La storia di tre famiglie messe al muro dalla crisi

Cronaca

25 Aprile 2012

Puglia senza lavoro
La storia di tre famiglie messe al muro dalla crisi

di ONOFRIO PAGONE

34964_12.jpgFilippo lavora come vigilante, moglie e figlia liceale a carico, il mutuo da pagare che assorbe quasi la metà dello stipendio. Ai tempi della crisi è una fatica vivere e far vivere con dignità la famiglia. «Ma io mi sento fortunato, perché io il lavoro ce l’ho: anche se non basta, quello che ho me lo tengo stretto». Ha ragione, Filippo. Perché invece Mimma, tecnico informatico, il lavoro non lo ha più, e dopo due anni adesso non ha più neppure l’indennità della cassa integrazione. E perché Pasquale (ma il nome è di fantasia, perché lui per pudore ha chiesto riservatezza), laurea in chimica, «quadro» di una nota azienda di vernici, in cassa integrazione ci è finito per alcuni mesi e forse ci tornerà, ma ha da passare gli alimenti alla ex moglie e ai due figli: a lui resta se pure la metà di quello che guadagna. Ormai passa la vita a fronteggiare i tagli: tagliata la serenità, tagliato il lavoro, tagliato lo stipendio. «Così – si sfoga – ci tagliano il futuro».

I PROBLEMI – La prima storia, quella di Filippo, è emblematica: racconta le difficoltà di una famiglia monoreddito. Filippo D’Alessandro, 47 anni, originario di Capurso, residente nella zona 167 a Casamassima e posto di lavoro a Bari, testimonia a viso aperto lo slalom quotidiano tra tasse e spese a fronte di un reddito che non desta invidia: millecento euro al mese. «Anzi milleduecento, ma dipende dalle ore in più che riesco a fare, anche se non ne vale la pena perché poi pago più tasse e il netto in busta resta sempre lo stesso». Filippo paga 500 euro al mese di mutuo. Però sta pagando a rate (200 euro al mese) anche gli effetti di una doppia sentenza civile relativa alla vecchia casa datagli in comodato da un parente, ma pagata in nero: i giudici gli hanno dato torto e il ricorso in Cassazione, pur praticabile e auspicabile, non se lo può permettere per i costi. Adesso arriva la ghigliottina dell’Imu, ma Filippo ha da fronteggiare prima altre spese. «Frattanto ho da pagare i 900 euro per la macchina che ho fatto aggiustare il mese scorso: ho rifatto il motore».

Filippo ha una vecchia “Y” di dodici anni che va a metano, e consuma poco. Due volte l’anno, quando arriva la rata dell’assicurazione, lo stipendio è prosciugato. «Devo fare il prestigiatore e sono costretto ai sotterfugi per rinviare i pagamenti». La destrezza di Filippo è l’organizzazione delle spese in virtù del fido in banca: va puntualmente in rosso, ma ogni mese versa lo stipendio, aspetta che la valuta venga calcolata e quindi ricomincia a prelevare. Lo fa per mangiare. «Veramente ci si limita anche per gli alimenti. Da anni non andiamo in pizzeria, niente vacanze, i vestiti giusto per mia figlia». La ragazza frequenta il liceo musicale ad Acquaviva: fino all’anno scorso ha frequentato anche il conservatorio; ora ha smesso perché costa troppo. Alle spese ordinarie, adesso si sono aggiunte anche quelle sanitarie: «Sì, ammette lui – è proprio un periodo nero».

Ma non si dà per vinto, Filippo. Esattamente come Mimma. La loro rete di protezione è proprio la famiglia, nonostante tutto. Mimma vive a Bari in una casa di proprietà: riesce a tirare avanti grazie alla pensione del marito. Una pensione decurtata ora dell’ade guamento annuale, ma maturata dopo 41 anni di servizio. Anche lui ha passato i guai suoi sul lavoro: costretto a trasferirsi a Milano per la crisi della sua azienda, ha fatto su e giù per otto anni, perché la riforma pensionistica gli fece scivolare in avanti di cinque anni il traguardo della pensione. «La crisi si sente: in casa entrano meno soldi», racconta Mimma, 55 anni, già in Olivetti poi finita in Eutelia e infine in Agile, cioé senza lavoro e senza stipendio. Con lei e il marito in casa vivono ancora i due figli. Non sono bamboccioni, anzi: la laurea in architettura a Bari e il master a Roma non sono bastati alla prima figlia per diventare autonoma a 27 anni; il secondo figlio studia diligentemente Economia all’università. Il fatto è che il reddito risulta ancora alto, e le tasse universitarie si pagano per intero. Le vacanze? Non più. «Prima viaggiavamo molto, abbiamo girato l’Europa. L’anno scorso le nostre ferie le abbiamo trascorse per accompagnare più volte mio figlio a Roma: aveva le varie prove per entrare in accademia alla Finanza. Ogni volta erano due-tre giorni. Alla fine è arrivato numero 69 in graduatoria: ne hanno assunti sessanta». Il giovanotto, come la sorella, deve ancora accontentarsi della paghetta dei genitori. In famiglia ci sono due auto: una Punto del ‘96 e una Ka di sei anni fa. «Non resta più nulla da parte a fine mese», racconta Mimma. Quando ci sono le spese è drammatico». Eppure non ci sono recriminazioni: «C’è sempre di peggio, mi accontento, perché ci sono problemi più grandi, senza soluzione». Un suggerimento di saggezza: «Mi ritengo comunque fortunata: ho due figli bravi, siamo in salute. Non guardo mai a chi sta meglio: mi guardo sempre dietro e vedo chi sta peggio».

I TAGLI – Pasquale vive a Rutigliano. A 47 anni si fa aiutare dai genitori per pagare il mutuo della casa rimasta alla ex moglie. Non va più in palestra, al cinema, in pizzeria. Niente vacanze. «La crisi per i separati è una tragedia», ammette. «Questo stress crea problemi fisici: di cassa integrazione ci si ammala, e così subentrano pure le spese sanitarie, che vanno pagate per intero perché la fascia di reddito risulta ancora alta». Con chi prendersela, allora? Mimma sorride e guarda avanti. Pasquale punta il dito contro «chi taglia in maniera indiscriminata, senza creare una strategia per il dopo». Filippo è più viscerale: «E’ vergognoso quello che sta accadendo tra i politici, è un insulto all’intelligenza delle persone oneste che lavorano». E’ proprio difficile vivere, con questa crisi.

http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=513422&IDCategoria=1

La storia di tre famiglie messe al muro dalla crisiultima modifica: 2012-04-26T11:00:00+02:00da sagittario290