Finanza sporca. San Marino lava più bianco

Domenica 31 Maggio 2009

Finanza sporca. San Marino lava più bianco

4a201417dc2f4_zoom.jpgÈ una finanza senza regole quella che emerge dalle indagini sul paradiso fiscale San Marino. Una finanza alimentata dall’evasione fiscale di italiani, che viene sfruttata dalle banche sammarinesi per insinuarsi nell’economia nazionale in modo illecito. Questa è la prima conclusione dell’inchiesta condotta dai pm di Forlì Fabio Di Vizio e Marco Forte sulle attività della Cassa di risparmio di San Marino.

L’indagine è nata l’anno scorso, quando la squadra mobile di Forlì fermò un portavalori che trasportava nella microrepubblica 2,6 milioni di euro in contanti. Da quel sequestro sono partiti controlli che scuotono il segreto bancario del Monte Titano. Le indagini di Di Vizio hanno permesso di verificare, per esempio, che il 70 per cento degli assegni in arrivo a San Marino proviene da tre regioni ad alto tasso criminale: Campania, Calabria e Sicilia.

Il pm ha constatato che spesso anche le banche italiane aggiravano i sistemi informatici antiriciclaggio non segnalando i loro rapporti con le controparti sammarinesi. E soprattutto ha mostrato che la Cassa di risparmio di San Marino controllava illecitamente un gruppo bancario in Italia (ora commissariato) gestito senza seguire le regole bancarie.

Si chiama gruppo Delta e ha sede a Bologna. Suo compito era raccogliere soldi e trasferirli sul Titano, poi farli rientrare in Italia investendoli in attività formalmente legali. Da queste scoperte sono partiti gli ordini di arresto (e oltre 35 avvisi di garanzia) per tutto il top management della Cassa di risparmio di San Marino, il più grosso istituto del Titano. In carcere sono finiti il presidente Gilberto Ghiotti, il direttore Luca Simoni, l’amministratore delegato Mario Fantini, Gianluca Ghini, direttore generale della Carifin sa (controllata dalla cassa), e il consigliere della cassa Paola Stanzani.

Sulla Delta s’è anche appuntata l’attenzione della Banca d’Italia. Dal gruppo dipende una ragnatela di società attive pure nel credito al consumo attraverso la Carifin e la Plusvalore. Gli ispettori della Banca d’Italia, che hanno terminato il loro lavoro il 4 febbraio, hanno verificato che la Cassa di risparmio di San Marino era illecitamente il socio occulto di maggioranza della Delta.
Soprattutto, hanno rilevato che a chi chiedeva un mutuo le finanziarie fornivano informazioni apparentemente truffaldine. Il tasso, infatti, non inglobava le spese per l’incasso delle rate e, si legge nel rapporto, “ciò ha comportato il superamento del tasso soglia per un numero elevato di posizioni (dall’analisi ispettiva: 9.882 casi nel primo semestre 2008)”. Tradotto: prestiti a tassi d’usura.

Lo stesso viene imputato alla Plusvalore che, applicando lo stesso sistema, ha prestato danaro a tassi d’usura in 2.104 casi. Ma le persone raggirate possono essere molte di più, perché gli ispettori hanno considerato solo le posizioni che eccedono di 1 punto percentuale il tasso soglia.
Per prestare soldi a famiglie e imprese bisogna anche raccoglierli. Anche qui illeciti del gruppo Delta, secondo i verbali dei circa 70 interrogatori condotti dal pm Di Vizio. Uno di questi riguarda un imprenditore veneto (recidivo, in quanto già indagato dalla Guardia di finanza di Cremona sempre per evasione fiscale) che ammette: “In pratica acquistavo in nero e vendevo in nero” attraverso il pagamento di “fatture per operazioni inesistenti”. Il danaro veniva poi trasformato “sotto forma di assegni circolari non trasferibili che poi versavo alla Carifin”; “in due anni avrò portato circa 2 milioni di euro”. I magistrati e la squadra mobile di Forlì hanno però accertato che l’evasione dell’imprenditore non è inferiore ai 18 milioni.

La Carifin, ligia al segreto bancario, “non invia corrispondenza a domicilio e non telefona mai”. Con i dirigenti della finanziaria “abbiamo anche parlato delle cautele da adottare nel senso di non lasciare carte in giro, è per questo che distruggevo gli estratti conto”. L’interrogato aggiunge: “Tutto il mondo sa quello che si fa a San Marino, gli imprenditori dell’area geografica da cui provengo conoscono bene questa possibilità di operare il trasferimento irregolare di fondi e credo ormai che San Marino in questo abbia sostituito la Svizzera”.

Nella gran mole di carte che il pm forlivese ha raccolto emerge anche il sospetto che il Titano venga usato come bancomat da parte della criminalità organizzata. Sta di fatto che su 1,1 milioni di assegni esaminati il 70-75 per cento è stato emesso da banche delle regioni meridionali e questo allarga di molto l’ambito dell’indagine.

Da una parte si è mossa la direzione nazionale antimafia e dall’altra il Gafi: l’organismo dell’Ocse che si occupa di antiriciclaggio incaricato di redigere la lista nera dei paesi che coprono evasori fiscali e capitali illegali ha chiesto lumi. Con una lettera zeppa di domande rivolte alle autorità sammarinesi il Gafi vuole verificare la legislazione antiriciclaggio della repubblica. Probabilmente avrà la stessa delusione dei magistrati forlivesi: i poteri delle autorità di polizia a San Marino sono praticamente inesistenti, al punto che il corpo interforze della repubblica (una sorta di Guardia di finanza) non può effettuare ispezioni fiscali.

È per questo che San Marino potrebbe non uscire, come vorrebbe, dalla “lista grigia” dei paradisi fiscali per entrare in quella “bianca” che gli consentirebbe di intrattenere normali rapporti finanziari con il resto del mondo. Ecco perché l’inchiesta forlivese fa paura: è la dimostrazione che San Marino assomiglia molto a una lavanderia.

Finanza sporca. San Marino lava più biancoultima modifica: 2009-06-01T12:00:00+02:00da sagittario290