Regione e Comune, Pignatone indaga sulla Sipro

Cronaca

Mercoledì, 14 Novembre 2012

Mafie e appalti pubblici

Regione e Comune, Pignatone indaga sulla Sipro
Vigilantes senza certificazione antimafia?

Le denunce sulle presunte anomalie della Sipro srl vanno avanti dal 2007. Ma il colosso della security detiene una sorta di “monopolio” nella Pubblica Amministrazione: dalla Regione Lazio al Comune di Roma, fino al ministero della Difesa. Mentre Banca d’Italia da tempo ha sospeso il contratto. L’eurodeputata Sonia Alfano si appella al procuratore antimafia DI C. VOGANI

536014038.jpgMafie e appalti pubblici. Con le aziende in odore di criminalità organizzata che restano sul mercato, magari puntando su una corsia preferenziale. Colpa di una politica disattenta, che non ha l’abitudine di pretendere la certificazione antimafia come garanzia di trasparenza. Il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri però guarda avanti: le certificazioni antimafia sono superate, presto saranno sostituite da una banca dati “molto più ricca” per creare il famoso progetto della white list (una sorta di albo delle aziende non a rischio inquinamento mafioso). L’auspicio è che almeno nella pubblica amministrazione si inizi a fare sul serio. Perché ad oggi le “zone grigie” sono troppe.

Come nella Regione Lazio, dove il servizio di sorveglianza armata è affidato alla Sipro srl, nonostante le denunce (e le voci) si rincorrono dal 2007, quando la prefettura di Roma gli ha negato la certificazione antimafia ritenendo “sussistente il pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata”.

LE INDAGINI DEL PROCURATORE PIGNATONE – Ora il caso Sipro è nelle mani del procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia di Roma, Giuseppe Pignatone. E’ stata la presidente della commissione antimafia europea Sonia Alfano a chiedergli di approfondire la questione, anche se “ritengo che già il procuratore ne fosse a conoscenza” ha detto la Alfano nell’intervista rilasciata a Paese Sera. L’appello dell’europarlamentare, in fondo, è solo l’ultimo di una lunga serie di allarmi.

LA FAMIGLIA DI GANGI E LE INDAGINI DELL’ANTIMAFIA – Gli attuali titolari della Sipro portano un cognome pesante, Di Gangi. Sono i figli dell’imprenditore siciliano Salvatore Di Gangi che ha rilevato l’azienda nel 1994 direttamente dalle mani di un altro siciliano doc, Antonino Li Causi, tessera 526 della P2. Ma sono soprattutto i nipoti di Vittorio Di Gangi detto “er Nasca”, arrestato il 9 maggio di quest’anno perché trovato in possesso di un revolver calibro 38. In passato poi avrebbe avuto rapporti con la Banda della Magliana, in particolare con il boss Enrico Nicoletti. E la distrettuale antimafia, che stava indagando su un giro di usura e riciclaggi, gli stava con il fiato sul collo da tempo. Forse per questo (oltre che per “vizio di famiglia”) la sua villa di via Appia Nuova era un bunker, decine di telecamere e un sistema di sicurezza all’avanguardia.

DALLA REGIONE LAZIO AL COMUNE DI ROMA – Non è un’azienda qualsiasi la Sipro. E’ un colosso della security e detiene una sorta di “monopolio” sul mercato italiano. Per capirlo basta scorrere i nomi dei soggetti per cui presta servizio: dal ministero della Difesa all’Ambasciata britannica, passando per Equitalia e l’Anas. Ma anche per diverse testate editoriali (compresa la Rai) e aziende di telecomunicazioni (Wind e Telecom). Fino agli istituti di credito bancario come Intesa San Paolo, mentre la Banca d’Italia ha sospeso il contratto proprio nel 2009 “per sopraggiunti motivi ostativi”. Il boom di contratti la Sipro lo registra nella Capitale. Solo per citarne alcuni: Comune di Roma, Atac, Ater, Cotral e Università di Tor Vergata e Roma Tre.

