Cronaca
(30 luglio 2010)
INCHIESTA ITALIANA
L’Italia della violenza a mano armata
Dieci milioni di armi e pochi controlli
Dalla cronaca delle ultime settimane una sequenza tragica: impiegati licenziati e amanti frustrati che sparano e uccidono. Una famiglia su sei possiede pistole o fucili. Ai poligoni gente di ogni tipo, operai e avvocati. Ma l’Europa impone norme sempre più severe
di MEO PONTE
GLI ULTIMI spari a Loreto. Due donne uccise e una terza ferita dalla pioggia di proiettili calibro 7,65 esplosi da Claudio Alberto Sopranzi, guardiano di camping e uno dei trentamila italiani legittimati al possesso di una pistola. Un altro era Paolo Iacconi, il rappresentante che il 23 luglio ha ucciso i suoi ex datori di lavoro a Massarosa e poi si è suicidato: aveva il nulla osta per detenere armi, ma solo in casa, nonostante lunghi ricoveri in clinica per depressione. E ancora: Riccardo Regazzetti che ha usato il porto d’armi sportivo per comprare la Glock calibro 9 con cui ha ammazzato l’ex fidanzata ad Agnadello, nel Cremasco. Non si è ancora spenta l’eco delle polemiche per la semiautomatica venduta con leggerezza (il porto d’armi gli era stato revocato da mesi dopo le denunce per stalking) a Gaetano De Carlo, il “killer delle ex” che il 39 giugno ha ammazzato due volte tra Chieri e Cremona, che ci si torna a chiedere quante sono le armi da fuoco sparse per l’Italia. Ma quanti sono gli italiani autorizzati ad avere in tasca una pistola? E quali sono i requisiti per ottenere un regolare porto d’armi? E come si acquistano un revolver o un fucile d’assalto?
Una pistola in famiglia. Non è facile fare una stima delle armi che circolano oggi in Italia. Sull’argomento c’è molta confusione e i dati sono contraddittori. In un rapporto Eurispes del 2008 si legge: “Sono circa 10 milioni le armi legali presenti in Italia, con almeno quattro milioni di famiglie “armate”, una su sei che è in possesso di almeno una pistola,”. E nel 2007 il Dipartimento Armi ed esplosivi del ministero dell’Interno stimava in 4,8 milioni (pari all’8,4 per cento della popolazione totale) le persone in possesso di un’arma da fuoco “corta o lunga, da caccia o da tiro a segno o ancora da difesa”.
Dopo aver interrogato l’Associazione Nazionale Produttori armi e munizioni (Anpam), il Banco Nazionale di Prova per le armi da fuoco portatili e per le munizioni commerciali, esperti di diverse riviste del settore, l’Associazione Nazionale Armieri e naturalmente polizia e carabinieri si può fotografare la situazione attuale. I porto d’arma per difesa personale sono piuttosto limitati: 34mila secondo Eurispes ma secondo l’Anpam i 35.700 permessi per difesa personale rilasciati nel 2004 nel 2007 sono stati drasticamente ridotti a 23.600. A questi, bisogna aggiungere i circa 50mila permessi rilasciati a guardie giurate. In netto calo anche il porto d’armi che un tempo era il più diffuso, quello per la caccia, che ha visto i due milioni di titolari degli anni passati scendere oggi ad “appena” 800mila. In leggera crescita sembrano invece essere i permessi per uso sportivo (tiro a volo o tiro a segno) che comunque non superano, secondo le diverse fonti, i 178mila. E sarebbero invece, stando al rapporto Eurispes, almeno tre milioni gli italiani che hanno denunciato la presenza di armi in casa, ereditate o inservibili. Dopo il boom degli anni Settanta (tempi di terrorismo e di sequestri di persona) e l’introduzione di norme sempre più rigide per adeguarsi alla normativa europea, il numero dei permessi per il porto d’arma per difesa è stato fortemente ridimensionato: le 41.395 licenze concesse nel 2002 sono scese nel 2003 a 36.494 nel 2003 per calare ulteriormente a 34.274 nel 2004. In compenso sono aumentate le richieste: nella sola Roma le 5.000 richieste presentate nel 2003 sono salite a 9.800 nel 2005 e a 11.250 nel 2006. La Provincia di Roma comunque segue, nella classifica della città “più armate”, Torino e Milano. Ci sono poi casi particolari come quello della provincia di Nuoro dove si contano 1.200 possessori di porto di pistola e 17.700 cittadini con porto di fucile “per uso venatorio” con una media pari ad un’arma ogni 10 abitanti.
