Un’invocazione al cielo: Francesco, uno di noi

Cronaca

venerdì, 23 dic 2011 – 20:06

IERI, A SAN DONATO, I FUNERALI DELLA GUARDIA GIURATA

Un’invocazione al cielo: Francesco, uno di noi

Se il vento potesse spazzare il dolore e la rabbia con la stessa forza e velocità con la quale sposta le foglie caduche forse sarebbe più facile reagire all’assurda morte di Francesco Malcore.

Nella chiesa di San Donato nell’omonima contrada, ieri pomeriggio alle 16, è stato celebrato il funerale della guardia giurata vilmente uccisa, quattro giorni fa, da una mano al momento sconosciuta. Impressionante il numero di persone, amici, colleghi, conoscenti, e non solo, che ha sentito il bisogno di dare l’ultimo saluto a chi è perito, semplicemente, nel compimento del proprio dovere. In tanti sono rimasti fuori a sfidare il gelo non potendo accedere alla piccola chiesa, piena già molto tempo prima che iniziasse la cerimonia funebre. In entrambi i casi è stato ugualmente possibile, grazie all’ausilio di microfoni esterni, ascoltare la messa.

La celebra il proto vicario generale mons. Emanuele Tagliente, assieme al parroco della comunità di San Donato Davide Boccuni, a Nino Borsci della chiesa San Francesco Geronimo del quartiere Tamburi (dov’è accaduta la tragedia), dal cappellano della Polizia don Santo Guarino, da don Mario Proietti cappellano militare del Comando Provinciale dei Carabinieri di Taranto e da Nicola Preziuso cappellano dell’Ilva.

La lettura scelta da Tagliente è tratta dal Vangelo di Marco: e l’episodio della crocifissione di Gesù durante la quale lanciò il gridò “Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?”. Questo lo spunto per la successiva omelia. «Ci chiediamo perchè il Signore – si è domandato Tagliente – non abbia fermato la mano assassina. Una risposta certa non può essere data. Il Signore ci ha donato la libertà, un bene prezioso che, purtroppo, è usato male dall’uomo. Solo la preghiera può consolare la moglie, i suoi figli e gli amici. Gesù chiese al Padre di perdonare chi lo uccideva. Noi, forse, non avremo la stessa forza, ma dobbiamo ringraziare Francesco per la grande testimonianza che ci ha lasciato».

L’uscita della bara dalla chiesa, dietro la quale ci sono i parenti più stretti, è accompagnata da un lungo e sentito applauso. Piangono i colleghi che portano il feretro, piangono tutti i presenti. La forte commozione e l’inevitabile tensione si stempera in un “Francesco è uno di noi” che sale dritto sino al cielo. Poi spazio al brano del “Silenzio”. La bara procede lenta sino all’auto con il bagagliaio aperto pronta ad accoglierla. Avanza tra due cordoni di colleghi che si abbracciano e si tengono per mano, per tributare, a lui e alla sua famiglia, il pensiero più bello.

Rabbia, collera e incredulità negli occhi di parenti e colleghi

La rabbia è nei volti. La collera e l’incredulità si legge chiaramente negli occhi lucidi di chi, per l’ultima volta, ha voluto abbracciare Francesco Malcore.

Alle esequie della guardia giurata, che lunedì scorso ha perso la vita durante una rapina al portavalori, ci sono tanti colleghi. Gli stessi con cui ha condiviso i circa dieci anni in divisa nell’istituto di vigilanza Vis.

La voglia di parlare come spesso accade in questi casi manca del tutto, ma la forza viene direttamente dal sacrificio di Francesco. «Era una persona esemplare – affermano all’unisono i suoi compagni di lavoro -. Nell’espletare il servizio, poi, era encomiabile. Era una persona buona e disponibile e che sentiva la professione».

Poi una precisa richiesta. «L’auspicio è che – sostengono – un episodio così grave smuova chi di dovere. Facciamo un lavoro difficile e pericoloso, ma fortunatamente la società nella quale siamo impiegati, la stessa di Francesco, ci fornisce i giusti mezzi per rischiare il meno possibile. Non sempre, però, è così: ci sono società concorrenti che operano sul campo con meno tutele. Siamo al servizio della collettività, ma per lavorare al meglio c’è bisogno di maggiore protezione. La nostra è una figura poco considerata: ci definiscono vigilanti o guardie giurate. Qualcuno persino sceriffi, invece siamo incaricati di pubblica sicurezza».

Al funerale hanno fatto sentire la loro voce anche le istituzioni con il presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido, il vice sindaco di Taranto Gianni Cataldino e il presidente del consiglio comunale Gina Lupo. «Per tutti noi sono momenti di grande tristezza. La gratuità della azione criminosa commessa – sostiene Florido – lascia senza parole. E’ impensabile che la vita umana, in certe situazioni, valga così poco. L’efferatezza dell’omicida è stata davvero incredibile».

La tragedia che ha colpito la comunità ionica e le conseguenti preoccupazioni per la sicurezza nelle strade del capoluogo sono alla base del pensiero di Cataldino. «L’assassinio di Francesco Malcore cade proprio – spiega il numero due di Palazzo di città -nei giorni della firma del patto sulla sicurezza tra l’amministrazione comunale e le forze dell’ordine. Grazie a questo accordo, portato già tre anni fa in consiglio comunale, Taranto sarà più sicura. Non è ammissibile che si muoia in questa maniera. Il problema della sicurezza è anche legato alla crisi che sta attraversando il territorio. Le istituzioni, perciò, devono unirsi per trovare la strada migliore per contrastare la criminalità favorendo, soprattutto, la crescita economica»

Giuseppe Di Cera

http://www.corrieredelgiorno.com/2011/12/23/uninvocazione-al-cielo-francesco-uno-di-noi-69806/

Un’invocazione al cielo: Francesco, uno di noiultima modifica: 2011-12-24T11:45:00+01:00da sagittario290