Vigilanza privata con carte false: titolare arrestato

Cronaca

(mercoledì 9 febbraio 2011)

Vigilanza privata con carte false: titolare arrestato

Ivano Maragliulo, 33enne di Lecce, titolare de “La Vigilanza”, nei guai con una sfilza di capi d’imputazione. Ha accusato funzionari pubblici di ostacolarlo, in realtà la documentazione sarebbe falsa

a4.jpgLECCE – Un’agenzia di vigilanza con una moderna sede alla periferia della città, in viale Aldo Moro, auto di pattuglia con la fiancata griffata, una sofisticata sala operativa, il proprio arsenale di pistole, l’intervento sui luoghi delle rapine, persino qualche furto sventato presso distributori di carburanti, quelli del pacchetto di clienti che a loro si erano affidati. “La Vigilanza”, società che fa capo alla “Famar Security Sas”, neonata nel panorama degli istituti locali di sorveglianza armata (operativa solo dal settembre del 2009), sembrava svolgere il proprio lavoro con una certa destrezza, non senza ambizioni d’espansione, tanto da partecipare anche ad importanti gare d’appalto.

Peccato che tutto questo sia naufragato quando i carabinieri del nucleo investigativo hanno scoperto che buona parte della documentazione sarebbe stata falsificata ad arte dal titolare, Ivano Maragliulo, 33enne di Lecce. Ma non solo. La storia, nel suo complesso, assume un sapore surreale, tanto che gli stessi carabinieri si sono trovati, ad un certo punto, davanti ad un fatidico bivio. E se non avessero scoperto, con un’indagine talmente minuziosa da andare a scovare preziosi dettagli, che quelle carte erano fasulle, seguendo tutto un impianto di pesanti accuse formulate dallo stesso Maragliulo, avrebbero finito per indagare con pesanti capi d’accusa funzionari di Prefettura e Questura.

Già. Perché il titolare dell’agenzia lamentava una forma di persecuzione: vittima di un intrigo, finito nelle maglie di una burocrazia marcia fino al midollo, schiacciato nel tritacarne di banditi travestiti da funzionari dello Stato, che, a suo dire, gli avrebbero persino richiesto tangenti. Tutto, al momento, assolutamente, senza alcun riscontro oggettivo. I particolari dell’inchiesta che hanno portato all’arresto di Maragliulo, ora in carcere con una sfilza di capi d’imputazione (calunnia aggravata, falso materiale e ideologico, errore determinato dall’altrui inganno, porto e detenzione illegale d’arma, turbativa d’asta e altre violazioni del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa che s’è svolta questa mattina presso il comando provinciale dei carabinieri di via Lupiae, a Lecce, alla presenza del comandante provinciale dell’Arma, colonnello Maurizio Ferla, e dei comandanti del reparto operativo e del nucleo investigativo, tenente colonnello Salvo Gagliano e capitano Biagio Marro.

“Così come evidenziato, lo scenario sembrava davvero preoccupante”, ha spiegato il comandante Ferla. Le carte apparivano a prima vista reali, le accuse, ad un certo punto, persino verosimili. “L’indagine è partita dalla mancata aggiudicazione della gara per il Palazzo di giustizia, indetta dal Comune di Lecce. Maragliulo sosteneva di aver consegnato un tariffario alla Prefettura aggiornato al settembre dello scorso anno”. A tale proposito, ai carabinieri avrebbe esibito “carte con timbri di ricevuta, obiettando che alcuni funzionari gli avevano risposto che l’ultimo tariffario, non conforme ai parametri di gara, risaliva ad aprile”. Da qui, “la mancata aggiudicazione – ha spiegato il comandante – ed il passaggio alla seconda classificata”.

E così, il 33enne avrebbe palesato tutte le presunte, molto presunte, angherie subite. Parlando di “ritardi ingiustificati dei funzionari nel rilascio dei decreti di guardia particolare giurata a molti dei suoi dipendenti e di richieste di tangente da parte di una funzionaria della Prefettura, in contanti”. Si parla di 15mila euro. Fatto, come appurato, che non sarebbe mai accaduto. Ma c’è di più. “Altri impiegati della Prefettura e alcuni addetti della Questura, a suo dire, gli avevano avanzato richieste di assunzione di persone da loro stessi segnalate”. Insomma, favori in cambio di autorizzazioni. “Tutto materializzato nel sistematico smarrimento dei documenti consegnati alla Prefettura, che, sempre secondo le ricostruzioni di Maragliulo, dilazionava i termini di rilascio dei permessi”.