Regole, licenze e nulla osta. In Illinois Bubba Ludwig al suo terzo tentativo ha ottenuto il porto d’armi. Bubba ha solo dieci mesi. Il padre, che voleva regalargli il fucile da caccia ereditato dal nonno, ha compilato il modulo su Internet e pagato la tassa richiesta. La licenza è arrivata puntuale con una foto del marmocchio e uno scarabocchio che era il suo tentativo migliore di firma. Le prime due richieste erano state respinte perché il padre aveva dimenticato di specificare sul modulo che il figlio era cittadino americano. “Non ci sono restrizioni riguardanti l’età” ha spiegato la polizia al cronista del Chicago Sun Times. In Italia invece la maggiore età è il primo requisito richiesto per ottenere un porto d’armi di qualsiasi tipo. “L’Italia ha una delle normative più avanzate nel mondo per quanto riguarda il controllo delle armi – spiega Nicola Perotti, 36 anni, avvocato e da un anno presidente dell’Anpam – tanto è vero che ha recepito interamente il protocollo Onu Firearms come nessun altro paese”. E Fabrizio Majerna, titolare di una delle più antiche armerie italiane, sorta nel 1881, ed ex consigliere dell’AssoArmieri sottolinea: “Un tempo bastavano sedici anni e il consenso del padre per un permesso da caccia, oggi non è più possibile”. Oltre alla maggiore età, occorre avere anche un fedina penale immacolata. Per inoltrare la richiesta al prefetto occorre poi una certificazione di idoneità psico-fisica e, per chi non ha fatto il servizio militare, un’idoneità rilasciata da un poligono. La licenza che è valida per cinque anni (ma va rinnovata annualmente) tra certificati, marche da bollo e abilitazioni al tiro ha un costo minimo, poco più di 150 euro. “La licenza per difesa personale – spiega Edoardo Mori, magistrato di Cassazione ed uno dei massimi esperti di diritto in materia di armi – viene rilasciata dal prefetto a chi ha dimostrato che ha bisogno di difendersi. Vale questo discorso per chi fa frequente trasporto di denaro, chi corre il pericolo di essere sequestrato, chi fa una professione a rischio. Abilita al porto di armi corte, pistole o rivoltelle, in ogni tempo e luogo salvo che nelle riunioni pubbliche come comizi, partite di calcio o in discoteche affollate e autorizza a sparare ovunque al di fuori dei luoghi abitati. Ai questori invece è delegato il rilascio dei permessi per caccia e tiro a volo. “In realtà – aggiunge Mori – ogni cittadino sano di mente, che non si ubriachi o non si droghi e che non sia pregiudicato o malfamato o obiettore di coscienza ha diritto di acquistare armi. Chi non ha una licenza di porto d’armi può richiedere un apposito “nulla osta” che autorizza a trasportare le armi acquistate sino al luogo di detenzione”.
Il “nulla osta” permette di avere una pistola in casa ma non di portarla in giro. “Negli ultimi cinque anni non ho avuto una sola richiesta di acquisto di un’arma con il solo “nulla osta” – ricorda Fabrizio Majerna – Ha lo stesso costo del permesso per il tiro sportivo che consente invece il trasporto dell’arma”. Agli esperti preme sottolineare la differenza tra porto e trasporto dell’arma. “Solo il porto d’armi per difesa personale permette di portare un’arma in tasca – sottolinea Giuseppe Masino, direttore del Tiro a Segno Nazionale di Torino, il più antico d’Italia, fondato nel 1837 da Carlo Alberto, che conta 151 linee di tiro – negli altri casi l’arma può essere trasportata solo se sistemata in una custodia e con le munizioni ben separate”.
Quali sono le regola negli altri paesi? La legislazione italiana è davvero la più avanzata? Oltre confine ci sono più controlli delle armi in circolazione? Gli Stati Uniti sono un caso a parte. “Con grandi contraddizioni sull’argomento – spiega Isabella Merzagora, docente di Criminologia all’Università di Milano – nella città di Morton Grove, in Illinois, è stato bandito completamente il possesso privato delle armi, in quella di Kennesaw, in Georgia, il possedere un’arma e il relativo munizionamento è diventato obbligatorio nel 1982”. In Arizona, dove a Tombstone ogni anno stuntman e attori mettono in scena il leggendario “gunfight at Ok corral” per possedere una pistola occorre frequentare un corso di 16 ore sul maneggio dell’arma. Se non si supera la prova finale, la licenza viene rifiutata. “In Texas si possono portare armi purché in vista” aggiunge Edoardo Mori. In Giappone praticamente nessuno possiede un’arma. In Inghilterra la vendita di armi ai privati è stata completamente proibita dopo la strage di Hungerford, nel Berkshire, dove il 19 agosto del ’97 Michael Robert Ryan, con due fucili semiautomatici e una pistola regolarmente detenuti, uccise 16 persone, tra cui la madre, e ne ferì altre 15 prima di togliersi la vita con l’ultimo colpo. In Svizzera, grazie alla forma “miliziana” della leva, ogni cittadino ha in casa un fucile d’assalto. “Francia e Germania, dove un tempo si poteva comprare armi esibendo la carta d’identità, si sono adeguate alla normativa europea e non è più così facile acquistare fucili e pistole” precisa Edoardo Mori.
