Martedì 12 Ottobre 2010,
Ed: ROVIGO
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LA SENTENZA Depositate le motivazioni: avrebbe garantito l’impunità a pusher in cambio di droga e soldi
Protezione, carabiniere condannato a 5 anni
Sono state depositate nei giorni scorsi le motivazioni che hanno portato il Gup del tribunale di Ravenna, Anna Mori, a condannare, nel luglio scorso, a cinque anni di carcere (tre coperti da indulto) e 20mila euro di multa Antonio Longo, 45 anni, carabiniere di San Martino di Venezze, che negli anni a cavallo del 2000 era in servizio nel capoluogo romagnolo. Secondo l’accusa Longo faceva parte del gruppo di militari dell’Arma che avrebbe garantito protezione a un paio di pusher tunisini dell’ex Callegari, fabbrica abbandonata alle porte di Ravenna meta di tanti tossicodipendenti dediti al crack e all’eroina. I due spacciatori, Lofti Brinis, 36 anni, e Radhovan Ben Ammar Brinis, 39, dovevano consegnare ogni giorno tra i 5 e i 10 grammi di droga e versare ogni due settimane un fisso in ragione dell’impunità loro fornita. Le ottantasette pagine quelle del gup Anna Mori, depositate ora in cancelleria, vanno al di là delle motivazioni che hanno portato alla condanna del polesano e all’assoluzione di un suo collega: è l’operato dell’intero gruppo che viene passato al setaccio, tra finti blitz per indurre i pusher a pagare percentuali sullo smercio e vere spedizioni punitive contro scomodi concorrenti nello spaccio. Mentre i fratelli tunisini hanno patteggiato un anno e sei mesi di carcere a testa, per altri tre carabinieri e una guardia giurata è ancora in corso il dibattimento davanti al tribunale in composizione collegiale. Nonostante Longo avesse un ruolo “subalterno” nella vicenda (in particolare come fulcro del giro viene citato C.C, ex vicebrigadiere di Latina) il Gup definisce quelli attribuiti al carabiniere polesano “fatti di gravità estrema” perché commessi da chi “sarebbe stato costituzionalmente deputato a prevenire proprio i traffici che invece incoraggiava, tutelava e proteggeva”. Stando a quanto riferito dai tunisini anche Longo avrebbe fatto uso di droga, cocaina per inalazione, sembra, circostanza che sarebbe confermata dal fatto che il carabiniere nel 2001, l’indomani dell’arresto del vicebrigadiere C.C., diversamente da altri, evitò di sottoporsi al relativo test. D’altro canto Longo era l’unico tra gli accusati ad essere del nucleo operativo e ad essere stato “escluso” dai servizi delicati, come ha riferito il suo tenente in udienza del processo dibattimentale, «in un momento in cui avevamo alzato i livelli delle indagini». Sarebbe poi lui “il medico” cui si riferiva uno dei pusher parlando con un suo fornitore.
Cristina Fortunati