Puglia
18 Luglio 2009
Lecce, il Pronto soccorso è quasi al collasso
di CESARE MAZZOTTA
I medici e il personale di turno, non riescono a rispettare la «consegna» del silenzio. «Non ce la facciamo più, lavoro qui al Pronto soccorso da cinque anni», sbotta con dignità un giovane medico, «e la situazione è a dir poco esplosiva. Abbiamo a che fare con strutture precarie e l’abbiamo fatto presente ai vertici della Asl. Per esempio disponiamo di una sola barella con testata reclinabile, per i cardiopatici – denuncia il dottore – Nella sala di urgenza inoltre, manca da mesi la lampada per operare e ci dobbiamo affidare alla luce del giorno».
Da un infermiere veniamo a sapere che proprio quel medico, mesi fa, è stato aggredito dalla furia bieca dei parenti di un paziente. Il medico ha preferito non denunciare l’accaduto. Il parente «furioso», per riconoscenza, ha regalato al reparto alcune barelle, di cui c’è un gran bisogno. Questo è soltanto uno dei tanti episodi del «clima di frontiera» che si vive al Pronto soccorso. «I vigilantes hanno ricevuto disposizioni di rimanere fuori nel piazzale», denuncia ancora il medico, «Così, mentre noi veniamo aggrediti, il personale di “guardianìa”, controlla il parcheggio delle macchine».
Ma il problema più sentito dal personale è quello del «calvario» che si deve affrontare per ricoverare i pazienti. «Non ci sono posti letto disponibili – fa sapere l’operatore sanitario – perchè si preferisce dare la precedenza ai ricoveri “programmati” dai primari dei reparti. Invece si dovrebbero lasciare almeno il 10 per cento dei posti per le urgenze. Anche questa situazione è stata più volte segnalata per iscritto, ma nessuno si è mosso».
La settimana scorsa una anziana donna è morta, aspettando che si liberasse un posto. E’ arrivata al Pronto soccorso alle 22,30 ed è rimasta senza destinazione fino alle 13 del giorno dopo, quando è deceduta. «Sia chiaro», spiega il dottore Fracella, «alla paziente non è mancata nessuna cura. Anzi, il medico intervenuto per conto dei familiari, ha riconosciuto che la donna era scompensata e che abbiamo fatto tutti gli accertamenti del caso». Nel reparto c’è aria di protesta e di «misura colma». Se la direzione non si muove, la situazione potrebbe prendere altre strade.