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18-04-2010
Notte da incubo alla stazione Termini, si dorme a terra. Un albergo? I prezzi salgono alle stelle
di Luca Monaco
ROMA (18 aprile) – Anime stremate giacciono sul pavimento della stazione Termini. Eduardo Ramos accarezza la fronte della fidanzata sotto la biglietteria numero uno: «Il volo è stato cancellato, Miami è lontanissima. E domani…chissà se riusciremo a trovare una soluzione».
Un volo, un treno. Anche una camera d’albergo andrebbe bene. Se solo non fosse tutto esaurito. Se solo i prezzi non fossero schizzati alle stelle. «Stanotte per affittare una doppia in un albergo tre stelle occorrono 250 euro – dice Giuseppe Tedesco, affitta camere da 20 anni a Termini – normalmente solo 120». E chi non può spenderli è costretto a dormire in stazione, dove a mezzanotte sono stati chiusi anche bagni. Gli agenti di sicurezza spiegano che si è trattato di un disguido temporaneo. La signora Angelina, 68 anni, è incredula: «Nisiquiera en Argentina». No, nemmeno in Argentina succede che all’emergenza si aggiunga disorganizzazione. E che la notte di queste anime in pena sia turbata da veri e propri sciacalli. «Sette posti per Parigi, gli ultimi sette posti per Parigi» ripete un noleggiatore romeno in un francese impeccabile. Accorrono in tanti, salvo poi girare le spalle una volta saputo il prezzo: 2.500 euro.
La notte da incubo delle vittime della nube di cenere – sprigionata dall’eruzione del vulcano sul ghiacciaio Eyjafjallajoekull, in Islanda, che ha causato la cancellazione di moltissimi voli – è iniziata sabato alle 21, dopo la chiusura della biglietteria. Quando centinaia di persone hanno iniziato ad “accamparsi”lungo le pareti della biglietteria. Facce distrutte, occhiaie che parlano di due, tre, scali aerei effettuati in poche ore, nel tentativo di avvinarsi quanto più possibile a casa.
Markus Sperger, studente tedesco di 24 anni è atterrato alle 21 di sabato a Fiumicino da Istanbul. «Ero in vacanza a Johannesburg, ieri avrei dovuto atterrare a Monaco, dove abito». E invece in 12 ore ha “visitato” quattro diversi aeroporti: partito Johannesburg diretto a Keep Town, ha raggiunto Istanbul, prima di volare su Roma. «Se sono fortunato domattina prendo il treno per Bolzano – dice Markus, che è riuscito ad accaparrarsi un posto sul tappeto dello stand pubblicitario della CocaCola – Lì dovrei trovare mio padre, che mi riporterà a casa in macchina…Spero!!». Già, perché dopo tanto peregrinare si comincia dubitare di tutto e tutti, anche dei proprio genitori.
Intanto alle due e mezza del mattino, Rainer Cramer si gira nervosamente sul pavimento gelido. «Non ho nemmeno una coperta – dice contrariato – dormire in queste condizioni è impossibile». Rainer, tedesco di Düsseldorf, è atterrato sabato a Fiumicino da Tripoli (Libia), «dove lavoro da 20 per un’azienda tedesca che costruisce condutture idriche». Era diretto a casa per le ferie, dopo sei mesi di duro lavoro, ma la nube lo ha fermato. Ora è li, insieme e tanti altri compagni di sventura, in attesa del treno di domenica per Milano. «Poi mi aspettano altre dieci ore di macchina, prima di riabbracciare finalmente la mia famiglia».
Mezz’ora più tardi l’androne della biglietteria è avvolto dal silenzio più totale, come fosse una stanza da letto. La radio dei vigilantes in servizio suona con cadenza regolare, proprio come le lancette della sveglia sul comodino che stanotte è lontano migliaia di chilometri. Angelina Palacios, 68 anni, invece di scendere dal letto si alza dal pavimento. Cammina in direzione dei bagni, al piano di sotto, ma un’amica sconsolata, l’avvisa del problema. «Il bagno è chiuso». Come è chiuso? domanda lei. «Si, si, è chiuso» Il vigilantes conferma. «Si signora, c’è stato un disguido. Tra poco li riaprono. Se non resiste le conviene andare nel bar a via Marsala». Angelina scuote la testa interdetta: «E meno male che l’Europa è il primer mundo. Meglio l’Argentina».
La nube ha chiuso gli aeroporti. «Ma almeno lì hanno messo le brandine – afferma Antonio, milanese in vacanza Roma – qui siamo costretti a bivaccare come barboni». Purtroppo a loro, anime avvolte da una nube che non accenna a diradarsi è andata peggio. All’una i vigilantes li hanno cacciati fuori. Perché «sporcano, disturbano, molestano». E così sono sdraiati pochi metri più in la. All’esterno. Separati dagli altri da un vetro trasparente. Proprio come loro. Viaggiatori stanziali, in attesa permanete di un treno che li allontani dalla sofferenza.