Coca, De Simone svela il giro dei clienti “vip”

Cronaca

26 gennaio 2013

Coca, De Simone svela il giro dei clienti “vip”

Il pentito accusa: «Un dentista ci forniva la sostanza per tagliare la droga» Indagini riaperte sui delitti Esposito e Petrone e sulla finta rapina al portavalori

di Clemy De Maio

image.jpgC’è l’avvocato civilista che tira cocaina e «sta sempre a giocare alle macchinette»; i figli del medico che «sono clienti buoni, perché sono puliti e tengono i soldi»; e poi il dentista che non solo acquista, ma «ci dava la lidocaina per tagliare la droga». C’è questo e altro nelle dichiarazioni che il “pentito” Ciro De Simone rende al sostituto procuratore antimafia Rosa Volpe, che indaga sugli affari del clan Villacaro-D’Andrea e sull’omicidio di Donato Stellato. De Simone fa i nomi di clienti e fornitori degli stupefacenti e squarcia il velo anche sugli affari che ruotavano attorno a clan a discoteche. Così racconta delle estorsioni a noti locali del centro e della zona orientale, della frequenza con cui il gruppo si presentava al tavolo e cenava senza pagare, e della guardiania nei locali notturni che sarebbe «tutta in mano ai Quaranta» a eccezione di uno che farebbe riferimento ai Maisto.

Uno scenario criminale ricostruito nei minimi dettagli, nel quale il collaboratore di giustizia definisce caratteristiche e ruoli degli appartenenti al sodalizio. Parla anche di Marianna Argento, la moglie di Vincenzo Villacaro (detto Ciro) che secondo lui «voleva fare la Pupetta Maresca», cioè avrebbe voluto prendere le redini del clan mentre il marito era in carcere. E, soprattutto, parla di due omicidi tuttora senza colpevoli: quello di Massimiliano Esposito, ucciso a Pastena nell’agosto del 2005, per il quale furono assolti in appello Marco Palatucci e Antonio Adami; e poi quello di Fabio Petrone, trucidato nell’agosto del 2007 a Baronissi e, secondo gli investigatori, tra i complici di Villacaro e Vincenzo D’Andrea nell’agguato a Donato Stellato, avvenuto nel febbraio dello stesso anno. Proprio D’Andrea viene indicato dale deposizioni del collaboratore di giustizia come il killer di Esposito. «Di D’Andrea non riuscivo a fidarmi – dice De Simone – forse perché lo avevo visto sparare a Esposito Massimo». Molte rivelazioni sono coperte dagli omissis, ma si capisce che sa molte cose anche dell’assassinio di Petrone, fino al punto di indicare in Giovanni Panza, detto “caccavella” e nipote di Luigi Bifulco, la persona che smontò la moto servita per il delitto. Si sofferma a lungo, inoltre, sulla sfuriata di Villacaro per le confidenze che Petrone aveva fatto circolare sul delitto Stellato.

Dalle parole del “pentito” emergono nuovi elementi anche sulla finta rapina al portavalori avvenuta più di dieci anni fa e per la quale fu indagata l’allora guardia giurata Matteo Giordano. I soldi non furono mai trovati e Giordano disse di averli abbandonati in una piazzola, spaventato dalle conseguenze del reato, ma secondo De Simone fu Pasquale Maisto ad aiutarlo sia nel “colpo” che nel fare sparire il denaro.

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