LE DENUNCE E IL MURO DI GOMMA DELLA POLITICA – Coloro che hanno chiesto chiarimenti in merito alla certificazione antimafia della Sipro, non hanno ricevuto alcuna risposta. “Il ministro ne è al corrente?” chiede il consigliere della Regione Lazio Francesco Pasquali (Fli), l’unico dentro la Pisana ad aver sollevato il caso Sipro quando, più di un mese fa, ha presentato un’interrogazione al presidente del consiglio regionale Mario Abbruzzese. “Cosa ci faremo con la white list, se poi tra amministratori locali e burocrati, c’è chi continua ad agire indisturbato? – insiste Pasquali – Bisogna salvaguardare il personale ma anche fare chiarezza, e dirsi che il silenzio diventa complicità e questo atteggiamento omertoso che ho riscontrato in Regione mi lascia perplesso”. Un muro di gomma con cui aveva fatto i conti anche il parlamentare del Partito democratico Jean Lèonard Touadi, che proprio al ministro Cancellieri aveva presentato un’interrogazione affinché venisse fugato ogni dubbio. Non ora, ma il 23 maggio di quest’anno. “Non ho mai ricevuto risposta – dice Toaudi – è un fatto grave, converrebbe anche alla Sipro mostrarci questa certificazione in modo da non creare un eventuale danno all’immagine dell’azienda”.

REGIONE PROROGA IL CONTRATTO CON SIPRO – Nessuna risposta e nessuna smentita. Eppure la Sipro lavora alla Regione Lazio dal 2005, grazie a una proroga del contratto che arriva nel 2009. Due anni dopo il parere negativo sulla certificazione antimafia espresso dalla prefettura di Roma. La vicenda è complessa, ma anche talmente documentata che rischia di sembrare paradossale. Dopo il giudizio della prefettura, la Sipro si appella al Tar e ottiene l’annullamento del decreto prefettizio, ma in secondo grado (nel 2009) il Consiglio di Stato dà ragione alla prefettura. Per questo, secondo il consigliere Pasquali, la Regione Lazio non avrebbe dovuto rinnovare il contratto.

L’AUTORITA’ DI VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI – Anche perché la Sipro si fa pagare profumatamente. I costi sostenuti per l’aggiudicazione dell’appalto alla Regione risultato di circa ottocentomila euro (su monte ore di 5 anni) superiori rispetto alla ditta concorrente che promuove un ricorso e lo vince. L’Autorità per la Vigilanza sui Contratti pubblici (Avcp) con una delibera del 17 maggio 2012 ribadisce (dopo averlo fatto l’11 gennaio dello stesso anno) che la Regione Lazio “avrebbe dovuto vagliare l’opportunità di non proseguire il rapporto contrattuale” con la Sipro “stante la presenza di una informativa antimafia emessa dalla prefettura di Roma, che ne denunciava il pericolo di infiltrazioni mafiose”. Sempre l’Avcp ha poi messo nero su bianco che la proroga ottenuta dalla Sipro “non è in linea con le normative in materia di appalti pubblici e con i consolidati orientamenti della giurisprudenza amministrativa”.

IL SINDACATO – Prima dell’Avcp, il 30 dicembre 2009, è la volta della Confederazione sindacati nazionali italiani lavoratori (Csnil) che segnala alla stazione appaltante della Regione Lazio (il Dipartimento Istituzionale e Territorio Direzione Attività della Presidenza) le vicende giudiziarie in cui la Sipro allora era coinvolta. E la stazione appaltante lascia che sia il Consiglio regionale a verificare e optare per la sospensione del contratto. “L’amministrazione non era obbligata a recedere dal contratto” spiega l’Avcp ma era chiamata almeno a “motivare la scelta di proseguire”.

LA TRASPERENZA NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Lo spiega meglio l’europarlamentare Sonia Alfano: “In presenza di informative atipiche l’Amministrazione dovrebbe utilizzare la propria discrezionalità e inviare segnali forti al tessuto economico e imprenditoriale: la Pubblica Amministrazione lavora solo con chi è pienamente trasparente”. Un segnale che finora è stato disturbato da un lungo tempo di silenzi.

di Carmen Vogani

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