Italiani a mano armata. Chi sono gli italiani a mano armata? E chi li controlla? E che cadenze temporali hanno i controlli? Se il porto d’armi per difesa richiede una visita medica annuale, per quello di tiro a volo i controlli avvengono ogni cinque anni. “Basta però una denuncia, a volte anche la segnalazione di comportamento anomalo, perché polizia e carabinieri possano ritirare qualsiasi licenza di porto d’armi. Mi pare evidente che le responsabilità di eventuali violazioni alle regole vadano cercate tra chi ha il compito di controllare” sottolinea Fabrizio Majerna. “Da noi a sparare vengono persone di ogni ceto sociale – spiega Giuseppe Masino, direttore del Tiro a Segno Nazionale di Torino – poliziotti e guardie giurate, professionisti ma anche operai. Di certo non ho mai visto tipi alla Rambo”. L’avvocato Wilmer Perga, uno dei più noti penalisti di Torino, al poligono non ci va ma ogni sera quando torna a casa dall’ufficio infila nella cintola una Walter Ppk semiautomatica. “Ho avuto il porto d’armi per difesa personale negli anni ’70, al tempo del terrorismo – ricorda – poi l’ho rinnovato meccanicamente. La sera la porto perché mi fa sentire più sicuro”. Alberto B. si definisce un appassionato di armi e dice: “È difficile spiegare le passioni. Nel mio caso è la passione per la meccanica. Proprio così, un fucile o una pistola non sono che una macchina che unisce la meccanica con la chimica. E poi c’è la sfida con la propria abilità. Il segreto del tiro a segno è tutto lì, una sfida con se stessi. Che raggiunge lo zenit con la ricarica dei proiettili. In quel momento c’è la soddisfazione di portare la “macchina” al massimo della sua potenzialità con l’opportuna misurazione delle dosi di polvere”. A volte, la passione raggiunge livelli preoccupanti come nel caso del primario sardo che ha in casa 72 fucili d’assalto. Per custodirli, ha commissionato un armadio blindato alla Blindiamond di Quistello, in provincia di Mantova, un’impresa specializzata in “casseforti per armi” creata dai fratelli Zoboli otto anni fa. “Vidi un mobile del genere in un film e ne feci uno per me. Avevamo un negozio di serramenti, allora, lo notò un cliente e lo volle uguale. Ci siamo specializzati. La custodia delle armi è fondamentale, con i nostri armadi in caso di furto si evita la denuncia per omessa custodia” ricorda Luca Zoboli. La settimana scorsa i ladri hanno cercato di rubare l’armadio blindato di un professionista di Mantova. “L’hanno portato via a spalla – racconta con orgoglio il titolare della Blindiamond – l’hanno abbandonato in un prato non riuscendo ad aprirlo. C’erano dentro quindici fucili. Abbiamo ideato serrature che si aprono solo con l’impronta digitale del proprietario”.
I pregiudizi però sono duri a morire. “Si può uccidere in molti modi, con il vaso da fiori o con il mattarello, ma se si aggredisce con un’arma da fuoco le probabilità che ci scappi il morto sono maggiori” dice Isabella Merzagora. E il professor Goldstein, criminologo americano, aggiunge: “The difference between an homicide and an assault is a gun”, la differenza tra un omicidio e un’aggressione è una pistola. Scontato che i proprietari di armi non amino quindi la pubblicità. L’assessore alla polizia municipale di Pesaro, Riccardo Pascucci, qualche mese fa è stato investito dalle polemiche quando si è saputo che aveva chiesto il porto d’armi. “Era per il tiro a volo – taglia corto – ma non voglio parlarne”. A Shooterland, un poligono nel Cuneese dove ci si può esercitare al tiro rapido, hanno cambiato anche la forma delle sagome per evitare polemiche. “Qualcuno ha gridato allo scandalo perché ricordavano forme umane – spiega il vicepresidente Franco Giuggia, avvocato – e pensare che nelle nostre gare ci sono tre regole precise: sicurezza, sicurezza, sicurezza”. In molti però continuano a pensare che in Italia sia troppo facile possedere un’arma e citano gli ultimi episodi di sangue. “E chi può prevedere il raptus? – si chiede Fabrizio Majerna – Un giorno un cliente abituale, già proprietario di due pistole, si presentò per comprarne una terza. Il suo comportamento mi insospettì. Provai a non vendergli l’arma fingendo che carta di credito e bancomat non funzionassero, non accettando assegni. Uscì, trovò i contanti e dovetti vendergli la pistola. Si sparò due ore dopo”.