Vigilanza Terra di Lavoro, una bomba pronta ad esplodere…

Attualità

Lun, 15/07/2013 – 09:50

Vigilanza Terra di Lavoro, una bomba pronta ad esplodere: un piano da 150 tagli

Due ricapitalizzazioni in 5 anni, buchi nel bilancio. Debiti per 700mila euro da parte del Comune di Caserta, commesse perse all’Asl e al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere: ecco il piano industriale per tagliare 150 unità lavorative

vigilanza_terra_di_lavoro.jpgCaserta – Liberalizzazione delle licenze, svendita dei servizi di vigilanza, sacrifici chiesti ai soci/lavoratori e, soprattutto, uno Stato che chiede ma non dà. Queste in sintesi le cause che hanno innescato una bomba ad orologeria pronta ad esplodere, da un momento all’altro, nel grembo dello storico istituto di vigilanza privata. La Cooperativa Terra di Lavoro, nata nel lontano giugno del 1967 e giunta ad assumere fino a 500 persone, oggi è sull’orlo del fallimento. I primi segnali sono arrivati nel 2007 quando, a fine anno, il bilancio evidenzia una perdita di esercizio tale da costringere i soci ad una immediata ricapitalizzazione. Storia nota delle cooperative onde evitare lo scioglimento con conseguente perdita del posto: a sacrificarsi sono i lavoratori ai quali viene decurtato lo stipendio. In questo caso a ciascuno di loro viene chiesta una somma annua pari a 7.000 euro. Una decurtazione che, tuttora, persiste.

Una situazione alla quale si però è giunti anche attraverso scelte strategiche fallimentari da parte della società. Tra queste la mancatà volontà di inserire a bilancio, per quanto concerne gli anni precedenti, la voce IRAP in attesa di una favorevole sentenza della Corte Europea circa la legittimità di tale tassa. Quando la stessa Corte si è espressa, il parere ha viaggiato in direzione opposta rispetto alle aspettative. Ma anche la scelta di avviare sedi distaccate, a Isernia e a Pescara, che hanno prodotto solo perdite. O, infine, la scelta di lavorare sottocosto nel vano tentativo di far gonfiare il fatturato. Proprio per compensare le tariffe troppo basse e che non consentivano di coprire i costi di gestione, i soci di Terra di Lavoro sono stati costretti ad accettare condizioni economiche e lavorative ancora più stringenti, tra le quali l’aumento del monteore lavorativo mensile, la rinuncia alle mensilità aggiuntive come la tredicesima e la quattordicesima mensilità. A nulla però sono valse tutte queste ‘strategie’ aziendali: nel 2012 i soci di Terra di Lavoro sono costretti a dover ricapitalizzare di nuovo la Cooperativa. Questa volta per una quota procapite di circa 4.000 euro recuperata attraverso la rinuncia al Tfr accantonato negli anni di lavoro già svolti. In pratica, lavoro autofinanziato con il rischio di perderlo comunque.

Le scelte societarie non rappresentano però l’unica causa di questo declino. Alla crisi aziendale e di settore si aggiunge la crisi generale che ha ulteriormente complicato la situazione. I debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle aziende, intesi non solo come ritardi ma addirittura nei termini di mancati pagamenti, hanno messo in ginocchio la Cooperativa Terra di Lavoro. Su tutti il debito del Comune di Caserta pari a 700.000 euro. Soldi mai versati nelle casse dell’istituto di vigilanza dallo stesso Comune in dissesto finanziario per pagare il servizio di vigilanza svolto presso la sede distaccata del Tribunale. Un servizio reso dalle guardie comunque pagate dalla cooperativa che ha però dovuto fare i conti con un buco di 700.000 euro.

Oltre al danno, anche la beffa. Tutte queste cause, concomitanti, hanno generato anche una perdita di commesse con conseguente calo del fatturato che, in sostanza, si è dimezzato. Si è così passati da 15 milioni del 2007 (primo anno di crisi) ai 7,5/8 previsti per il 2013. Un calo al quale però non è seguito un proporzionato adeguamento dei costi di gestione. Come se non bastasse, ad aggravare una situazione già critica sono sopraggiunte le dismissioni dei servizi di vigilanza presso l’Asl di Caserta ma soprattutto presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e, a breve, anche presso la Regione Campania.

Il fendente letale arriva però, oltre che dalla crisi che attanaglia il settore, dall’ipercapitalizzazione dei grossi gruppi industriali nazionali: Battistoli, Sipro, Mondialpol, Ivri e pochi altri possono sperare di sopravvivere anche acquisendo quei servizi ai quali istituti come Terra di Lavoro non possono più provvedere. Dove vanno ricercate queste cause? Una sfrenata liberalizzazione delle licenze. Avrebbe dovuto abbattere i costi per la clientela, ma ha solo causato una svendita dei servizi di vigilanza con abolizione delle ‘tariffe minime di legalità’ dando origine ad una guerra tra poveri che ha portato e porterà soltanto a concorrenza sleale e disoccupazione. Basti pensare che chi ha sostenuto, attraverso richieste specifiche nonché attività lobbistica anche a livello europeo, l’abolizione del principio della territorialità (principio in base al quale il Prefetto della Provincia interessata poteva negare ulteriori licenze dovendo tener conto del numero e dell’importanza degli Istituti già presenti sul territorio) è stata l’ABI (Associazione Bancaria Italiana). Con la scusa di dover contenere i costi per la sicurezza, si è invece notato che il contenimento di tali costi non si è riversato sui costi di gestione dei conti correnti dei cittadini, che risultano tra i più alti di Europa, né sulla concessione di mutui e prestiti ad a ziende e cittadini, stante l’attuale stretta creditizia, il cosiddetto ‘credit crunch’. Evidentemente i risparmi ottenuti dalle banche sono serviti solo per alzare i dividendi ai propri azionisti e finanziare gli stipendi e le pensioni d’oro dei propri dirigenti.

Tutta questa situazione ha indotto la Cooperativa Terra di Lavoro a studiare un piano industriale che, a breve, entrerà in vigore e che prevederà il licenziamento di ben 150 unità lavorative, solo presso la società madre, a cui si aggiungeranno tutte le 60 maestranze della società controllata TLS. Anche questo il motivo per cui, in occasione dell’incontro dello scorso 11 luglio, il CDA ha deciso di mettere in cassa integrazione tutti i dipendenti della TLS e dismettere progressivamente tutti i contratti scatenando, giustamente, l’ira degli stessi lavoratori. L’unica speranza, l’ultima, di tutte queste persone è che verrà convocato un tavolo presso la Prefettura per ricollocarle nelle società che stanno emergendo nella provincia di Caserta, oppure accompagnarle alla pensione per non lasciarle, semplicemente… in mezzo ad una strada.

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Vigilanza Terra di Lavoro, una bomba pronta ad esplodere…ultima modifica: 2013-07-16T11:45:00+02:00da sagittario290