Il suo mistero è avvolto in poche ore

Edizione NAZIONALE

15/02/2009 

Il suo mistero è avvolto in poche ore

GIGI DI FIORE Il suo mistero è avvolto in poche ore. Ma Antonio Landolfi non riuscirà più a raccontarle. È morto, dopo due giorni di intubazione privo di conoscenza al Reparto grandi ustionati dell’ospedale Cardarelli di Napoli. Troppo gravi le sue condizioni, come aveva subito dichiarato il primario Roberto D’Alessio, con ustioni ovunque. E il corpo martoriato di Antonio è stato subito trasferito nella cella mortuaria dell’ospedale, guardato dal fratello Giuseppe. A Napoli Antonio era arrivato, perchè all’ospedale romano Sant’Eugenio non c’era posto. Quasi un destino, tornare a morire per una casualità nella sua città natale. Ma il mistero resta, su quanto accadde nella notte tra martedì e mercoledì scorsi. Sull’uomo diventato una torcia all’improvviso, con un testimone che riferisce: «Era solo, nessuna colluttazione, nessun urlo o avvisaglie di aggressioni». In pochi attimi, sulla via Casilina, all’una e trenta del mattino di mercoledì, il dramma. E i carabinieri, guidati dal maggiore Paolo Unali della compagnia Casilina, a ricostruire con difficoltà cosa successe. Di certo, Antonio Landolfi, un passato da piccolo imprenditore edile sommerso dalle difficoltà finanziarie, poi operaio, non navigava nell’oro. Napoletano originario del quartiere Pianura, si era trasferito a Roma da almeno quindici anni. Aveva sposato una romana, viveva con lei e quattro figli a Tor Bella Monaca. Uno lo preoccupava, per le gravi condizioni di salute. Aveva qualche debito, in passato era stato nei guai con la giustizia per un paio di false denunce di rapine subite in Umbria. Tutto inventato. Restavano i suoi debiti, su cui i carabinieri cercano di ricostruire la vera storia di quella morte insolita. Martedì, Antonio era stato in autobus in banca, a prelevare soldi. Il direttore dell’agenzia ricorda un uomo che gli era apparso preoccupato. Poi, altri testimoni lo indicano in una sala bingo non lontana dalla Casilina. Qui sono state trovate delle bottigliette di Coca cola della stessa cassetta da cui provenivano quelle in cui c’era la benzina che ha alimentato il fuoco sul corpo dell’uomo. Prende piede l’ipotesi di un suicidio, o del tentativo finito male di simulare una rapina o un’aggressione. Di certo, nel portafogli c’erano solo i documenti ben visibili. Le due GUARDIE GIURATE della società «Città di Roma», tra i primi soccorritori, parlano di frasi ascoltate nel delirio: «Mi hanno aggredito in quattro». E raccontano: «Era in condizioni pietose, senza scarpe nè pantaloni. C’era già un’altra persona che tentava di soccorrerlo, noi avevamo da poco finito il turno di lavoro. Non si capiva bene cosa dicesse, era sconvolto». La moglie parla di preoccupazioni economiche, aggravate dal prelievo di denaro servito per alcune cure costose. Il mosaico resta confuso: c’è il gioco alla sala Bingo, ci sono i soldi prelevati in banca ma non ritrovati. Gli inquirenti credono ad una simulazione di aggressione o rapina finita in tragedia, per giustificare i soldi persi nel tentativo di moltiplicare il denaro preso in banca nella sala bingo. Ma non c’è ancora nulla di certo. La possibilità di un delitto, un’aggressione per rapina trova invece meno credito. La dinamica delle ustioni e la testimonianza del residente lo smentirebbero. Il mistero resta, mentre la famiglia si prepara ai funerali. Senza sapere ancora perchè e come il loro Antonio sia morto.

Il suo mistero è avvolto in poche oreultima modifica: 2009-02-16T11:16:00+01:00da sagittario290