumentalizzata a fini politici. Il leader dell’opposizione nazionalista indù attacca il governo in carica giudato dal partito del Congresso, di cui Sonia Gandhi è presidente, affermando che c’è stata troppa benevolenza nei confronti dei marò italiani! Questo giustifica il rimbalzo dalla Corte di giustizia dello Stato del Kerala alla Corte Suprema, di fronte alla quale ancora non sono stati formulati i capi d’accusa nei confronti dei marò, a distanza di due anni dall’incidente».

http://www.iltempo.it/esteri/2014/02/08/violata-ogni-regola-internazionale-e-la-soluzione-e-ancora-in-alto-mare-1.1217104

Violata ogni regola internazionale. E la soluzione è ancora in alto mare La professoressa Elda Turcoultima modifica: 2014-02-09T11:30:38+01:00da sagittario290