Lavoro: FILCAMS CGIL, nei nostri settori la flessibilità è abusata…

Lavoro

mercoledì 8 febbraio 2012 alle 13.08

La riforma del mercato del lavoro

Lavoro: FILCAMS CGIL, nei nostri settori la flessibilità è abusata, altro che impiego noioso

È il commento di Franco Martini, Segretario Generale della FILCAMS CGIL, la categoria che rappresenta i lavoratori del commercio, turismo e servizi, nelle ore in cui il confronto sul mercato del lavoro dovrebbe andare ad una stretta

236929.jpgROMA – «La flessibilità nel mondo del lavoro doveva essere un’opportunità e una scelta, per le tante donne che volevano cercare di conciliare i tempi di vita e di lavoro. Invece, nella maggior parte dei casi, è diventata precarietà, spesso una condizione obbligatoria per poter accedere o restare nel mondo del lavoro». È il commento di Franco Martini, Segretario Generale della FILCAMS CGIL, la categoria che rappresenta i lavoratori del commercio, turismo e servizi, nelle ore in cui il confronto sul mercato del lavoro dovrebbe andare ad una stretta.

«Nei nostri settori – spiega Martini – il posto fisso è una chimera, altro che impiego noioso, la flessibilità è abusata, e continua l’aumento dei part time che costringono lavoratrici e lavoratori a contratti precari che non garantiscono una reale autonomia».

Secondo quanto riferito dall’Osservatorio sul terziario di mercato della FILCAMS CGIL, nel decennio che va dal 2000 al 2010, nel settore del commercio, si è rivelato una diminuzione di circa 40mila occupati full time, ma sono aumentati i lavoratori che hanno prestato un numero di ore inferiore al tempo pieno, cioè part time. Sono diminuiti i lavoratori indipendenti full time di 180 mila unità (20%), mentre i lavoratori dipendenti crescono di 140 mila unità, con un saldo negativo di 40 mila unità, mentre in termini di occupati (numero di persone impiegate a prescindere dal numero di ore prestate) si evidenzia un saldo positivo 30 mila unità, tra i lavoratori indipendenti che lasciano (170mila unità) e i nuovi dipendenti (più 200mila unità).

L’occupazione dipendente nel commercio al dettaglio in termini di occupati è stata quindi accompagnata da un più accentuato ricorso a forme di lavoro flessibile. Per le imprese con più di 500 addetti, a partire dal 2005, il ricorso al part-time passa da circa il 39% a circa il 44%, un guadagno di 5 punti.

Nel turismo i lavoratori oscillano tra gli 800mila e il milione a seconda della stagione, una flessibilità che caratterizza il settore e ne compromette lo sviluppo e il miglioramento. I lavoratori dipendenti rappresentano il 60% della forza lavoro occupata, mentre il lavoro autonomo, nelle sue varie forme, pesa per circa il 33%. Il 40% dei lavoratori ha un contratto part time, e il 25% a tempo determinato (in entrambi i casi il doppio rispetto alla media nazionale). Tra l’altro il settore è caratterizzato da una forte presenza femminile (il 58% degli addetti, con una punta del 77% nell’intermediazione) e giovanile: sono oltre il doppio della media i lavoratori con meno di 24 anni.

Ancor più difficile è la situazione nel settore dei servizi: Pulizie e del Multiservizi (circa 450.000 addetti), Ristorazione Collettiva (circa 80.000 addetti) e Vigilanza Privata (circa 35.000 addetti) fortemente colpiti dai tagli economici sia della spesa pubblica, che delle difficoltà dei privati. Questi settori sono caratterizzati da una forte presenza di lavoratori part time, con un totale di ore spesso molto basso.

Secondo Martini «Al di là di tutte le battute, le frasi a volte fraintese e a volte troppo superficiali, i lavoratori hanno bisogno di risposte concrete dal governo e dalle parti sociali, perché la priorità è come entrare al lavoro e come restarci, altro che flessibilità in uscita, che ve n’è già in abbondanza. C’è bisogno di un piano per l’occupazione che agevoli l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e sostenga il reintegro dei tanti lavoratori che hanno perso il loro posto. Ma soprattutto» conclude «bisogna individuare una strategia per dare continuità al lavoro e buona occupazione, che permetta anche un salario dignitoso ed in grado di contribuire ad una pensione altrettanto dignitosa».

http://www.diariodelweb.it/Comunicato/Economia/?d=20120208&id=236929

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