Un quadro particolarmente fosco, tale da far tremare la sedia del prefetto stesso, se anche solo alcune delle accuse mosse fossero risultate vere. Perché sarebbe venuto fuori un grave sistema di concussioni. “Nel corso di un’altra denuncia, il titolare dell’istituto ha spiegato che un ispettore della polizia di Stato e altri agenti, dopo aver eseguito due controlli, in tempi diversi, avevano riferito il falso nei verbali di sopralluogo che nel frattempo avevano portato la Prefettura ad aprire un procedimento per la revoca dell’autorizzazione già concessa”. E quando è spuntata fuori anche la storia di “altre falsificazioni che avrebbero determinato persino la revisione della gara avanzata dal Comune, l’impegno del reparto operativo e di quello investigativo è stato immediato”.

Sono così venuti a galla diversi aspetti, che hanno iniziato a dare un senso al puzzle, scomposto in tanti tasselli, non tutti chiari. “Abbiamo scoperto che tutto l’impianto era falso – ha spiegato il comandante provinciale -, a partire dai rapporti tra la Famar Security Sas e la Prefettura. Le domande erano state presentate solo per due guardie giurate”. Mentre i dipendenti dell’azienda erano dodici, di cui otto i vigilanti. E dunque, Maragliulo, “con abili copia-incolla di fotocopie, aveva realizzato i contrassegni di arrivo delle marche da bollo elettroniche, riportate su altri documenti che, di fronte a noi, aveva spiegato di aver consegnato alla Prefettura e che qui, sempre secondo la sua versione, avevano perso”. E sulle richieste di tangenti, è stato un avvocato da Maragliulo stesso ingaggiato per occuparsi delle pratiche, e che era andato a parlare per suo conto in Prefettura, a spiegare ai militari che non erano mai state formulate. “Smentito su tutta la linea”.

Ma perché, tutto questo? Quale il movente di un grottesco, per quanto anche piuttosto ben congegnato tentativo di raggiro? “La Famar era una società con evidenti difficoltà economiche”, ha spiegato il comandante Ferla. “Molte delle guardie giurate, più o meno lecitamente assunte, non riuscivano ad avere uno stipendio”. Maragliulo avrebbe dunque cercato di acquisire nuovi lavori, “ma non era autorizzato alla vigilanza armata: la sua licenza riguarda servizi di guardiania”. Nonostante nuovi ingressi, i problemi non si sarebbero appianati. Molte altre situazioni, fanno propendere gli investigatori per un’invenzione architettata per apparire più verosimile. Come la denuncia del furto di un’auto, a suo dire una chiara minaccia per farlo desistere dai tentativi di espandere l’attività, una busta piena di proiettili che gli sarebbe stata fatta recapitare a domicilio, persino l’uccisione del cane del suocero.

Un altro episodio appare ancora più indicativo. Il giorno in cui due guardie giurate decisero di licenziarsi, non avendo incassato più di 300 euro in tre mesi d’attività, Maragliulo corse in caserma, dicendo ai carabinieri che si erano sollevati dagli incarichi come effetto di pressioni e minacce. I militari sono subito andati a verificare. Bussando alle porte di casa delle due guardie giurate. Le quali hanno spiegato di non saperne nulla, di fatti del genere, e di aver semplicemente mollato il lavoro, per la necessità di trovare un altro impiego. Ma l’aspetto più inquietante proviene dalle pratiche sull’uso delle armi. False anche queste. I carabinieri hanno scoperto che il numero d’ordine sarebbe incompatibile con il nome da registrare al tiro a segno nazionale. Il rappresentante dell’ente, di Brindisi, ha spiegato di non aver mai rilasciato certificazioni di questo tipo alla società.

Sotto sequestro, fin da questa mattina, sono finiti l’immobile dove ha sede la società, le apparecchiature, e sette autovetture di servizio. Le perquisizioni sono state estese in abitazioni di dipendenti e altre persone che potrebbero avere con sé documentazione utile a proseguire l’inchiesta. Altri due sono gli indagati, a piede libero, per porto illegale di armi. Maragliulo è difeso dagli avvocati Pantaleo Cannoletta e Daniela Mazzotta.

Emilio Faivre

Vigilanza privata con carte false: titolare arrestatoultima modifica: 2011-02-10T12:00:00+01:00da sagittario290