IN THE STREET
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18/01/2013 alle 11:19
Femminicidi: chiamiamo le cose col loro nome
di Esmeralda Rizzi
Delitto passionale, raptus, tragedia della gelosia, amore malato, follia dell’abbandono…
Quando impareremo a chiamare le cose col loro nome?
Quando la brutale uccisione, la violenza cieca, la rabbia prepotente di chi pensa di poter decidere della vita e della morte della propria donna, compagna, figlia, moglie, amante, amica di un momento, di una vita o di una volta, verrà chiamata col proprio nome: femminicidio, crimine, assassinio.
Gli uomini che uccidono le donne non usano il veleno che è sistema pulito e raffinato come, nell’antica Roma, fece Livia assassinando Augusto o come era uso di Lucrezia Borgia.
Gli uomini usano la forza, la rabbia, la violenza cieca, la pre-potenza.
Usano le mani, strette attorno al collo, la candeggina ficcata a forza in bocca dopo averle tramortite magari col cavetto del telefono, usano il mattarello che sfonda il cranio, i coltelli, la benzina per bruciare. Le pistole anche ma meno spesso e se le hanno a portata di mano perché sono guardie giurate o poliziotti.
Giurano, questi assassini, che è stato un momento di follia, che sono dispiaciuti, amareggiati, pentiti anche se hanno straziato i corpi e la vita delle loro compagne sotto gli occhi atterriti e per sempre allucinati dei loro figli.
La violenza sulle donne – si legge nei testi specializzati- ha diverse concause: sociali, economiche, culturali.
Iniziamo a chiamare le cose col loro nome.
Forse anche la nostra cultura prima o poi cambierà.
http://inthestreet.blog.rassegna.it/2013/01/18/1357-femminicidi-chiamiamo-le-cose-col-loro-nome/