La vedova del metronotte ucciso…

Cronaca

29 aprile 2010

IL CASO

La vedova del metronotte ucciso
«Non ho parole per questa giustizia»

Maria Cristina Magnaguagno: «Mi resta solo il dolore»

garbin--190x130.jpgVICENZA – «Cosa possiamo aggiungere a distanza di 12 anni dalla tragedia? L’unica cosa che posso dire è che la giustizia ormai è quella che è, dopo tutto il tempo trascorso nel nostro dolore non ci sono più parole, né la voglia di commentare anche questa sentenza». Sono queste le uniche stringate parole della vedova Maria Cristina Magnaguagno dopo la sentenza civile emessa dal tribunale di Venezia sul caso dell’omicidio del marito Silvano Pellizzari, guardia giurata freddata nel 1998 dall’ex collega Giorgio Garbin sorpreso a rubare nel piazzale della Magneti Marelli di Arzignano. La convinzione della famiglia, che con l’avvocato Fernando Cogolato aveva promosso una causa civile chiedendo un risarcimento di 800 mila euro a Usl 5, prefettura e ministero degli Interni, era che l’omicida, già condannato a otto anni con rito abbreviato beneficiando di una riduzione per l’infermità mentale, se non avesse auto l’arma con sè non avrebbe ucciso. Quel porto d’armi concesso a Garbin infatti per i Pellizzari non doveva esserci visto i pareri negativi dei carabinieri avvalorati da alcuni precedenti associati ad un caso psicotico di cui era stato vittima.

La sentenza emessa dal giudice Maria Grazia Balletti ha riconosciuto quello che tecnicamente si chiama «nesso casuale» e quindi che «se non avesse avuto l’arma, probabilmente non avrebbe ucciso », ma non ha per questo ritenuto colpevole chi ha rilasciato il porto d’armi non concedendo quindi il risarcimento chiesto. «Il giudice – spiega l’avvocato Cogolato – è venuto incontro alle nostre richieste, ma sulle conclusioni non c’è una conseguenza logica- giuridica, perché, secondo noi, dal comportamento delle parti è emersa una condotta colposa». Una sentenza quindi che lascia con l’amaro in bocca la famiglia Pellizzari, che comunque sembra disposta presentare appello, e che pur avendo perso la causa non dovrà risarcire le spese legali a Usl 5, prefettura e ministero degli Interni. Una decisione quest’ultima che testimonia non solo la complessità della vicenda, che è anche il primo caso di questo tipo in Italia, ma che fa trapelare anche i dubbi del magistrato che nella sua sentenza scrive che «al momento della visita per il porto d’armi non vi erano o comunque non emergevano condizioni di dipendenza, disturbi mentali, della personalità o comportamentali tali da risultare ostativi alla prevista autorizzazione, poiché l’unico episodio era dato da un fatto di autolesionismo, che non aveva avuto seguito, in una persona quindi che appariva in condizioni di adeguato compenso e monitorata periodicamente». Aggiungendo anche che «si può ravvisare il nesso di casualità tra la concessione del porto d’armi e il successivo omicidio… I carabinieri hanno rilevato la presenza di un procedimento pendente per furto ed in seguito la modifica della situazione con la mancanza di precedenti…La commissione medica ha dato una sua valutazione sulla base di un precedente episodio psicotico, per il quale era stato ricoverato per ingestione di ammoniaca. Il medico… ha riferito che il fatto..era stato soppesato e che si era ritenuto potesse essere monitorato con controlli periodici per il paziente affetto da sindrome di Boderline ma che non c’era fondatezza per ritenere il soggetto inadeguato secondo i criteri del ministero della Sanità e in ogni caso l’episodio non rappresentava pericoli per gli altri».

Tommaso Quaggio

La vedova del metronotte ucciso…ultima modifica: 2010-04-30T11:00:00+02:00da sagittario290