18/1/2009
Basilicata, l’Eni appieda i «bisonti»
di MASSIMO BRANCATI
La vicenda non riguarda, come dicevamo, soltanto gli autotrasportatori. C’è tutto un indotto che ruota attorno al trasporto di greggio, a cominciare dai venti vigilantes che fanno da scorta ai «bisonti». E poi gli autisti, gli elettrauti, i gommisti, i tecnici di assistenza e manutenzione, gli addetti alle strade, impegnati a intervenire sulle arterie dove transitano i mezzi pesanti per garantire la massima transitabilità e le necessarie condizioni di sicurezza. Fermando i mezzi significa lasciare a piedi anche tutta questa gente. Complessivamente il consorzio ha un fatturato annuo di 8, 9 milioni di euro soltanto nel settore trasporto, a cui vanno aggiunti i fondi spesi per la vigilanza e per l’assistenza. Quello a cui stiamo assistendo in questi giorni sembra un film già visto: nel 2006 la compagnia petrolifera chiese di fermare Cerro Falcone e di mandare a casa gli autotrasportatori, alla scadenza del contratto. Questi ultimi portarono i loro «bisonti» davanti alla Regione. Si arrivò ad una mediazione: l’Eni avrebbe prorogato le commesse, intanto Regione e Comuni si sarebbero impegnati per accelerare l’iter autorizzativo per la realizzazione delle reti di collegamento all’oleodotto. Questa volta, però, non è una mossa per fare pressione sulle procedure burocratiche. La scelta dell’Eni, insomma, pare definitiva.