Capristo racconta un anno di lavoro in Procura

sabato 21 novembre 2009

Capristo racconta un anno di lavoro in Procura

Andria maglia nera della criminalità. Trani ha importato la delinquenza barese

capristo_1.jpgIl 6 ottobre dell’anno scorso, Carlo Maria Capristo cominciava la sua esperienza alla guida degli uffici giudiziari di Trani. Ad un anno di distanza, il Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale di Trani presenta i risultati del suo operato. L’occasione gli è fornita dai Lions club di Trani. Per celebrare il trentennale di attività, il presidente Elio Loiodice, ha puntato sul Procuratore gallipolino, poco incline alla partecipazione a conferenze e manifestazioni, assolutamente contrario alle forme di autocelebrazione. «Mi sottopongo ad un esame – dice – e sarà l’opinione pubblica a dire se avrò fatto bene o meno. Non vi aspettate che parli del processo breve o delle riforme della Giustizia, ho promesso a me stesso di non dire niente».

Capristo racconta i suoi 13 mesi di attività. «Reggere un ufficio di Procura è durissimo, d’altronde i Procuratori sono diventati dei manager a tempo pieno. A Trani ho avviato un percorso specifico, esaltando la funzione organizzativa dll’ufficio, puntando ad affrontare le criticità nel quotidiano e nel lungo e medio termine. Sono stati creati dei gruppi di lavoro, coordinati dai miei validissimi sostituti, dieci colleghi seri e preparati. Non ci sono comparti stagni, succede invece l’esatto contrario, con una continua circolazione di informazioni che ci consentono di avere sempre il controllo della situazione. Sono particolarmente felice dei risultati ottenuti dal gruppo che si occupa di criminalità e allarme sociale, sono felice di aver messo a segno delle operazioni che ci hanno consentito di entrare in possesso dei beni dei malavitosi e di restituirli ai Comuni. L’ho detto anche al Ministro Maroni: il depotenziamento patrimoniale è un colpo mortale per i clan. Per poter compiere un’incisiva lotta alla criminalità organizzata bisogna colpire gli interessi economici dei boss. Non a caso, dopo quasi ogni operazione, in collaborazione con la Guardia di Finanza, procediamo con gli accertamenti delle consistenze patrimoniali al fine di richiedere il sequestro preventivo dei beni».

Abituato, nel corso della sua carriera, ad operare a contatto con realtà e fenomeni criminali di una certa rilevanza, Capristo ha da subito chiesto una mappatura dei paesi sotto l’egida giurisdizionale del Tribunale di Trani. Il quadro, dopo un anno di lavoro, è quello di un territorio complessivamente sotto controllo, con la sola eccezione di Andria dove si è costituita negli ultimi anni un’organizzazione criminale su cui non c’è affatto da scherzare. «A Barletta – dice Capristo – le due operazioni Dolmen e Fieramosca hanno consentito di far piazza pulita dei malvitosi. Adesso sono i giovani in prima linea, con attività di spaccio e rapine soprattutto di attività commerciali e farmacie. Anche Trani non ha situazioni particolarmente significative da essere evidenziate. Ci sono anche qui dei giovani emergenti, rampolli di famiglie appartenenti al clan di Annacondia che cercano di riorganizzarsi ma con scarsi esiti. C’è stato un incremento di rapine ascritte, più che alla delinquenza locale, a soggetti di quartieri baresi. Il dato è questo: Trani ha importato la criminalità da altri Comuni, Bari in primis. Diversa è la questione di Andria, dove la criminalità si è creata dei feudi. Ci sono interi quartieri presidiati da due famiglie malavistose, due organizzazioni che vivono in odore di mafiosità, in grado di darsi una struttura verticale che sa assumere decisioni collettive. Di recente siamo riusciti a disarticolare la famiglia che aveva l’egemonia nel quartiere di San Valentino, sottraendo quasi due milioni di euro di beni. Ad Andria abbiamo compiuto numerosi arresti: spaccio di stupefacenti ed estorsioni collegati all’edilizia sono i fenomeni ricorrenti. La città resta comunque sotto la lente anche perché è diventata una centrale di spaccio fra le più appetite del nord barese».

Situazioni meno gravi negli altri Comuni: «Canosa, Minervino e Spinazzola – dice Capristo – risentono della vicinanza con i confini cerignolani. Si segnalano rapine a portavalori in concorso con soggetti cerignolani affiliati con la n’drangheta, una particolare attenzione alla gestione illecita dei rifiuti e al loro smaltimento per la presenza sul territorio di numerose discariche. Terlizzi, Ruvo e Corato non danno grossi grattacapi. Si verificano dei fenomeni di usura in virtù della presenza di molte attività economiche anche se il dato significativo è legato allo sfruttamento della prostituzione con la delinquenza locale che ha trovato facili sponde con soggetti slavi ed albanesi. Bisceglie e Molfetta non presentano organizzazioni di spessore. Siamo in presenza di gruppi sparuti dediti a reati contro il patrimonio e legati allo spaccio di droga. Su Bisceglie però va segnalata l’assoluta carenza di Forze dell’Ordine. I Carabinieri, costretti ad operare praticamente da soli, sono sottoposti ad un lavoro massacrante. Ne ho parlato con Maroni che mi ha assicurato un pronto intervento dello Stato».

Capristo racconta un anno di lavoro in Procuraultima modifica: 2009-11-22T12:00:00+01:00da sagittario290