Parla il metronotte di via Gradoli

Italia

30 ottobre 2009

Parla il metronotte di via Gradoli

di Eduardo Di Blasi

gradoli_via--400x300.jpgSembra l’ultima strada al mondo dove uno che si volesse sentire «tranquillo» si andrebbe a infilare, via Gradoli. Un unico imbocco, dalla Cassia. Dieci metri e subito una svolta obbligata a sinistra. Una discesa asfaltata di 150 metri che poi risale sulla destra, sempre in senso unico, andando a disegnare una sorta di cappio sottile. Macchine parcheggiate, palazzi residenziali affacciati da entrambi i lati. Ingresso e uscita dal medesimo imbocco. In questa via sei visibile da ogni angolo. È una strada privata, via Gradoli. Un grosso cartello e una sbarra munita di un citofono che una volta selezionava gli ingressi avvisano della questione gli automobilisti. Sembra un paradosso ma è anche «videosorvegliata». Un paio di cartelli davanti a una palazzina  residenziale avvertono di «fare attenzione». Le telecamere, però, non sembrano guardare verso la strada. Almeno a sentire Maria che vive nel «Consorzio» (la forma associativa che s’è dato questo parco di villette e palazzine a quattro piani) fin dagli anni 60. Vale a dire da prima della tragedia di Moro, quando questa era ancora una tranquilla zona residenziale di borghesia media e non erano ancora arrivati gli immigrati (più o meno regolari), la prostituzione e lo spaccio.

«Negli anni 80 hanno costruito gli altri palazzi – spiega Maria – E dagli anni 90 quei palazzi sono stati affittati a tantissime persone arrivate da fuori. Poi è arrivata la prostituzione in casa, e nel week end c’è un viavai insopportabile di macchine di grossa cilindrata». Un viavai talmente insopportabile per una stradina dove è difficile anche trovare un parcheggio, che da due anni il Consorzio paga una guardia giurata per presidiare quel singolo varco sotto la sbarra nelle notti di venerdì, sabato e domenica. Quelle che Maria chiama «le notti del sesso». E non è un particolare da poco stando dietro alle storie dei carabinieri infedeli, dello spaccio, e dei clienti «eccellenti» dei trans che insisteva giusto in fondo alla curva. Perché sarà anche vero, come dice Maria, che questi controlli «non servono a molto», ma un minimo deterrente dovrebbero pur costituirlo. Dal civico 96 di via Gradoli, lungo la Cassia a Roma, Nataly, il transgender che ha messo nei guai il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, esce di casa intorno alle due del pomeriggio assieme a un’amica.

«Non vuole parlare, i vicini si sono lamentati della presenza dei giornalisti», dice l’accompagnatrice, come se il problema, oggi, in via Gradoli, fosse la stampa. È una frase indicativa, però. Perché qualcuno in quella strada, da qualche giorno non dorme sonni tranquilli. E non è solo Nataly, che, senza permesso di soggiorno, potrà rimanere in Italia giusto il tempo del processo. A spiegare chi è che non dorme sonni tranquilli è la signora Cristiana, altra abitante del Consorzio e mamma di una ragazza di 17 anni. Ci porta in giro per la stretta viuzza indicandoci garage e scantinati: «Vede? – constata – Lì ci abitano in sette, pagano 500 euro al mese». «Lì» è un garage senza finestre sotto il ciglio della strada. Ma ci sono anche case da cui pendono stendipanni ricolmi di vestiti, e in diversi scantinati si nota la presenza di qualche famiglia: la parte «sud» di via Gradoli è infatti da anni abitata da questa umanità marginale (ovviamente solo in parte ascrivibile alla delinquenza) che dimora in appartamenti oggi trasformati in tuguri affittati a nero. Ed è qui, alla fine della curva, che c’è il civico 96, casa di Nataly.

Eccolo il problema rappresentato dai giornalisti: «Se qui arrivassero dei controlli – spiega Cristiana – molti italiani che hanno affittato queste case a nero rischierebbero grosso». Ma gli abitanti come lei di certo non se ne lamenterebbero. E anzi sperano che i giornalisti vedano e raccontino anche questo: «Perché io capisco che voi volete sapere chi è “chiappe d’oro”, ma io credo che i problemi di questo posto siano altri». Ed è talmente sensato questo suo punto di vista che lo illustra con una lunga serie di lagnanze postate al Municipio XX, quello della Cassia.

Parla il metronotte di via Gradoliultima modifica: 2009-10-31T11:15:00+01:00da sagittario290