«Sorrisi e libertà, così riusciamo a stare in dieci nella tenda 74»

Edizione ROMA

Sabato 18 Aprile 2009

Romina, Jonny, i loro tre figli di 7,6 e 4 anni, più la nonna
e altri quattro parenti: dentro letti rifatti, fuori bici e giochi

«Sorrisi e libertà, così riusciamo
a stare in dieci nella tenda 74»

La famiglia Piccinini: «Questa esperienza ci ha cambiato, ma ora ci manca tutto»

dal nostro inviato

RAFFAELLA TROILI

51.jpgL’AQUILA – Tanti piccoli presepi queste tende del grande accampamento di Piazza D’Armi. Capanne più moderne, dove si litiga, si borbotta, ci sono tv, cani e gatti, ma una promiscuità che riporta a secoli e secoli fa. E allora ci vuole solo il coraggio di certe coppie per sorridere di niente, è proprio vero come si comincia a dire a un certo punto, che bisogna essere giovani e forti per prenderla di petto, questa vita.Così fanno Romina Rosmini e il marito Jonny Piccinini, 32 anni entrambi, nella tenda numero 74 insieme ai figli Marco, 7 anni, Davide, 6 anni e Paolo, 4; c’è anche Ines Scipioni, la mamma di Romina e tutta la famiglia della sorella, che ha altre due bambine. All’esterno, palloni, biciclette, tricicli e panni stesi, dentro letti rifatti, cibi, libri e giochi per bambini. Lui fa la guardia giurata, lei qualche lavoretto oltre a studiare Scienze dell’educazione e della formazione all’università dell’Aquila («dovevo cominciare il tirocinio, chissà quando se ne riparla»). Sembrano una famigliola in campeggio, eppure nella casa nuova, quella che ancora non hanno finito di pagare, vivevano solo da un mese e mezzo. Il loro spirito non si ritrova in tutte le altre tende. «Dobbiamo farci forza, perché in questo momento è tutto cambiato – dice lei – gli amici, la parrocchia, le cene a casa, lo studio, ci manca tutto. Ma la cosa più importante, l’unica veramente importante è la scuola dei nostri figli. Stiamo aspettando che organizzino le lezioni qui».

Per i bambini è una vacanza, per gli adulti uno choc. «Loro stanno tutto il giorno fuori, dalle 7 di mattina alle 8 di sera, non hanno più regole – ancora la mamma, indicando i suoi figli – non hanno più regole». Ma evidentemente Romina, il bene, deve intravederlo un po’ ovunque, perché aggiunge serena: «Anche per i miei figli è un’esperienza questa, già li ha cambiati, lo vedo. Stanno a contatto con tanti bambini che non conoscevano, di diverse etnie, mentre prima avevano solo amichetti radicati nel tempo. Gliel’avrei risparmiato, certo, invece d’improvviso hanno imparato che tutte le sicurezze di prima erano utili ma non necessarie. E che non è più fondamentale conformarsi alla società, che si può uscire anche in pigiama. Ora sono saltati gli stereotipi di tutti i giorni, sono liberi, senza regole».

Lei parla e la mamma borbotta, «andavamo più d’accordo prima di adesso», dice Ines seduta sconsolata nella tenda. La sua casa, a L’Aquila, è rimasta lesionata, «qua ci vorranno come minimo dieci anni – prevede – per aggiustare tutto». E non vuol sentir parlare né di Berlusconi, né del Papa, vuole la sua abitazione, altro non vuol sapere. La figlia sorride, non sembra darle peso. «Per me – riprende Romina – tutta la popolazione aquilana deve collaborare, rimboccarsi le maniche, essere solidale». A Civita di Bagno, li aspetta una casa nuova, che «sta a posto, non ha subito danni, ma deve essere comunque visionata dai vigili del fuoco». La notte del terremoto Romina era da sola con i bambini: «C’erano state già due scosse, una alle 23 e una a mezzanotte, così avevo preparato la macchina e le valigie». Era pronta a scappare, i bambini li ha svegliati lei che non hanno sentito nulla, ma da allora quando fa buio ha paura a restare senza il marito. «Di giorno facciamo sempre un salto veloce a casa, per le lavatrici, per portare il cane a spasso, ma la notte, no, ho ancora paura, preferisco comunque stare nelle tende». Jonny la ascolta paziente, i bimbi che gli ronzano intorno, paciosi. Aggiunge: «Mi manca la vita di prima, la tranquillità soprattutto. Lo choc non passa subito».

Pure perché la terra e i letti continuano a tremare, si stanno abituando a dormirci su, nelle tende, fa meno impressione, «perché il boato, quello, è indimenticabile, ma qui non si sente più». Non è d’accordo, neppure stavolta, nonna Ines, «c’è freddo e umidità, qua dentro…», interviene secca. E poi è tutta una fila, questo sì. La mattina sveglia alle 6,30-7, uno della famiglia va a mettersi in coda per prendere latte e cacao e portarli in tenda, dopo la colazione, si passano lo straccio e la scopa, si rifanno i letti, «prima correvamo a casa a fare le lavatrici e lavarci, da tre giorni ci sono riscaldamenti e acqua calda anche qui, ci hanno dato pure dei vestiti nuovi», ancora Romina. «E poi c’è sempre qualcuno che ti guarda i figli…». Lei e Jonny, a una femminuccia, mica c’hanno rinunciato, ma finché c’è in tenda nonna Ines, la carabiniera, guai a parlarne…

«Sorrisi e libertà, così riusciamo a stare in dieci nella tenda 74»ultima modifica: 2009-04-19T11:30:00+02:00da sagittario290