Data di pubblicazione: 18-09-2008
ROM CHIASSOSI DISTURBANO LE PARTORIENTI
La vigilanza privata non è intervenuta e al Ca’ Foncello devono intervenire i carabinieri
Treviso – La vigilanza privata non è intervenuta e al Ca’ Foncello devono arrivare i Carabinieri. Motivo? Calamre un gruppo di rom della dinastia dei Braidich che avevano affollato la maternità dell’ospedale trevigiano per festeggiare la nascita dell’ultimo nato della genìa, invadendo letteralmente la stanza dove riposavano le altre puerpere e le gestanti.
E’ accaduto ieri sera, poco dopo le 20, nella stanza 12 del reparto di Ostetricia del Ca’ Foncello. Alcune puerpere ricoverate nella stessa stanza della neo-mamma festeggiata giù avevano le doglie.
Molti i rom che bighellonavano su e giù per il reparto e che non si sono limitati a parlare sottovoce, come il buon senso vorrebbe, ma hanno prodotto grida, toni alti e fastidiosi, il tutto per una mezz’ora buona. Al termine dell’orario delle visite, un’infermiera ha chiesto alla combriccola di liberare la stanza e di lasciare in pace le pazienti. Ma i chiassosi visitatori non hanno gradito l’invito e sono volate anche minacce verso l’infermiera: «Ti aspetto fuori, dopo» le avrebbe detto un nomade.
Intanto le altre due donne ricoverate nella stessa stanza della rom erano già state costrette a uscire dalla stanza e a stare in corridoio. Nonostante le doglie. Una delle partorienti sarebbe stata addiruttura costretta delle circostanze a stare appoggiata alle pareti del corridoio, in preda ai dolori delle doglie e senza la possibilità di essere assistita. Le gestanti avevano provato a chiamare la vigilanza privata dell’ospedale, ma nessuno si è presentato in reparto. Alla fine una gestante dal lettino della sala pre-parto ha cercato aiuto all’esterno. Una sua amica ha chiamato il 112 e alla fine, in reparto, sono arrivati i carabinieri per ristabilire l’ordine.
La vicenda sicuramente avrà degli strascichi e ha già messo in serio imbarazzo la direzione del Ca’ Foncello che dovrà riflettere su come posano accedere simili fatti, fra l’altro, in uno degli ospedali considerati modello.