Cronaca
23 aprile 2012
L’assalto al blindato: «Per tre volte ho visto la morte in faccia»
Parla la guardia giurata sequestrata dai rapinatori dopo il colpo al portavalori davanti al supermercato Lando di Veggiano
di Elena Livieri
BRUGINE. «Ho visto dritto la morte in faccia. Non una, ma tre volte, nel giro di pochi minuti». Narciso Baldin, la guardia particolare giurata della Civis che era alla guida del portavalori preso d’assalto da un commando sabato a Veggiano, reputa un miracolo poter raccontare quei drammatici momenti. Nella sua abitazione a Campagnola di Brugine, rivive il dramma. Prima i due colpi di kalashnikov che raggiungono il finestrino del furgone, i proiettili che si fermano a pochi centimetri dal suo volto, intrappolati nel vetro. Poi lui scaraventato a terra, un colpo di pistola che gli sibila nelle orecchie e ferisce il collega Maurizio Primucci. E preso in ostaggio dai banditi per coprirsi la fuga. La minaccia di morte del boss del commando, in auto, qualche secondo prima di buttarlo fuori. Narciso Baldin, 46 anni, ha trascorso la notte in ospedale, ha voluto accanto la moglie e i figli. L’unica medicina, la loro presenza e il loro affetto, capace di fargli dimenticare l’orrore vissuto. «Me li sono trovati davanti senza rendermene conto, ho sentito lo sparo al finestrino, poi il secondo. E mi sono ritenuto miracolato perché temevo che il vetro non avrebbe retto. Quello che è accaduto dopo è stato come un film, una sequenza terribile, non c’era il tempo per pensare e realizzare nulla. Mi hanno trascinato fuori dal furgone, sfilato la pistola dalla fondina, strattonato da tutte le parti. Insistevano perché aprissi la cassaforte, ma non era possibile farlo per i sistemi di sicurezza. Sia io che i miei colleghi ripetevamo che la cassaforte era bloccata, che non si poteva fare niente. Hanno preso il sacco con i soldi appena prelevati al Lando, ci hanno scagliati a terra e sparato a sangue freddo al mio collega, alla gamba. E’ il più anziano, hanno visto in lui quello che dirigeva la nostra squadra, hanno pensato che fosse lui a non voler aprire la cassaforte perché per convincerli insisteva che era bloccata. Lo hanno ferito per ripicca, a quel punto avevano capito che non potevano arrivare a tutto il denaro».
Gli spari, le botte, le urla, i malviventi col malloppo in mano e una spianata di fucili sotto il naso. Baldin non fa in tempo a formulare in cuor suo la speranza che l’incubo sia finito. La sorte ha qualcosa ancora in serbo per lui. «Mi hanno alzato di peso e trascinato verso l’Audi», racconta la guardia, «volevano caricarmi nel portabagagli ma non ci stavo e così mi hanno spinto nell’abitacolo, dietro, insieme a due malviventi. Altri due erano davanti. Mi tenevano schiacciato verso il basso, avevo la gamba sinistra incastrata sotto al sedile di quello che guidava. Ho sentito le gomme fischiare, e lì mi sono detto che era finita per me».
Poche centinaia di metri, l’abitacolo saturo di adrenalina, i secondi scanditi dai battiti del cuore, la saliva che manca. Il coraggio di tentare una mediazione: «Avete i soldi, lasciatemi andare, non vi servo più, gli ho detto:non avevo altra scelta che trattare la mia liberazione. L’uomo alla guida ha urlato di stare zitto sennò mi avrebbe ammazzato. Mi mancava il respiro. L’auto ha rallentato, il capo ha urlato di buttarmi fuori». Baldin è stato scaraventato dall’auto in corsa. Acciaccato, dolorante da capo a piedi, ma vivo. «Quando fai un lavoro come questo metti nel conto il rischio», dice posando uno sguardo carico di apprensione sui figli e la moglie, lui che già dieci anni fa era stato vittima di un furto durante un servizio, «ma una cosa simile nessuno se la immagina. Spero tanto che Maurizio si riprenda, che la ferita alla gamba non sia grave».